Ai due opposti, «il dono che si fa strada tra le selve del consumismo», come cita Gianna Schelotto, e il «dono affettivo che prende forma più nella testa che non davanti alle vetrine. Il dono pensato per entrare in sintonia con chi lo riceverà».
«C’è una profonda differenza – fa notare la psicologa – tra “avere un dono da fare” e “fare un dono”. E l’obbligo fa perdere valore al regalo».
Ma c’è più gratificazione a fare o ricevere un regalo?
«Dal mio punto di vista – spiega Schelotto – a farli, perché c’è il divertimento di intuire che cosa potrebbe fare piacere a una persona. Un tempo il dono aveva altri significati, riempiva dei vuoti. Oggi non è più così».
Ci sono persone che scelgono un dono solo perchè è costoso, per voler stupire chi lo riceve.
«Dipende da quello che si pensa di una persona, è un po’ come comprarla. Può essere un modo per attenuare dei sensi di colpa per risarcire il destinatario del dono».

(da Il Secolo XIX)

In questo tempo d’Avvento, tanto spesso scandito dalla corsa al regalo, mi sembrava bello condividere questa riflessione.
Nella speranza di poter essere, vicendevolmente, doni gli uni per gli altri…

Buongiorno!

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