225620197-5634b1c1-e0da-4276-b64b-a207790c9a10Lo sport, la maratona. La regina dello sport, nella quale dominano, incontrastati, fatica, sudore, perseveranza, adrenalina, orgoglio. È vero: non si tratta di quella, prestigiosissima e ambita, di New York, di fronte alla quale ogni altra impallidisce. Si tratta di Boston. Ma è pur sempre una maratona, con tutto il suo corollario di gioia, luci, colori e allegria. Una festa: di colori, d’amicizia, di primavera, di sguardi, di vita!
Ma tutto ciò, come per il maleficio della peggiore strega delle favole, si muta orrendamente in tragedia, di cui calcolare morti, feriti, contusi. Con una sola domanda che riecheggia nell’aria, imperiosa, impietosa e irresoluta (almeno per ora!): Perché?
Si annota una nuova bomba esplosa, mentre le indagini parlano di cinque ordigni inesplosi. “Tutto fa pensare ad un attentato” dicono. Di chi? Ancora presto per dirlo, probabilmente. Giusto lasciare agli inquirenti il tempo per indagare e stabilire causa, movente, colpevole. Forse abbiamo ancora l’illusione che il sapere di chi sia la colpa possa alleviare il dolore, o cambiare le cose. Ma nessuna condanna potrà ridare un figlio alla propria madre, far tornare in vita un morto, far passare la paura ai reduci. Il tempo aggiusta alcune cose, aiuta a capire; le cicatrici difficilmente si rimarginano. Resta sempre un piccolo solco, una piccola montagna che scorre sotto le dita, pulsa più nell’animo che nel corpo e ci fa riaffiorare i ricordi, belli e brutti al contempo, di quei momenti.
Intanto, nuovamente il Male scuote il mondo e lo interroga, lasciandolo attonito, con la sua scia di sangue e dolore da consolare.

Un folle isolato? Uno psicopatico? Un attacco terroristico che segue una puntigliosa strategia del terrore?
Cambia qualcosa conoscere la risposta a queste domande? Francamente, non ne sono per nulla sicura. Anzi!
È quanto meno curioso e singolare che tutto ciò avvenga proprio nel pieno dibattito (attualmente in corso negli Stati Uniti) per restringere la possibilità di accesso alle armi. Qua si parla di bombe, di esplosivo, qualcuno magari riterrà quindi che le due cose non sono affatto collegate, anzi, non c’entrano proprio nulla.
In realtà, sono maggiormente connesse tra loro di quanto non si possa credere, a primo impatto. E il primo impatto è probabilmente emotivo, di petto. Di orrore e paura. Di condanna immediata, forse; a prescindere.
La morte è morte e una morte violenta è qualcosa che nega l’essenza stessa dell’uomo. E questo, indipendentemente da quale sia l’arma scelta, sempre. O potremmo forse affermare che vi siano omicidi peggiori di altri, in base alla scelta dell’arma?
Potremmo, pur essendo alquanto macabro e fors’anche fuori luogo, fare una classifica dell’efferatezza. Pur tuttavia, non ci sarà mai consentito di ignorare la più grande delle verità: un uomo è morto, per mano di un altro uomo. Un uomo ha osato alzare la mano e spegnere la scintilla vitale di un altro. Questo
Nel caso specifico, si tratta di una tentata strage, con l’evidente intento di colpire nel mucchio, senza un obiettivo preciso: qualunque sia il motivo di tale gesto, ciò aggiunge codardia e pavidità ancora maggiori al quadro generale che si profila. Colpire senza guardare in volto, tra la folla con l’obiettivo di generare paura e terrore è qualcosa di veramente vile da attribuire a un essere umano, qualunque sia la motivazione che lo ha spinto a farlo. Nessuna giustificazione può reggere.
Atti come questi ci fanno assaporare a quali estremi arrivi l’amaro calice del Male, quello a cui occhieggiamo civettuoli, con cui cerchiamo un accordo, un compromesso, nel tentativo di convincerci che “fan tutti così”. Poi accadono fatti come questo, di difficile comprensione e decodificazione, che ci gettano nello sconforto e ci fanno comprendere che non è possibile scendere a patti: ogni cosa ha il proprio nome e nutriamo solamente la nostra illusione nello sminuire la malvagità che nel mondo prosperità e si sviluppa grazie all’indifferenza e all’egoismo. Sì, perché, come un gigantesco network, le nostre azioni e i nostri pensieri sono strenuamente legati gli uni agli altri e non è possibile pensare di essere felici da soli, né di essere buoni da soli. Perché spesso la prova più dura è quella delle pazienze quotidiane, così aspramente messe alla prova dallo stress e dal logorio della vita moderna.
Si parla della proibizione delle armi, si parla di introduzione di norme severe. E ci si illude che il legalismo possa rappresentare la soluzione a tutti i problemi del mondo. Quando è evidente che così non è né potrà mai essere. Perché non è possibile vietare ogni occasione e causa di offesa, non è possibile ogni arma che potrebbe essere utilizzata per delinquere: non basta vietare pistole o armi da fuoco, quando sono sempre più numerosi gli omicidi compiuti con martelli, forbici, chiavi inglesi… e tutti questi strumenti sono altresì utili per chi lavora! Ma c’è un motivo più profondo: l’essere umano ha una ricchezza traboccante, che non può essere ridotta alla svalutazione fino alla considerazione di mero esecutore di norme e regole confezionate ad hoc dall’alto. C’è la ricchezza più grande di tutte, che Cristo stesso ci ricorda: è la libertà, di fronte alla quale persino Dio stesso, creatore dell’uomo, non osa andare oltre.
C’è qualcosa che sfugge ai più ed è invece di imprescindibile importanza per la piena comprensione dell’uomo.
La vera libertà risiede in quella ormai dimenticata educazione del cuore, di cui oggi, per via della sua dimenticanza, sentiamo ancora più lancinante l’urlo della nostalgia che preme la carne e l’animo.
Manca una percezione dei valori e delle priorità, ripetiamo fino all’inverosimile che ciascuno debba farsi rispettare, sottintendendo però tale rispetto come frutto di violenza, soprusi o angherie – se necessario –. Sogniamo un mondo più umano, dove regni la tenerezza e l’amabilità, ma alimentiamo un mondo sempre più animale, improntato sulla legge della jungla, che premi la supremazia del più forte su chi è più debole e fragile.
I bambini fanno ciò che vedono fare. I bambini imparano dai grandi. Se sapremo comunicare in modo equilibrato la serenità e la capacità di amare ciò su cui si posa il nostro sguardo, ci sarà ancora speranza che gli adulti di domani saranno gemme pronte a sbocciare nella primavera della vita.
Non tutto è nelle nostre mani, ma molto dipende da cosa sapremo far ereditare ai nostri figli: se cioè, trasmetteremo solo un progresso meccanico, oppure sapremo accompagnarlo con un’equivalente progresso morale ed etico.
Perché l’amore per la Vita, in tutte le sue forme, comprese quelle avvolte dal mistero, può essere accolto solo nella percezione del suo inestimabile ed intrinseco valore, non barattabile con alcun altro su questa terra.


Alcuni articoli al riguardo:
Corriere della Sera (1)
Corriere della Sera (2)
Unione Sarda
La Stampa
Il Giornale d’Italia

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