Innanzitutto complimenti, Assessore: certa che lei conosce il peso e il sapore di 22.131 firme messe sulle sue spalle. A lei e ai suoi colleghi di Giunta spetta ora il compito di governare ed educare questa splendida terra che è il Veneto e che tiene storie, tradizioni e cultura da difendere e promuovere. A lei, però, toccherà il delicato compito di vegliare e accompagnare il popolo giovane del Veneto: con le sue deleghe prenderà il bambino che s’affaccia alla scuola e lo accompagnerà fino al giorno in cui salperà nel mondo del lavoro. Un compito delicatissimo perchè le verrà chiesta la sensibilità di mostrare attenzione e fermezza in un momento storico tutt’altro che semplice. Molte volte, nell’ultimo mandato, l’abbiamo vista battagliare ed esporsi sul tema dell’esempio e dell’educazione. Del cuore: ma anche del pensiero, dell’immaginazione, dell’anima. Parole che a volte sembrano “fuori moda” in certi ambienti più dediti al compromesso e al carrierismo che all’arte delicata del servizio.
Oggi la scuola – e ciò che della scuola ne è l’applicazione concreta – sta in un momento di stallo: forse perchè circostanze sfavorevoli tolgono all’educatore l’arte della passione. Ma nulla giustifica che in alcune delle nostre scuole s’insegni l’inconveniente d’essere nati: come si può ammaestrare se l’immagine dell’esistenza che l’educatore custodisce dentro è quella del fallimento, dell’odio e dell’apatia? Forse dovremmo ritornare al maestro più che all’insegnante: c’è bisogno di ridare slancio, memoria, dinamismo e immaginazione dove si convocano i giovani per trasmettere loro il sapere. L’urgenza oggi è di ridare un orientamento e un significato all’esistenza perchè per chi ha uno scopo nulla sarà impossibile da tentare. Ma per chi non ce l’ha, anche alzarsi al mattino sarà cosa ardua da immaginare. In campagna elettorale spesso abbiamo sentito che la musicalità del nostro dialetto vogliono renderla istituzionale. Ma non servono le legislazioni per far splendere i ricordi: basta la passione e l’affetto per una cultura che regala natali, tramonti e nevicate al sorgere di ogni anno. Ai nostri giovani, invece, l’italiano serve: per tradurre parole, sospiri e battiti altrimenti incomprensibili per gli altri fratelli della penisola.
Mentori e detrattori le riconoscono il suo essere presente sempre e ovunque: se per un attimo mettiamo da parte il rischio di coltivare l’immagine personale, l’esserci rappresenta la prima responsabilità per un politico come per un uomo di chiesa: a maggior ragione la responsabilità di stare dove si inventano le grandi manovre dell’esistenza. Questo è il biglietto da visita bello di uno che ha a cuore il suo mandato: elevare gli uomini invece di spingerli verso il basso. Ma per fare questo occorre battagliare, proporre, duellare, proporre: tornarsene a casa la sera con gli occhi gonfi e le spalle curve. Ma pronti a ripartire perchè c’è un giovane da difendere e promuovere. Il grande antropologo Andrè Leroi-Gourhan sostiene che l’uomo diventa uomo quando acquisisce una posizione eretta e si alza in piedi: così da tenere le mani e il viso liberi di disegnare parole e gesti. Le parole e i gesti dei nostri ragazzi: bellissimi e dannatamente fragili. Li chiami da lei, li convochi, istituisca una Consulta Giovane in Regione dove assieme a loro ricreare quell’affetto e quella stima che fanno di una scuola un laboratorio d’artigiano dove apprendere un mestiere.
Nelle deleghe ha perso la caccia e la protezione civile: le è rimasto tutto il mondo giovane. Forse Qualcuno ha pensato che meritano tutta l’attenzione e la cura possibile. Perchè tornino ad essere protagonisti nella loro terra.
Le auguro tanta fortuna, Assessore. Certo che – come scrisse Mounier – la più grande virtù politica rimane quella di non perdere il senso dell’insieme.