Il brano che segue è la lettera che Oscar (il bambino di dieci anni, malato terminale di leucemia e protagonista del racconto immaginario da cui è stato tratto questo testo) scrive a Dio dopo averlo “incontrato”.

Caro Dio,
grazie di essere venuto.
Hai scelto davvero il momento giusto, perché non stavo bene. Forse anche perché eri rimasto turbato dalla mia lettera di ieri…
Quando mi sono svegliato, ho pensato che avevo novant’anni e ho girato la testa verso la finestra per guardare la neve.
E allora ho indovinato che venivi. Era mattino. Ero solo sulla terra. Era talmente presto che gli uccelli dormivano ancora, che persino l’infermiera di notte, la signora Ducru, aveva dovuto schiacciare un pisolino e tu cercavi di fabbricare l’alba. Facevi fatica, ma insistevi. Il cielo impallidiva. Tingevi l’aria di bianco, di grigio, di azzurro, respingevi la notte, risvegliavi il mondo. Non ti fermavi. È stato allora che ho capito la differenza fra te e noi: tu sei un tipo infaticabile! Uno che non si stanca. Sempre al lavoro. Ed ecco il giorno! Ed ecco la notte! Ed ecco la primavera! Ed ecco l’inverno! Ed ecco Peggy Blue! Ed ecco Oscar! Ed ecco Nonna Rosa! Che salute di ferro!
Ho capito che eri qui. Che mi rivelavi il tuo segreto: ogni giorno guarda il mondo come se fosse la prima volta.
Allora ho seguito il tuo consiglio con impegno. La prima volta. Contemplavo la luce, i colori, gli alberi, gli uccelli, gli animali. Sentivo l’aria che mi passava nelle narici e mi faceva respirare. Udivo le voci che salivano nel corridoio come nella volta di una cattedrale. Mi trovavo vivo. Fremevo di pura gioia. La felicità di esistere. Ero incantato.
Grazie, Dio, di aver fatto questo per me. Avevo l’impressione che mi prendessi per mano e che mi conducessi nel cuore del mistero a contemplarlo. Grazie.
A domani, baci,
Oscar.

(da “Oscar e la dama in rosa“, di Eric-Emmanuel Schmitt, edizioni BUR – www.bur.eu)

Buongiorno!


NOTA
Per coloro che non conoscono il libro e il suo protagonista, riportiamo qui di seguito la “presentazione” che si trova stampata sulla copertina posteriore.

Oscar ha solo dieci anni, ma la sua vita sta già per finire. La leucemia lo sta uccidendo. E lui lo sa. Lo sa ma non può parlarne con nessuno, perché i grandi per paura fanno finta di non saperlo.
Nell’ospedale in cui il bimbo passa le sue giornate, solo l’anziana signora vestita di rosa, che va sempre a trovarlo, intuisce la sua voglia di risposte. E gli suggerisce un gioco: fingere di vivere dieci anni in un giorno e scrivere a Dio per raccontargli la sua vita.
Oscar ci sta: così si immagina di vivere a vent’anni, a quaranta, a novanta. A centodieci, dieci giorni dopo l’inizio del gioco, si addormenta. Ha lasciato un biglietto sul comodino: “Solo Dio ha il diritto di svegliarmi”.

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