Il cenacolo, da rifugio contro la paura, diventa la base di una squadra di gente pazza che comincia a disturbare la quiete del mondo. D’altronde il Maestro li aveva scelti proprio per questo. E, guarda caso, tutta gente strana. L’aveva dimostrato più volte: non aveva bisogno di gente composta, disciplinata, con il collo inclinato verso destra, le manine giunte e la schiena diritta. Non sapeva che farsene di scolari disciplinati, ammaestrati, diligenti, mansueti. Di bambini che fanno tutti i compiti per casa alla perfezione. La normalità non l’ha mai incantato più di tanto. Lui voleva gente infuocata: non importava la professione – pescatore o notaio, ladro o brigante, estroverso, introverso o instabile – aveva bisogno di gente capace di infiammarsi per un ideale, di ardere a causa della passione. Esatto, aveva bisogno di amici: “non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (liturgia della VI^ domenica di Pasqua). Pretendeva degli innamorati: di Lui, del suo sogno di rovesciare il mondo, della sua smisurata voglia d’amare. Voleva gente disposta a perdere la testa, a rischiare il cuore, la faccia. Forse la vita.

uno_sguardo_pensieroso

Gerusalemme è la base di partenza, il mondo diventa il loro campo di battaglia, i confini della terra il limite da raggiungere. Partono infuocati, disposti a pagare il prezzo della solitudine,del disprezzo, dell’abbandono e della derisione. In un’epoca in cui si predicava la normalità a tutti i costi – dopo tre anni di scombussolamento generale – pure loro erano normali. Ma la normalità del Vangelo: una logica che sfiora la follia: “nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici”. Ad accettare la sfida non puoi mai dire “sono a posto”, “tutto sommato mi ritengo soddisfatto”, “più di così sono soddisfatto”. Il Maestro non aveva mai stabilito un minimo, un massimo, una misura. Se non la sua: “che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi”.
L’Uomo di Nazareth avrà immaginato gli sguardi finché diceva questo: qualcuno si sarà grattato pensieroso la barba, qualche altro avrà stretto la mano dell’amico vicino, qualcuno avrà spiato l’espressione di Maria. Qualche altro avrà chiesto spiegazioni, o forse asciugato una lacrima. O semplicemente ascoltato, magari con un nodo alla gola. Ma Lui assicura che appena vedrà il Padre, gli presenterà la lista delle cose più urgenti da mandare ai suoi figli. Non pane, olio e verdura fresca. Datteri, olive e pane azzimo. No: quello lo troveranno dai mercanti lungo le strade. Lui, rimanendo in mezzo a loro, s’è accorto che l’uomo non può vivere senza qualcuno vicino. Che l’incoraggi, lo faccia sentire prezioso, l’accompagni. Lo addomestichi. Anche Lui se ne era scelto. Non uno. Dodici! Scelti “perché stessero con lui” (Mc 3,14). Prima vive assieme, poi li manda nel mondo. Non terranno né borsa, né bisaccia, né sandali. Ma un amico sì! Senza cose: ma non senza amici. A due a due busseranno alle porte del mondo. Quante rassicurazioni perché non abbiamo a demoralizzarci! Sembra quasi che nemmeno Lui riesca a fare a meno di noi. Sembra che voglia trovare un modo per tornare Lassù pur rimanendo assieme a loro. Di partire restando. Di abbracciare il Padre con una mano e con l’altra stringere il loro petto. Dietro quel bicchiere di rosso pregiato che tanto piace al nonno, sta nascosta una splendida storia d’amore che ho trovato nella mia antologia di scuola: quella tra il sole e l’uva. All’inizio della stagione si frequentavano da estranei. Lui lassù, maestoso, luccicante, caloroso, quasi superbo. Lei non era ancora uva a quel tempo: era un semplice fiore, un minuscolo granello verdeggiante, un puntino sotto la patina della foglia. Col trascorrere delle stagioni si son guardati, cercati, parlati. Lui ha iniziato a scaldarla, lei ha iniziato ad arrossire; lui la cercava tra i tralci, lei faceva capolino per rubare luce al filare nella collina; lui s’interessò di lei, lei s’interessò di lui.

Il sole l’ha maturata: senza toccarla minimamente. Solo guardandola, cercandola, illuminandola. Chissà se l’uomo un giorno apprenderà pure lui lo “stile del sole”: se un giovane imparerà a far maturare la bellezza di una fanciulla senza graffiarne la verginità, se l’uomo imparerà a convivere con il fratello, se la donna si lascerà ancora stregare da uno sguardo, un suono, un profumo o cercherà la forza di un maschio pronto ad usarne la femminilità. Perché ci sono cose che per maturare chiedono di non essere toccate da mani d’uomo. Sono cose fragili, delicate, preziose: la bellezza, l’ingenuità, lo stupore, l’incoscienza, il sorriso, la semplicità, la freschezza del corpo, l’armonia del linguaggio, l’ondulazione del cuore, l’alfabeto dell’anima. Essenze primordiali difficili da far maturare perché chiedono d’essere accese senza essere violentate dalle mani. Grappoli d’uva che maturano con l’aiuto di un sole che non li tocca ma l’illumina e li riscalda rimanendo lontano. Eppure vicinissimo al punto da farli abbronzare come corpi sulla spiaggia del mare.
Lo stile del sole: che dell’uva è innamorato al punto da non sfiorarla nemmeno per paura di rattristarne la bellezza e di violarne la fioritura.
(M. Pozza, Penultima lucertola a destra, Marietti Scuola 2011)

“Sono troppo stanco. Depresso. Confuso. Nessuno mi capisce. Nessuno mi vuole bene. Tutti ce l’hanno con me! Figurati se me ne va bene una. Lui sì che è intelligente. Lei sì che è bella. Non ne sono capace. Non ci provo nemmeno. Non ci riuscirò mai. Tanto non serve a niente! Ma poi: cosa dirà la gente? E’ tutta colpa vostra! Ah, se avessi. Se fossi. Se diventassi. Sarebbe terribile. Se mi capita, mi sparo”. Mi son chiesto: se i primi cristiani avessero ragionato così, dove sarebbero arrivati a predicare il Vangelo? Forse sarebbero finiti pure loro nel casting di Amici 2012.

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