Giovedì sera mi sono addormentato con un dubbio. Dopo che Gesù ha ripreso le sue vesti, rimesso sul tavolo l’asciugatoio, posato il catino e la brocca qualcuno si è alzato per andare a lavare i piedi al Maestro?
Probabilmente no. Almeno stando al racconto degli evangelisti. Immagino, però, che dopo la sua morte, ripensando a quella sera, i discepoli non abbiano fatto altro che rimproverarsi l’un l’altro l’incapacità di ricambiare la tenerezza del Signore. Ma possibile che a nessuno di loro sia passato per la testa di strappargli dalle mani quegli arnesi di servizio e ripetere sui suoi piedi quello che aveva fatto con loro? Dev’essere stato proprio forte quel disappunto per quell’occasione di gentilezza perduta che, quando Gesù apparve alle donne il mattino della risurrezione, esse non seppero fare di meglio che lanciarsi su quei piedi per abbracciarli. Parola di Matteo: “Esse, avvicinatesi, gli cinsero i piedi e lo adorarono” (Mt 28,1-9). Gli cinsero i piedi. Non gli baciarono le mani o il collo. No. Gli cinsero i piedi! Quasi per risarcire il Maestro, sia pure a scoppio ritardato, di una cortesia che la notte del rinnegamento gli era stata negata. Finalmente, verrebbe da dire.
Gli cinsero i piedi per “impreziosire” quei passi di una gentilezza da ricambiare!
Se oggi mi fosse concesso di lasciare la sacralità di questa trasognata liturgia, prenderei tra le braccia il mio catino, legherei ai miei fianchi l’asciugatoio e mi aggirerei per le strade della città a bussare a tutte le porte, a suonare a tutti i campanelli, a parlare a tutti i citofoni, a dare una voce sotto ogni finestra impreziosita di luce… per dire semplicemente: Buona Pasqua, gente! Coraggio! Ai tempi di Adamo, “Egli scendeva ogni meriggio nel giardino a parlare con lui” (Gen 3,8). Oggi non si è ancora stancato di nessuno e, nonostante tutto, continua ancora a scommettere su di noi. Anche se la Palestina è ancora terra di nessuno, anche se la terra irachena grida vendetta per i crimini perpetrati, anche se la vita di un bambino viene “azzerata” da una badilata, anche se due pensionati “gettati” al potere prendono in giro il popolo italiano, anche se tanta gente ha celebrato la sua Pasqua tra panettoni, champagne e luci psichedeliche, anche se il sorriso dei furbi squalifica i sogni degli onesti, anche se i cartomanti e i veggenti hanno più quotazioni di un Dio morto in croce. Sì, nonostante tutto, Dio continua a scommettere sulla nostra umanità.
Coraggio giovani: il mondo andrà a finire bene, non vi preoccupate. Da quando Gesù di Nazareth è risorto non possiamo più avere paura. Tocca a noi passare per le strade del mondo e proclamare insieme: “Coraggio, gente, non ti deprimere. Se ti opprime il buio della notte che non termina mai, non perderti d’animo, perché non è detta l’ultima parola. Alzati e cammina. Con noi” (Tonino Bello). E se qualche volta mi prendi come esempio e scopri in me “bassezza” sorpassami, stupiscimi, “sgomma” davanti a me: m’insegnerai che nessuno è mai arrivato nella vita. Soprattutto a ventisei anni. Ma se ti vedrò non mi sentirò solo in questa competizione senza “match di ritorno” che si chiama giovinezza.
Coraggio mamme, coraggio papà. Di fronte allo stupore di un sepolcro vuoto, testimoniateci con la vostra vita la gioia di una risurrezione pagata a caro prezzo! Cristiani: perché uscite dalle liturgie domenicali e, nel nome di Gesù Risorto, entrate nei meandri della storia. Raccontatemi di gente coraggiosa che porta la veste liturgica nel cantiere di lavoro ed entra in chiesa con la tuta di lavoro. Nell’aria ci sono rintocchi di felicità che annunciano che non è finita per il nostro vecchio mondo: il profumo di quel sepolcro inonderà tra poco il tempio, e dal tempio le strade, e dalle strade le case, e dalle case i campi, il mare, il cielo.
Coraggio nonni: non vi spaesate. Il mondo cambia, il mondo cambierà, il mondo sta cambiando. Le ragioni del vostro pianto non hanno più ragione di esistere. La risurrezione ha dissecato le sorgenti delle lacrime. Quelle che vedete sono come gli ultimi scoli delle tubature dopo che hanno chiuso l’acquedotto. Guardate in faccia i vostri figli, i vostri nipoti e, se tremerete dalla “confusione”, ricordatevi: “Perché cercate tra i morti Colui che è vivo? Non è qui, è risorto!”.
Pensa che bello se di fronte a questo sepolcro ubriacato di novità ci trovassimo tutti con il catino sotto il braccio, con la brocca riempita di lacrime in mano, con l’asciugatoio cinto ai fianchi… pronti a ricambiare a quell’Uomo quella gentilezza che non siamo stati capaci di “inventarci” il giovedì santo.
Immagina Pietro. Quante ne ha combinate: la sua “pagella” faceva acqua da tutte le parti, ma adesso abbraccia quei piedi. Immagina Levi, l’esattore: mani ladre trasformate in carezze di madre su quei piedi trasfigurati. Immagina Giovanni, il “giovane” della ciurma. Bartolomeo. Taddeo. Tommaso. Filippo. Immagina Giuda: con le labbra avrà partorito “follie”, ma le sue mani son lì, all’opera.
Che splendore: una lavanda dei piedi a rovescio.
Con Maria di Nazareth, splendida donna del Sabato Santo, seduta attorno a noi a distribuire i turni di lavaggio. E nel frattempo ti racconta di come, sul crepuscolo di quel giorno, si è preparata con il Figlio Risorto, quale tunica ha indossato sulle spalle, quali sandali ha messo ai piedi per correre più veloce sull’erba, come s’è annodata sul capo i lunghi capelli di nazarena, quali parole andava ripassando in segreto per dirgliele tutte d’un fiato non appena l’avrebbe incrociato.
E, magari, scorgendo in te l’agitazione, per ingannare il tempo farebbe anche le prove dei canti.
Perché lei sa che in certi momenti della vita le ore non passano mai.
Buona Pasqua, amici!
Per questo vecchio mondo non è ancora finita!