Assolto da ogni minima colpa. Perdonato il carattere insopportabile, la ruvidezza sul volto, la severità nello sguardo, la rapacità nelle parole, la trasparenza estrema dei gesti, la sua voglia di azzerare le persone. Tutto! Giovanni Battista era riuscito a convincerne un bel po’. Un pugno di fantasia e ti sembra quasi di vederli: disposti in semicerchio di fronte al mare, il loro piccolo mare, scambiarsi simboli di conforto, d’incoraggiamento, di missione accarezzando quella sabbia che scorreva tra le mani. Sembra di sentirli, di vederli mentre abbeveravano di speranza il loro cuore gonfio d’attesa. Il Battista li aveva incantati. Secondi, minuti, ore. E poi giorni: il giorno prima, oggi, il giorno dopo. Poi ad un tratto quel dito indice che s’inarca nella verticalità e urla: “Ecco l’agnello di Dio!” (Gv 1,36). E questi, dimentichi di un passato dirompente, s’alzano e lo inseguono. Scrive Giovanni: “i discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù” (Gv 1,37). “Sentendolo parlare così”: chissà di quale gioia vibravano quelle sillabe, che trasparenza viaggiava in quelle lettere incastonate di cielo, che emozione sentirsi capovolti da un grido inzuppato d’Eterno. Pensa un po’: chi di noi se un uomo straordinario, capace di leggere dentro ci facesse vergognare di noi stessi, facendoci sentire dei vermi, correrebbe a chiamare della gente per portarla da Lui? Giovanni sviluppa l’ultimo fotogramma e scompare. Ha interrato nel loro cuore così tanta gioia, passione e raffinatezza che l’aggancio è partito puntuale.
Un aggancio da scoop di prima pagina. Vedendo che lo seguivano, quell’Uomo si voltò e disse: “Che cercate?”. Interrogativo secco e puntuale di un Messia tanto atteso. Sono le prime sillabe che Gesù di Nazareth pronuncia nel vangelo di Giovanni. Con la sua domanda, gentile e rispettosa, Gesù non chiede “chi” ma “che cosa”. Non dunque: “cercate me?”, che sarebbe ovvio. Ma: “che cosa sperate di ottenere seguendomi”. Gesù interroga non per informarsi, perché Egli conosce tutto fin dall’inizio e penetra i cuori. Egli domanda per provocare la risposta, per suscitare una sete, per far esplodere un desiderio! E alla domanda di Gesù che sollecita dei chiarimenti, i due discepoli rispondono con un’altra domanda: “Rabbì, dove abiti?” Le sole parole balbettate da due discepoli assetati di Verità e prigionieri della nostalgia. “Venite e vedrete” (Gv 1,38-39): la risposta aperta, incerta e affascinante di quell’Uomo uscito da trent’anni di quotidiano vivere a Nazareth. “Verrà un giorno – ebbe a profetizzare uno scrittore francese – in cui gli uomini saranno così stanchi degli uomini, che basterà loro parlar di Dio per vederli piangere”(L. Bloy).
Guardalo! Non disegna meridiani e paralleli, non inanella strade provinciali e numeri civici, non detta coordinate bancarie e investimenti terrieri ma l’invita a seguirlo per lasciarsi trovare e addomesticare da Lui. Gesù di Nazareth non dice che cosa vedranno né quando. Sarà rimanendo con Lui che il futuro si dischiuderà ai loro occhi: “Andarono e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui: erano circa le quattro del pomeriggio” (Gv 1,39). “Andarono”. Cioè: s’incamminarono, uscirono dai loro bastioni di sicurezze, abbandonarono il certo per l’incerto, si dimostrarono uomini coraggiosi. Pensa te, si ricordano pure l’ora: le quattro del pomeriggio. Han guardato l’orologio e han fissato l’ora. E girando il polso qualcuno avrà sentito risuonare nel taschino il fermaglio della donna amata, il coccio di una pentola usata dalla madre, un sasso raccolto nella sponda, un petalo risuonante nostalgiche melodie, la piuma di una gallo cantore d’amore. Alle quattro del pomeriggio, ognuno ci arrivò con la propria merce, ognuno con la propria storia. E tutto si memorizzò perché la loro vita venne trasformata. Troppa gioia dentro quei piccoli cuori, troppo pesante da reggere quello sguardo, troppo grande l’entusiasmo di quell’incontro. Andrea corre da suo fratello, Simone e gli urla: “Abbiamo trovato il Messia”. Reti da riannodare, uncini da rifinire, pesche da conquistare, mercati in cui applicare la legge del baratto. Anche il mondo di Simone va in tilt: “fissando lo sguardo su di lui disse: Tu sei Simone; figlio di Giovanni. Ti chiamerai Cefa”(Gv 1,42). Quasi a dire: ti conoscevo, ti aspettavo, seguimi! Chissà che occhi possedeva quell’Uomo. Eppure ce lo diranno con una Croce sul capo: Gesù di Nazareth non è per tutti. E’ vero: non ti chiede poco. Tutto sommato non ti chiede nemmeno tanto. Il problema è un altro: quell’Uomo ti chiede tutto. E noi non lo vogliamo capire: ingordi come siamo di miracoli, noi battiamo le mani ogni volta che il paralitico salta in piedi al suo comando, che la donna gobba si raddrizza sotto la curvatura delle sue mani, che il muto parla e la figlia di Giairo si sveglia sul suo letto di morte. Non capiamo che il vero miracolo del Vangelo è un altro: due uomini sani che si alzano in piedi e, senza voltarsi indietro, camminano verso di Lui.
Il miracolo che ancor oggi scandalizza il mondo.