Sembra ieri, invece sono già passati nove anni (oggi) da quel “Buonasera!” che ha scardinato la Chiesa. Un pontificato, quello di Papa Francesco, che in questi anni ha tessuto assieme la bellezza di una narrazione collettiva con la brutalità di un casting: la vita della Chiesa dentro una masnada di intrallazzi e di sotterfugi. E’ un uomo di pace ch’è perpetuamente in guerra: a far la guerra alla guerra. Quella gigantesca, che scruta dal Cupolone: il mondo intero è in guerra. E quella domestica, che tanto piccola non è, della quale s’accorge dalla finestra di casa sua: da quel minuto monolocale in zona Santa Marta nel quale giace una riserva di profezia difficilissima da arginare. Ovviamente c’è chi ci prova: e altrettanto ovviamente si ustiona. Siccome, per indole, ha la furbizia dei gatti, varrebbe la pena ricalibrare il proverbio: “Mai dire Papa finchè non ce l’hai nel sacco”.
Ogni mattina che si alza, li trova già tutti al varco: “Dimmi un po’ te, giullare del Papa: cos’ha portato a casa in questi nove anni di regno?” La domanda è un j’accuse con la risposta già in allegato: “Niente: vero?” Il plotone ha la memoria corta, la storia ha la memoria lunga e la verità ama i tempi lunghi per dipanarsi come una matassa. E’ la fretta di concludere della Chiesa che non aiuta la Chiesa ad assaporare il divino di questo pontificato, in apparenza così ingenuo da illudersi di fotterlo: la Scrittura insegna che, con Dio, chi ha fretta di chiudere parte sempre in svantaggio. I presunti suoi, ad ogni starnuto stagionale, gli confezionano il coccodrillo funebre: quanta voglia hanno che muoia! Lui, generale d’armata, rispedisce al mittente i crisantemi: “Mai fare i conti senza l’oste, bellimiei!” Qualche sbavatura è indubbia: ma da questo a farne delle stazioni di metropolitana ne passa.
Guaiti, nitriti, ruggiti, muggiti, grugniti: la Chiesa è un gregge variopinto con molte voci. Perchè autorizzare soltanto il gregoriano come lingua ufficiale? Lui, per dar voce a tutte le voci, esce allo scoperto in prima persona. Ma quando lui esce allo scoperto – in anonimo, all’improvviso, per telefono o di persona – è la Chiesa coi suoi capitani a sentirsi messa a nudo. Il generale ha semplicemente appeso al Cupolone lo striscione: “Fine dei travestimenti. Viva i lineamenti”. Di ognuno: soprattutto di quelli brutti e cattivi che, oltretutto, “non sono dei nostri”.
Il mare è mosso, agitato, imbroglione: eppure lui si salva, mentre altri sono già affogati da tempo. Sarà per il fatto che, se non conosci il mare, non sarà la divisa a salvarti. Soprattutto in giornate in cui il diavolo ti accarezza i capelli. E la tua chiesa è bizzosa, se non inferocita.

(da «Specchio» de La Stampa, 13 marzo 2022)


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