Zanzibar, Capo Verde, Sharm El-Sheik, Cortina d’Ampezzo. Fotogrammi di luoghi esotici, eco di montagne innevate e di cime tempestose, profumo di spiagge assolate e lontane. Nostalgia di meritato e cercato relax. T’arresti lungo la strada, ai bordi del Terminal, sul bagnasciuga prossimo al mare e t’impressiona la gente fuggente e impaurita dal tempo che scorre, volti immersi negli ultimi preparativi, scorci di un’umanità all’affannata ricerca di un frangente di serenità. La Società Autostrade non l’attesta nei suoi notiziari, ma tantissime altre famiglie sono in viaggio, in questi giorni. Non certo alla caccia di “last-minute”, di promozioni invernali o di abbronzature fuori tempo ma indaffarate a cercare risposta a qualcuno dei tanti “perché” che li affliggono: quello della cassa integrazione, della malattia, della noia. Del marito senza lavoro, della moglie senza marito, dei bambini senza famiglia. Della malinconia, dei rapporti spezzati, dei tradimenti inaspettati.Eppure il mondo, schiacciato tra i panettoni del Natale e i carboni dell’Epifania, sembra quello raccontato dal Geremia profeta. Lui è quasi disperato di fronte alla miseria in cui è piombato il corpo del suo popolo. Attorno ad esso si affollano solamente falsi medici che affermano superficialmente: “Tutto bene, anzi molto bene. Eppure bene non va” (6,14.8,11). Ma nessun medico riuscirà a spiegare il perché di una noia che sembra invadere sempre più l’anima dell’uomo. Fino a fargli inaridire la sua passione creativa, la sua fantasia creatrice, la sua capacità di creare sogni. Eppure dietro quella noia vestita di festa, d’incensi e di buoni propositi sta ingabbiato un disperato urlo d’aiuto. Una nostalgia folle di affetto. Una mai sazia fame di Bellezza. Perchè l’uomo è lo stesso da millenni: dal giardino della Creazione al Paradiso dell’Eternità. L’uomo è fragilissimo, tenero, incredibilmente ingenuo. Ti mostra una faccia, ma quello che nasconde è tutta un’altra musica. Si mostra spaccone, persecutore, inavvicinabile. Scontroso, maldestro, irritabile. Altezzoso, esuberante, torturatore. Poi – scrutato senza che se n’accorga – t’accorgi che in realtà ha fame di un abbraccio. Di un pezzo di pane. Di un amico. Di una casa da abitare. Di una parola. Di un gesto. Di un silenzio. Di un padre. L’uomo ha fame di profumo. Quello del cielo, dell’acqua, dell’erba, del legno. Di casa, della polenta, di un cuore. L’uomo ha paura: ma non te lo vuol dire. Non lo dirà mai perché si vergognerebbe, s’arrosserebbe, piangerebbe. Si mostrerebbe uomo. Cioè sarebbero bellissimi da contemplare quei lineamenti da bambino che nasconde dietro la sua fretta di vivere.Fragilissimo è l’uomo. Ma, acceso, ricalca la potenza del suo Creatore. La storia è piena di gesta gloriose: Alessandro Magno a 18 anni vinse la battaglia di Cheronea; Pascal a 16 anni scriveva già opere letterarie e a 18 inventò la prima macchina calcolatrice della storia; Mozart componeva a 12 anni; Domenico Savio divenne santo a 15 anni; Guglielmo Marconi aveva 21 anni quando compì il primo esperimento di trasmissione senza fili; Raffaello morì a 37 anni, Chopin a 36, il Rabbì di Nazareth a 33. La Bellezza esalta.All’uomo distratto, il Natale dei bambini ricorda una certezza: la vita non è questione di anni. E nemmeno di velocità.
E’ sempre questione di stupore.