Quand’è in stato di grazia, vederlo all’opera è un eccitamento della vista: prende per i capelli la testa del gruppo e se porta a spasso nel circuito di gara per intere tornate. Poi, quando il suo fiuto felino e rapace glielo suggerisce, apre il gas e la competizione diventa il valzer preferito di un pubblico festante: sgasa, saluta gli avversari, pennella le curve, martella il ritmo e trionfa davanti all’ovazione gigantesca di chi, in lui, ha intravisto la stoffa del “dottore” della velocità. Una competenza specifica in materia di accelerazioni che ha portato lo Zingarelli, lo storico dizionario della lingua italiana, a chiedere a Valentino Rossi il suo contributo, sotto forma di una piccola narrazione o di qualche sprazzo d’intuizione, per una delle 100 «definizioni d’autore» inserite nella scheda della voce: quella, per l’appunto, che spiega che cos’è la velocità (*)
Ciò che appare agli occhi di chi prende in mano lo Zingarelli, magari pure fans accanito del “Dottore” numero 46, è qualcosa che va oltre una scarna chiarificazione semantica. E’ quasi una delucidazione di come stare al mondo: velocità «comporta movimento. Del riflesso, del pensiero, dell’attenzione, del gesto. Velocità come eliminazione dei tempi morti, del tempo perduto, della noia». Andare veloci, dunque, non è solo correre a 300 km/h, tagliare per primi un traguardo, abbassare di un millesimo di secondo il tempo di una prova, ma un qualcosa che oltrepassa l’orologio, che tira in gioco il sapore stesso del vivere. Somiglia tanto al lavoro dello scultore, il cui vero talento non è tanto quello di aggiungere qualcosa alla materia, bensì quello di togliere qualcosa alla materia: è un lavoro per sottrazione. Si sottrae quella parte del legno che è in più per liberare quella forma che un lampo d’immaginazione ti ha permesso di vedere, nascosta lì dentro. Anche la velocità è una sorta di sottrazione: si detraggono i tempi morti, il tempo perduto, la noia. Ci si alleggerisce dell’inutile per giungere il prima possibile a catturare il necessario del vivere.
Alzare la velocità è un lavoro di merletti e di tessitura, più da pittore che da imbianchino: «comporta movimento. Del riflesso, del pensiero, dell’attenzione, del gesto». La velocità non è una sfida alla mercè di tutti, visto che «costringe a una cura adatta, a una capacità specifica, altrimenti comporta un errore, un caduta, un rimpianto». E’ nella cura del dettaglio che la vita nasconde la culla dove far nascere un campione: sbagliare velocità è correre il rischio d’infrangersi, non saperla gestire è correre il rischio di arrivare ultimi. Stanti a tutto ciò, il più veloce, direbbe Leonardo da Vinci, è colui che ha se stesso in suo potere. Chi è tutto suo: testa, fisico e cuore, una sorta di scelta «di stare al mondo, essendo il mondo in piena accelerazione». Trovare la velocità perfetta per vivere la propria competizione da protagonisti. Laddove l’aggettivo “perfetta” non significa chissà quale numero moltiplicato all’infinito ma, più semplicemente, esserci: quando il semaforo si spegne, quando la storia chiama all’appello, quando un’opportunità attraversa la strada davanti casa.
Velocità è il ritratto di Valentino Rossi e di Usain Bolt. Lo è anche della tartaruga verde, quella che nuota per duemila km ma un errore di soli 5 gradi nella rotta la porterebbe a 80 km di distanza dall’obiettivo prefissato. La tartaruga non è lenta: quella che per noi è lentezza, per lei è velocità perfetta per stare al mondo senza soccombere. E’ la telemetrista di se stessa quando mette a punto la sua velocità di guida, «quella che permette di apprezzare la lentezza, quando andare veloci non serve affatto». Anche per questo, a giorni, tornerà a suonare la campanella della scuola: perchè scoprire oggi la propria velocità è non correre il rischio domani di accettare sogni dagli sconosciuti.
(*) Eccola la sua definizione per lo Zingarelli – «Velocità. Comporta movimento. Del riflesso, del pensiero, dell’attenzione, del gesto. Genera vantaggi, libidini, un pizzico di rischio, un piacere esclusivo. Il piacere di guadagnare qualcosa per raggiungere qualcosa. Un traguardo, un compimento. Velocità come eliminazione dei tempi morti, del tempo perduto, della noia, talvolta. Velocità come sistema di vivere, di vincere, di stare al mondo, essendo il mondo in piena accelerazione. E’ una aspirazione e, spesso, una scelta, oppure una attitudine che amplifica sensazioni, reazioni, gusto. La velocità costringe a una cura adatta, a una capacità specifica, altrimenti comporta un errore, una caduta, un rimpianto. Ci vuole testa e fisico, per la velocità. Quella padronanza che permette di apprezzare la lentezza, quando essere veloci non serve affatto».