esame

Abbiamo tutti presente l’istante, dopo un compito in classe, nel quale tutti si mettono a discutere sulle risposte date e noi, magari, ci rendiamo conto di non averne azzeccata una. E’ un episodio accaduto, un’ansia (pre)sofferta, una forma di insonnia ai tempi della scuola. Non solo: “Non ti preoccupare: il vero esame è la vita!” diciamo a chi, in questi giorni, sta per affrontare l’esame di maturità. Che, a conti fatti, è solo un piccolissimo (seppure esigente) anticipo di qualsiasi altro esame che la vita ci chieda: intellettuale, anche fisico, morale. Spirituale. È la vita stessa – come diceva Sergio Leone – ad essere una perpetua attesa tra un esame e l’altro. Tantissimi, poi, sognerebbero di poter preparare tre esami nello stesso momento, con la stessa facilità con cui si gestiscono Facebook, Twitter e Instagram. La vita, però, potrà anche non concedere di portare un argomento a piacere: le piace cogliere di sorpresa, agguantare, presentarsi all’ultimo.
Per il cristiano, poi, il vero esame di maturità si chiama Giudizio Finale: gli tremano le ossa al solo pensiero, il sangue si raggela nelle vene, pare tutto così affannoso da ritenere migliore una vita senza pensarci. Siamo proprio strani noi cristiani! Cristoddìo, volendo salvarci tutti, ha già anticipato anzitempo le sei domande dell’esame. In modo tale che chi vorrà salvarsi, visto che Lui la libertà umana la dovrà rispettare sino all’ultimo, possa iniziare a farlo il prima possibile: «Ho avuto fame, ho avuto sete, ero straniero, nudo, malato, in carcere (e voi vi siete dati da fare per me)» (cfr Mt 25). Sei domande su sei azioni così quotidiane d’apparirci quasi insignificanti: un pezzo di pane, un bicchiere d’acqua, una porta aperta, una stoffa di vestito, una visita all’ospedale, in carcere. Questa traccia ci è stata allegata al dono della fede, cosicchè nessuno possa un giorno dire: “Dio ha voluto fregarmi, all’esame!” La vita, poi, è il campo dall’allenamento a queste azioni: farle o non farle decreterà la mèta finale (ed eterna) della nostra storia.
Il cristianesimo, alla fine, è tutto qui: un bicchiere d’acqua dato o rifiutato, una porta aperta o sbattuta, un corpo rivestito o denudato, una storia carezzata o sbeffeggiata. Tutto il resto, il resto dell’ortodossia, viene dopo, è conseguenza di tutto ciò: un Catechismo della Chiesa Cattolica imparato a memoria e citato ad oltranza, insomma, varrà se allegato a questi sei verbi così familiari da apparire elementari. In caso contrario, chissà se Dio passerebbe un esame di teologia di quelli nostri. Nel frattempo, per vederci salvati, le prova proprio tutte: s’ingegna persino ad anticiparci le tracce di ciò che chiederà. Più misericordia di così!

(da «Specchio» de La Stampa, 19 giugno 2022)


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