Avevano voglia di tante cose, quel mattino, ma non di discorsi melensi e frasi di circostanza: “Andrà meglio la prossima!” Chi soffre, quando soffre, non ha voglia né d’imbastire discorsi nè tantomeno di sentirseli fare. Nella fiacca dei movimenti, nella diffidenza sui volti, nella pesantezza di tutta quella gente assiepata a riva era già scritto lo scotto da pagare per il loro fallimento: per un pescatore, non pescare è la disfatta più grande. Loro – con il pedigree di “quattro buoni a nulla” – forse se l’erano anche raccontata: le frottole assurde – il mare nervoso, l’inquinamento dell’acqua – certi giorni aiutano a seppellire anche le sconfitte più funeste. Poi, facendo rotta verso il porto, non riuscivano però a capacitarsi di quella barca così vuota: di pesci, di affari, di futuro. “Non è mica morto nessuno, Pietro. E smettila con questa faccia da lutto, altrimenti cadiamo tutti in depressione” avrà suggerito uno dei tre al pescatore di Galilea, amministratore unico di un’attività ittica che, fino ad allora, generava fatturato da fare invidia a Gennèsaret e dintorni. Niente da fare: fosse stato per lui, restava solo da spegnere del tutto le stelle, ammainare il sole, abbassare la serranda sul cielo. Era nato col crisma della pesca addosso: figlio di pescatore, nipote di pescatori, tribù di pescatori. Una figuraccia così, con tutta quella gente sulla riva, era il peggiore di tutti gli incubi che avesse mai fatto. Per la cronaca: sulla riva un Uomo sembra soffrire di leggero strabismo: uno occhio lo tiene fisso sulla folla – «che gli faceva ressa attorno per ascoltare la Parola di Dio» -, con l’altro non perde di un millimetro l’andamento di quella due barchette avvilite che hanno appena ormeggiato: «Vide due barche ormeggiate alla sponda». I pescatori sono scesi: è l’alba di una notte che, facesse finzione di curriculum, finirebbe dritto dentro il cestino della spazzatura.

Fine pesca ora.

La folla, assiepata sulla riva, aveva già sintetizzato il succo del discorso fatto da quell’Uomo predicatore: “Ricordatevi, se potete, che a volte devono finire le cose che voi pensate buone perchè possano iniziare quelle migliori. Che non v’aspettereste”. Una teoria bellissima, col forte rischio che qualcuno però intonasse: «Parole, parole, parole» (Mina). Giocò d’anticipo l’Uomo di Galilea, aggiungendo alla teoria una sorta di stage in diretta: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca» è il suo diktat. I pescatori, sull’orlo di una crisi di nervi, furono anche dei galantuomini quel giorno: «Maestro, abbiamo pescato tutta la notte e non abbiamo preso nulla». Sinceri: oltre il danno, anche la beffa? Poi, tace il Vangelo, qualcosa accadde: «Ma sulla tua parola getterò le reti». Perso per perso, tanto valeva rischiare: a quelle anime straziate, l’inaspettata amabilità di quella attenzione sortì l’effetto di un balsamo. In un battibaleno, in uno dei giorni peggiori della loro azienda, quando meno se l’aspettavano, col morale sotto i tacchi «presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano». Pare assurdo quel che riuscì a fare la parola dell’ultimo arrivato: d’altronde ci vuole un certo stile nel praticare l’arte dell’esagerazione. Il gesto – più la fiducia data loro del pesce pescato – nel breve tempo di un giro di reti aveva già sovvertito il corso funebre di quelle loro vite.

Il tempo di scendere a riva che già guardarono quell’Uomo come se avesse salvato loro la vita più che la pesca. Lui, da parte sua, poche parole bisbigliate: “Era l’unica cosa che potevo fare: essere qui, assieme a voi, adesso”. Lo disse così, quasi in apnea. Con un’aggiunta da finisseur: “Un consiglio, se l’accettate: basta prevedere sempre la fine, altrimenti non si comincerà mai niente, ragazzi!” Uno, senza essere Dio, lo riscriverà a modo suo secoli dopo, nel Novecento: «L’unica gioia al mondo è cominciare. È bello vivere perchè vivere è ricominciare, sempre, ad ogni istante. Quando manca questo – prigione, malattia, abitudine, stupidità – si vorrebbe morire» (C. Pavese). La scintilla accese il fuoco: «Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono». Da quel mattino è cambiato per sempre l’incipit delle storie d’amore: non inizieranno più con il cavaliere in sella al suo cavallo bianco che fa salire la principessa, ma con uno che si perde e un altro che lo andrà a recuperare.

(da Il Sussidiario, 8 febbraio 2025)

In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono (Vangelo di Luca 5,1-11).

5 risposte

  1. “Era l’unica cosa che potevo fare: essere qui, assieme a voi, adesso. ..
    Questa è la più grande impresa nei NOSTRI fallimenti, Credere e sapere che per LUI essere qui con noi è l unica cosa che può fare.

  2. Sei un bravo pescatore don Marco, le tue parole i tuoi gesti lasciano il segno. Grazie il Signore ti benedica e ti protegga dal maligno.🙏

  3. Soltanto Lui non ci lascerà mai perdere quando ci perdiamo.
    Con Lui solo esisterà sempre una vera storia di Amore.
    Grazie don Marco

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