L’ultima fu la più spietata di tutte, la più feroce di tutte le tentazioni passate in vita: molto più delle pietre da tramutare in pane, delle ginocchia da piegare, di un ponte dal quale buttarsi. Quelle erano gli antipasti di una vita, l’assaggio del finale. Rimasero il preludio di quella più magnifica, che vale tutto l’intero biglietto d’ingresso nel cinema di Satana, che è il dramma dell’insulso: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Tradotto alla bell’è meglio, vale una sorta di aut-aut: “Salta giù e ti crederemo. Oppure è stato tutto un bluff!”. Al Cristo Nazareno, ancora una volta, viene chiesto di dimostrare: chi è, che cosa vuol dire, quanto vale. Non sono bastati trent’anni di silenzio e tre anni di parole per mettere a tacere il mondo-di-sotto, quello che andava dicendo: “E’ tutta fuffa gente, occhi aperti. State andando dietro ad un fallito. Sarete destinati a fallire”.
Dopo averlo appeso – solo come un cane strangolato – lo provocano a mò di ultras avversari, lo sfiancano nell’ultimo suo respiro, tentano anche stavolta di strappargli quel miracolo che han sempre confuso con un gioco di prestigio. Gli promettono, però, che stavolta sarà l’ultima: “Se salti giù, stop: hai vinto tu!” La sua risposta, anche stavolta, sarà identica alla prima: «Tu non scendesti dalla croce (…) perchè, anche questa volta, non volesti rendere schiavo l’uomo con un miracolo, – scrive F. Dostoevskij nel suo I fratelli Karamazov – perchè avevi sete di una fede nata dalla libertà e non dal miracolo». Fino all’ultimo, insomma, rimase fedele al suo primo Vangelo: non ci potrà mai essere vera gioia senza libertà. Eppoi, lo dimostrò a più riprese, tutti sono capaci di governare con la paura: governare lasciando-andare è stato a lungo il suo grande potere. Una fede libera cercò il Cristo per liberare l’uomo dalla tirannia della prestazione: nessuna richiesta previa, nessuna dimostrazione di valore, la grazia è gratis per tutti. Per tutti quelli che l’accetteranno, è chiaro: questo, lungo i secoli a venire, sarà e farà la grande differenza. «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!»: l’affondo finale, come non se bastassero quelli dal basso, Gli giunge da sinistra, trasversale: glielo scaglia un farabutto, condannato pure lui alla gogna della Croce. “Fatti valere adesso che c’è bisogno!” Ne approfitta: non si sa mai.
Agli insulti del suo compagno di brigata non oppose resistenza: reagì a labbra chiuse, forse scrutandolo d’amore acceso. Il perchè Cristo tace è materia di poesia: «Avevi sete di un amore libero – continua lo scrittore russo -, non dei servili entusiasmi dello schiavo davanti al padrone potente che lo ha terrorizzato una volta per sempre». Dio aveva sete della sete di quell’altro brigante: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Poco prima l’aveva chiamato per nome, con il nome del suo buon cuore: «Egli non ha fatto nulla di male». A Iddio bisbiglia di traverso il suo Credo: “Ti credo, tu sei Re davvero: stasera, se puoi, quando sarai lassù, fai una preghierina per me. Promettimi che non morirò solo come un ladro”. La sua professione vale il doppio della richiesta: la richiesta è il frutto della sua professione. Il Cristo-assetato si disseta alla sorgente di quelle parole: «In verità ti dico: oggi sarai con me nel Paradiso». Non ha chiesto nulla a Dio, Dio risponde dandogli il tutto a disposizione: l’eternità. All’uomo bastardo ch’era sulla bocca di tutti, il Cielo apre le braccia: «Io credo che neppure i nostri errori e i nostri sbagli sono inutili – scrisse padre Turoldo – e che a Dio non è più difficile venirne a capo, di quanto non lo sia con le nostre buone azioni».
Nel tracollo, il ladrone consegna a Dio il tema: “Autobiografia di un fallito”. Sbagliò strade, frequentò brutte compagnie, sfottè la libertà: scordò la bellezza per cui era nato. In quella baraonda di offese, urla e sputi fu l’unico a ricordarsi dove abitava il volto del vero Dio. Lo intravide, Gli offrì la compagnia delle sue confidenze. Poi, mentre la folla urlava “Salta giù, presto!” Cristo, guardandolo, lo invitò: “Salta in braccio, vieni via con me!”. Ancora oggi, in tanti, rosicchiano.
(da Il Sussidiario, 23 novembre 2019)
In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto».
Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».
E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso» (Luca 23,35-43).