Siccome il Vangelo della Domenica delle Palme era stato lungo, per chi lo aveva letto ma anche per chi l’aveva ascoltato, il parroco pensò di graziare la platea evitando loro l’omelia. Fece solo un’incursione tra i bambini per chiedere: “Allora, bambini: che cosa fa Gesù durante la Settimana Santa?” Il Vangelo appena proclamato aveva un titolo fantastico: “Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo (l’evangelista di turno)”. Uno di loro, con fanciullezza, gli diede una risposta importante: “Gesù sta andando in pensione”. Lo disse con l’ingenuità di chi, magari per un gioco d’assonanza, ha confuso passione con pensione. E il finale, ovviamente, muta d’aspetto: “Pensione di nostro Signore Gesù Cristo”.
Sarebbe stato magnifico curiosare nella mente di quel bambino per capire cosa producesse in lui la parola “pensione”: qualcosa di così irraggiungibile da sognare da piccolo, una sorta di paradiso fiscale degli sforzi, il premio Oscar per chi lavora una vita intera. Facesse davvero questo, durante la Settimana Santa Gesù, le chiese non meriterebbero uno spettatore in più di quei pochi che le frequentano: il cristianesimo non sarebbe altro che la festa “per uno che va in pensione”. Al quale, magari, siccome il tempo non è più una cosa urgente, gli si regala il classico orologio, autorizzandolo ufficialmente ad arrugginirsi senza i sensi di colpa. Un Gesù versione pensionato, di certo, non turberebbe gli animi come un Gesù che, invece, rivivendo il mistero della Santa Settimana, rievoca la doppia faccia della passione. “Passione” è termine ustionante: dice fuoco, ghiribizzo, fantasia. È ciò che fa di un lavoratore qualunque uno da ammirare: “Guarda com’è appassionato! Quanta passione ci sta mettendo quella bimba?” La passione, vista così, è un augurio da farsi. Prima che da fare.
“Passione”, però, è anche termine di fatica: dice tormento, maltrattamento e sofferenza. E’ di chi sta soffrendo come un cane, di chi è in panne: “Come vuoi che vada? È una passione infinita” si sente dire come commento a qualche fatica personale. O collettiva: “Quella dell’Ucraina assomiglia ad una passione infinita”. Nessuna pensione per Cristo! Soltanto una duplice passione: gli sputi e i chiodi del Venerdì Santo più la luce e l’ebbrezza del mattino di Pasqua. Per il calendario laico sono tre giorni, per la liturgia è una sola grande giornata: le “settantadue ore” che ai medici servono per capire il futuro di un paziente. È un promemoria: la passione, intesa come bellezza, non è mai senza la passione, intesa come affanno. Inseguire la pensione o la passione: è questione di gusti.
(da «Specchio» de La Stampa, 10 aprile 2022)
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