Il gestaccio del Bossi federale contro il Tricolore che tanti sogni spezzati è costato. Ma anche la voce della bambina made in China (seppur contraffatta) che ha spalancato le danze nel Nido d’Uccello dell’Olimpiade di Pechino. La storia tenera e passionale di Tai Aguero, pallavolista cubana naturalizzata italiana, che ai sogni d’alloro degli eroi olimpici avrebbe prediletto di gran lunga l’abbondanza di uno sguardo da porgere e strappare alla madre morente. Rimase sogno rimandato negli spalti dell’eternità. O la storia di quel nuotatore che girava per i boschi a tagliare l’erba e ora insegue gloria nella 10 km di nuoto. Si alza alle sei, non va a ballare e fino a pochi mesi fa crollava dopo gli allenamenti. Ma dice: "Rifarei tutto: la forza è nella testa e nella passione". Ma anche i gestacci stanchi e nervosi di automobilisti in coda perenne. E voluta. O i clacson fastidiosi che molestano il silenzio concentrato delle vette alpine. Che fine ha fatto la tenerezza? Da bambini ci s’interrogava sull’identità di chi avesse osato incastrare Roger Rabbit. E ci si divertiva, ci s’appassionava, ci s’esaltava. Oggi – prigionieri di un’estate avara di sole ma anche di cuore e d’amore – siamo qui a reclamarci chi ha incastrato madonna tenerezza. Chi ha rapito la dolcezza nei gesti, l’eleganza nel parlare, la dolcezza delle relazioni. L’armonia di una giovinezza investita inseguendo tracce di sogni lontani. Perché, a guardare da spettatori il mondo giocherellone, pare che la frenetica tristezza abbia spodestato una millenaria tenerezza.
Sovente l’uomo si nasconde dietro il torace gonfiato per non avvertire emozioni, per sentirsi estraneo alla familiarità di una carezza, di uno sguardo, di un fugace pensiero dell’anima. L’uomo se ne sta separato dalla tenerezza perché avverte la paura d’amare. E d’essere amato. Oggi la superficialità ci fa associare troppo spesso madonna tenerezza con donna debolezza. Nulla di più erroneo perchè essere forti non significa non mostrare debolezza alcuna. Ma giocarla e scommetterla per un’emozione che la sovrasta.
Lui, che dei bambini divenne il poeta e il cantore, lo impregnò di sudata passione nelle righe dei suoi componimenti: "Gli adulti non capiscono mai niente da soli ed è una noia che i bambini siano sempre costretti a spiegar loro le cose" (A. de Saint-Exupery). Spiegare e raccontare la tenerezza, la pazienza dell’attesa, il fascino dell’inseguimento, l’armonia del volo di un’aquila maestosa. La potenza di un urlo carpito, interpretato, aiutato. Nelle strade della storia incrocio gente che si pensa la migliore e si prende il lusso di guardare gli altri dall’alto al basso. Altri che si pensano degli incapaci e scrutano i passi altrui ammantati di vergogna e nutrendosi d’invidia. Eppure ognuno di noi ha qualcosa da donare, da dire, da fare. Basterebbe sciogliere la nostra tenerezza. Perché la vita non vale la mancanza di tenerezza. Come in principio il Paradiso non valeva l’assenza di Eva per Adamo.
Campeggia statuario nella sua immortale capacità d’evocazione l’urlo orante musicato da Fabrizio de Andrè: "Ricorda, Signore, questi servi disobbedienti alle leggi del branco, non dimenticare il loro volto". Perché la differenza tra il lupo e l’uomo abita tuttora lo spazio di una carezza.
Ricevuta o rifiutata.
O, peggio ancora, mancata.