fessoLa Menzogna alla fine viene smascherata da se stessa, in ogni campo essa si trovi ad abitare, crescere e fruttificare: dagli uffici di un tribunale, alle sacrestie di una chiesa, alle scorribande della politica e dell’economia. Testamenti raggirati, bilanci fasulli, escamotage costituzionali studiati ad arte: d’altronde per chi crede veramente, Lucifero è tutt’altra realtà da un semplice nome di passaggio che popola le favole dei bambini e detta le angosce di un cristianesimo bigotto. Lui è la Menzogna fatta carne supportata da un’intelligenza sopraffine e convalidata da una storia di nefandezze, soprusi e inganni micidiali. Sempre perpetrati con la collaborazione fedele e stimata dell’uomo che alla fatica della libertà sin dai tempi della liberazione dall’Egitto preferisce la sicurezza della schiavitù e l’aroma delle cipolle.
Solo nell’illusione collettiva il volto del faraone è scomparso: in tutti gli altri aspetti della società il suo potere è ancora intatto e immutato. Ogni tanto dà segni di cedimento, mostra le crepe di una Menzogna di difficile giustificazione, offre in anteprima la certezza che alla fine la Menzogna vacillerà: eppure il suo potere d’attrazione è sempre alla ribalta e la semplicità che va offrendo conquista gli animi stanchi delle persone sfiduciate. Il successo senza fatica, la ricchezza senza sudore, la carriera senza la gavetta, il titolo senza i meriti, la stima senza l’onorabilità sono doni costruiti su misura per un popolo che beve il caffè decaffeinato, che cerca il tonno che si taglia con un grissino, che pensa all’amore come a qualcosa di morbidoso: che pensa alla vita come qualcosa senza spina dorsale e, quindi, incapace di stare dritta in piedi. Ogni giorno la carta stampata smaschera trucchi giganteschi, rilancia notizie bomba, abbina volti e storie a promesse mai mantenute o a tradimenti perpetrati: è l’attestata notizia che il Maligno è sempre all’opera, sin dal primo mattino. Facendosi forza della sua celebre capacità di nascondersi, di mimetizzarsi, di insidiare il calcagno come il serpente dentro il folto di un bosco.
Non stupisce, dunque, che un garzone di bottega sappia manovrare ingenti quantità, come non stupiscono tante altre manovre colossali e impensate: stupisce che ancora una volta l’uomo – che volentieri cede le armi in cambio di un’ora di sonno in più – non s’accorga che fingendo di non vedere il Male gli si fa il regalo più bello offrendogli l’aiuto di cui necessita maggiormente: la non considerazione. Come il tarlo che, zitto zitto, riesce a divorare un tavolo di legno massiccio: eppure ai più è invisibile, apparentemente innocuo, umanamente insignificante. Ma a posteriori fa la fortuna di chi poi deve vendere tavoli nuovi. Non sarà poi un caso la disaffezione del popolo giovane verso i grandi ideali se la storia innalza i furbi, insabbia i truffatori e lascia scampoli di possibilità a chi tenta di camminare onestamente.
E’ il popolo dei “fessi”: quello deriso, ignorato, bistrattato perchè sembra non capire come va la società, la politica, la chiesa. Sembra non capire: ma è proprio perchè capisce che sceglie di rimanere “fesso a vita”, anche a costi di mendicare un tozzo di pane all’angolo del quartiere. Anche il Guareschi scrittore – papà di Camillo e Peppone – era contento di poter dire: “sono un fesso”. D’altronde in mezzo a gente tanto furba è bello essere dei fessi: uno dei modi più eleganti per andare controcorrente. Furbi gli italiani, fin troppo. Così furbi che possiamo aver disgusto di essere italiani: ma non di essere uomini. E questa è la saggezza del “fesso”.
In attesa della Verità che sola salverà il mondo dalla Menzogna.

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