Il concetto non cosmico di padre, rigorosamente personalistico, che solo conferisce alla paternità di Dio la serietà di una pretesa reale e alla fratellanza dei suoi figli vita e significato, si manifesta soltanto nelle parole della Bibbia ed è perciò accessibile soltanto agli occhi della fede. […]
Tale concretezza di Dio, il suo essere-persona in rapporto agli uomini sono progressivamente spiritualizzati anche nel linguaggio della Scrittura, però questa spiritualizzazione non conduce […] a una crescente rarefazione, bensì, al contrario, la concretezza, la realtà viva della sua paternità aumentano ancora di più. Questo Dio non diventa mai un Dio dei filosofi, ma rimane il Dio vivo di Abramo, di Isacco e di Giacobbe: egli diventa il Dio di Gesù Cristo e, quindi, il Dio che ha assunto la nostra carne e il nostro sangue, tutta la nostra natura umana. In Cristo Gesù, Dio non ha soltanto rivolto la parola agli uomini, ma si è anche reso in maniera definitiva e radicale interpellabile da parte loro.
In lui, infatti, Dio è diventato uomo e come uomo è definitivamente uscito dal suo essere totalmente altro ed è entrato nell’intreccio dialogico di tutti gli uomini. […]
In fondo, non esiste […] più la questione di come l’uomo mutevole possa interpellare il Dio totalmente altro e immutabile.
In Cristo, Dio ha assunto un frammento del tempo di questo mondo e della creatura mutevole, l’ha attratto a sé e ha così aperto in maniera definitiva la porta tra sé e la creatura.
In Cristo, Dio è diventato […] “partner dell’uomo”.
(Joseph Ratzinger, la Fraternità cristiana)
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