Parole più scioccanti di quelle che ci si attenderebbe in circostanze come quella capitata notti fa nel Veneto: “Adesso deve morire lui. Sbattetelo in galera!” Oppure, visto che la Costituzione Italiana non prevede la pena di morte, un più asciutto: “Ergastolo!” Le sue parole, invece, paiono quasi (dis)umane. Pronunciate in punta di piedi, sembrano quasi bisognose di venire tradotte da quanto incomprensibili appaiono: «Perdòno il ragazzo che ha investito e ucciso mia figlia». Lei è la mamma di Miriam Ciobanu, la ragazza ventiduenne uccisa qualche notte fa da un coetaneo dopo una serata balorda. Non un incidente che può capitare a chiunque: questo, invece, si porta addosso l’aggravante di avere usato irresponsabilmente della sua responsabilità. Ancora più rabbia dunque. Anzi no: «Nel mio cuore l’ho già perdonato. Vivere nell’odio, covando rancore giorno dopo giorno, non riporterebbe in vita la mia tata. La vendetta cosa servirebbe?»

Ascolto queste parole e, di getto, mi accorgo di quale bellezza sia munita l’anima di questa madre. Mi convinco d’averle fraintese. Le riascolto, mi avvicino al televisore, ma niente: è proprio bellissima questa donna. In questo grande dormitorio che è l’universo, nel quale l’incubo sembra essere l’unica forma di lucidità, le sue parole turbano la mia comprensione. L’unica cosa che capisco è che, in certi frangenti, professare parole folli è l’unica forma di lucidità rimasta. Che provoca un raddoppio di sbigottimento: «In questa storia, oltre alla mia famiglia, anche quella di quel ragazzo ne esce distrutta». Non solo la sua vita e quella della sua famiglia le appare davanti, ma trova pure il tempo di comporre in armonia la totalità del dramma partorito: anche un’altra madre, assieme a lei, sta piangendo. Anche un altro padre, assieme al papà di sua figlia, sta lottando contro la disperazione. Occorre la grazia della lucidità per non perdere il senso della misura in notti così cupe da annerire persino il sorgere dell’alba.

Restano cocci ovunque: c’è tutto un mondo da ricomporre, rammendare, disintossicare dalla rabbia che, stavolta, ha intaccato tantissimi senza riuscire a drogare il cuore più interessato da questa mattanza notturna. “Questo è il bene – sembra dire la mamma di Miriam -: perdonare il male. Non ne esiste un altro”. Non il perdono di chi dice: “Io posso perdonare ma non dimentico”, ch’è come dire “io non perdonerò”. Ma una cambiale pagata, strappata in due e bruciata in modo che non possa più venire usata contro qualcuno. In teoria è ovvio e cristiano, in pratica spesse volte casca l’asino: siamo tutti professori universitari finchè non arriva un’interrogazione a sorpresa. Quel giorno, a quanto pare, occorrerà esser madre per capire certe cose. Perchè «il cuore di una madre è un abisso in fondo al quale si trova sempre un perdono» (H. de Balzac).

(da Specchio de La Stampa, 6 novembre 2022)

4 risposte

  1. Un grande atto di misericordia che nasce da un cuore colmo di umanità, sfiorato e abitato dalla presenza Trinitaria. Una donna che, incarnando il “soffocante” dolore, ha permesso al proprio cuore di squarciarsi e lasciarsi invadere dalla sguardo consolatore e luminoso di una Madre: la Madonna.

  2. Concordo su tutto e resto sbigottita da TANTO AMORE. Anch’io sono una mamma ma non sono per niente sicura di essere capace di perdonare in un’eventuale tragedia!

    1. Bisogna trovarsi in situazioni così per vedere come reagirà il nostro cuore, la nostra mente.
      Nemmeno io sono sicuro di come reagirei: siamo tutti professori universitari fin oa quando non arriva un’interrogazione a sorpresa, purtroppo.
      Buona giornata!
      dm

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