Ne rimasi folgorato all’epoca della scuola elementare: d’allora, son passati più di trent’anni, la grammatica me la porto cucita addosso ovunque vada, come personale cartina-topografica per non perdermi dentro il mondo. A cosa serve la grammatica? «E’ accedere ad un’altra dimensione della bellezza della lingua – scrive M. Barbery nel bestseller L’eleganza del riccio -. Fare grammatica serve a sezionarla, guardare com’è fatta, vederla nuda, in un certo senso: “Ma guarda un po’ che roba, guarda un po’ com’è fatta bene!”» A farmi impazzire ci pensano ancora oggi gli avverbi, la parte invariabile del discorso: quella che serve per determinare, modificare, specificare il significato del verbo, dell’aggettivo. Sono le parti dantesche di una frase: avverbi di luogo, di tempo, di modo o maniera, di quantità e di modalità. Insomma, alla scuola della maestra, che per me rimarrà sempre la maestra-unica, appresi ben presto che un popolo comincia a corrompersi quando si corrompe la sua grammatica, la sua lingua.
E viceversa: inizia ad umanizzarsi quand’è geloso della sua grammatica al punto tale da fare di tutto per tutelarla. Benedetti avverbi, quelli che ancora oggi stanno al cuore del Cristo, Maestro-unico: «Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri». Il segreto è rattrappito nella stringatezza dell’avverbio: come. Amatevi-come: avverbio di modo, aumento di capitale del verbo, segnala la gradazione d’amore, è avverbio-acceleratore. Come, non quanto, la maniera non la quantità: amare quanto Dio spaventerebbe, è margine senza-paragone. Amare-come, invece, è invito all’imitazione, anche alla sequela: possibilità di un vivere diverso. E Iddio ama-strano: ama d’anticipo, ama in perdita, ama senza il calcolo degli interessi. D’anticipo: parte Lui, perchè se ciascuno spetta che inizi l’altro, nessuno s’appresterebbe ad amare. In perdita: prima ancora di sapere la mia risposta alla sua domanda – “Mi concedi il lusso d’amarti, amore mio?” – già ha messo a disposizione l’iradiddìo delle sue misericordie per me. Ha dato il via all’incontro tra l’infinita sua misericordia che s’inchina e l’infinita mia miseria che s’inginocchia. Dio interessato, infine, interessante: senza nessun altro interesse se non la mia salvezza. La felicità del mio cuore-in-panne. Sarà forse questo il movente per cui Dio, quando s’appresta ad amare «fino alla fine» (Gv 13,1), all’incognita delle parole sceglie la sicurezza dello sguardo: parlare con gli occhi è splendido per il fatto che non ci saranno mai errori grammaticali. Fu così che «fissatolo lo amò. Poi gli disse» (Mc 10,21). E’ il come di Dio: prima lo ama, poi addita a quel giovane ricco la strada maestra per acciuffare la vita piena.
Per intere annate sono stato un ragazzo nevrotico, scontento, assurdo. Tutti dicevano che mi avrebbero “amato-se”: la smettevo di fare il bullo, evitavo di far fare figuracce in pubblico, imparavo a stare al mondo. Amore a condizione, una sorta di baratto: io, nel frattempo, a sentirmi sempre più solo, in fase di divorzio addirittura da me stesso: «Un errore che commettono tutti – scrive A. Marlaux – viene finalmente riconosciuto come una regola». Frustrato, pensavo che la vita fosse tutto un balenare nella buriana delle condizioni. Poi, d’un tratto, m’imbattei in un amore diverso: “Ti-amo. Punto”. Senza se, senza ma: pronunciato così, di punto in bianco. Il copyright di un amore così folle, firmato ad occhi chiusi, non poteva essere umano: recava traccia di un di-più, era come se gridasse: “C’è dell’altro, perchè t’accontenti?” Gli amori-premio non saziano: sono i compiti per casa, il sei-meno-meno, il mimino sindacale del cuore. «Come io ho amato voi»: è incentivo a rottamare i vecchi amori, sberla in faccia a quell’animale bavoso di Lucifero. Dio è guerriero, e «come un guerriero eccita il suo ardore» (Is 42,13): ama-a-prescindere, ama ancor prima di conoscere, perchè non ci potrà essere conoscenza senza amore. Il Dio-guerriero è guerrafondaio di cuori.
Amarci per come siamo è la premessa per farci diventare come ci sogna: amori da sogno.
(da Il Sussidiario, 18 maggio 2019)
Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.
Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Giovanni 13,31-35).