morteEra già capitato con Magdi Cristiano Allam, quando coloro che a casa nostra difendevano a spada tratta il mondo islamico e le sue pretese non spesero una parola per proteggere dalle minacce di morte un fratello convertitosi al cristianesimo: quasi che la morte annunciata non fosse un destino pesante per qualsiasi uomo sulla faccia della terra. Succede in questi giorni nei confronti del premier Berlusconi: chi difende a spada tratta il pacisfismo e la non violenza non è capace di trattenere la soddisfazione di vedere un volto tumefatto e sanguinante. Potrà essere pure l’uomo più inadatto a governare un paese composito e complesso come l’Italia – cercasi disperatamente alternativa, però – ma nulla rende ragione alla violenza che acceca le menti e partorisce ideologie pericolose nella storia dell’uomo. Fino a volere la morte di un uomo che, complesso da sconfiggere elettoralmente, si desidera scompaia in tutt’altro modo. Ma questo desiderio non trattiene nè i cardini della carità cristiana né tantomeno i principi eleganti della politica tutta d’un pezzo: l’avversario va sconfitto sul campo di battaglia fino allo stremo delle forze. Come succede nelle grandi competizioni sportive. Il clima pesante di questi giorni molto deve ad un’informazione che fa del mondo virtuale il metro di misura del sentire collettivo: gli slogan tipo “cercasi disperatamente proiettile”, i gruppi che inneggiano all’eroe Tartaglia, la locandina del film “Shooting Silvio”, i tifosi a rovescio della figura di Silvio Berlusconi non possono essere ritenuti garanti del pensiero comune della gente: sono semplicemente ciarpame combustibile che serve a coloro che invece di smorzare il tono della lotta fratricida, decidono di costruire la loro vittoria fomentando un odio ancor più fastidioso da controllare. Stupisce che chi fece dello slogan “Mani Pulite” una battaglia entrata nella storia dell’italica repubblica non avverta pure l’esigenza di tenere le “Menti Pulite” da qualsiasi forma di rancore, di astio e di pericoloso aizzamento. Anche perchè la politica sta vivendo la stessa situazione dello sport: per convalidare un podio olimpico o di una grande competizione bisogna almeno aspettare anni. Perchè, svelate le carte nascoste, i risultati vengono riscritti a posteriori. E anche la politica sta facendo questo: volti anni fa paladini della pulizia stanno pagando dazio a posteriori e continueranno a farlo perchè a questo sta conducendo questa guerra spietata che ha come uniche e indifese vittime gli ultimi della nazione. Quelli che solo una politica elegante e attenta potrebbe riconoscere dal grido strozzato che esce dalle loro anime stanche e ferite. Ma riconoscere non significa solamente scendere nelle piazze e urlare con loro organizzando la lotta del torero, bensì calarsi nell’oscurità delle anime e organizzare assieme la speranza nei cuori. Da una parte i buoni e i puri, dall’altra i malvagi e gli infedeli. Come un tempo stavano i guelfi da una parte e i ghibellini dall’altra: con le danze in piazza come fiore all’occhiello della voglia di trasformazione. Alla cultura dell’odio l’Eterno risponderà tra qualche giorno con la cultura dell’Amore. Anche ai tempi di Erode si pensava che la “chiamata alle armi” fosse l’unico modo per proteggere il quieto vivere dell’uomo. Poi un Bambino, sfuggito ad un censimento ostile, propose la fratellanza come stile politico ed ecclesiale. Nacque come tutti i bambini, crebbe e sognò al pari loro, prese posizione e sfidò la storia. Lo crocifissero: ma quella croce ancor oggi è scandalo per chi non crede e stoltezza per chi annuncia l’odio come elisir per la vittoria.

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