«Niente da festeggiare». Quando, talvolta, la mancanza d’entusiasmo, per una ricorrenza, specie quella della propria nascita, denota una punta di mancanza d’autostima.
Forse – ci convinciamo persino – è genuina umiltà. La consapevolezza che la nostra persona non sia così rilevante da dover pensare di rendere il giorno del proprio genetliaco da tutti gli altri. In fondo – pensiamo – siamo quasi 8 miliardi sulla Terra: perché illudersi di poter contare più di qualunque altro uomo – o donna – che calchi le proprie impronte su questo pianeta?
È meraviglioso quanto siamo bravi a mentire a noi stessi. Ci coccoliamo nell’autocommiserazione, convincendoci sia umiltà, ma, in fondo, stiamo disprezzando il sacrificio di Cristo. E appigliarci al confronto con gli altri è solo ulteriormente controproducente: non è nel raffronto con qualcun altro che possiamo comprendere davvero il nostro valore di individui, incommensurabili agli occhi di Dio, tanto che è disposto a dire, di ciascuno di noi, quello che dice d’Israele:
«Non temere, perché io ti ho riscattato,
ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni.
Se dovrai attraversare le acque, sarò con te,
i fiumi non ti sommergeranno;
se dovrai passare in mezzo al fuoco, non ti scotterai,
la fiamma non ti potrà bruciare;
poiché io sono il Signore tuo Dio,
il Santo di Israele, il tuo salvatore.
Io do l’Egitto come prezzo per il tuo riscatto,
l’Etiopia e Seba al tuo posto.
Perché tu sei prezioso ai miei occhi,
perché sei degno di stima e io ti amo,
do uomini al tuo posto
e nazioni in cambio della tua vita.
Non temere, perché io sono con te;
dall’oriente farò venire la tua stirpe,
dall’occidente io ti radunerò.
Dirò al settentrione: Restituisci,
e al mezzogiorno: Non trattenere;
fa’ tornare i miei figli da lontano
e le mie figlie dall’estremità della terra,
quelli che portano il mio nome
e che per la mia gloria ho creato
e formato e anche compiuto» (Is 43, 1-7)
Pensi di non essere importante? Ti sbagli! Per te, Cristo ha versato tutto il sangue. Ne sarebbe bastata anche solo una goccia, ma Cristo, per te, non si è risparmiato. Cristo ha dato tutto di sé, pur di portarne a sé il maggior numero.
Di più. Cristo non si è pentito di averlo fatto. Ti ha amato di amore eterno ed inesauribile, imperturbabile di fronte a tutte le tue mancanze, a tutti i tuoi difetti, a tutte le tue insicurezze, a tutti i tuoi tradimenti. Come davanti alle lacrime di Pietro, il suo cuore si scioglie ed è già pronto al perdono, lo stesso è per ciascuno. Incapace di tradire se stesso, rimane fedele al proprio amore, oltre ogni ragionevole aspettativa, al di là di ogni attesa. Laddove noi porremmo un confine ragionevole ed adeguato, Lui lo sposta un po’ più in là. Perché il suo perdono possa sovrabbondare dove ha abbondato il peccato, la tristezza, la disperazione.
Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose,
e la notte era a metà del suo rapido corso,
la tua parola onnipotente dal cielo, dal tuo trono regale,
guerriero implacabile, si lanciò in mezzo a quella terra di sterminio,
portando, come spada affilata, il tuo decreto irrevocabile
e, fermatasi, riempì tutto di morte;
toccava il cielo e aveva i piedi sulla terra.
Tutto il creato fu modellato di nuovo
Nella propria natura come prima,
obbedendo ai tuoi comandi,
perché i tuoi figli fossero preservati sani e salvi.
Si vide la nube coprire d’ombra l’accampamento,
terra asciutta emergere dove prima c’era acqua:
il Mar Rosso divenne una strada senza ostacoli
e flutti violenti una pianura piena d’erba;
coloro che la tua mano proteggeva
passarono con tutto il popolo,
contemplando meravigliosi prodigi.
Furono condotti al pascolo come cavalli
E saltellarono come agnelli esultanti,
celebrando te, Signore, che li avevi liberati.
(Sap 18,14-16;19,6-9)
La vita non è immune da fatica, dolore, sofferenza. Ma Dio è Dio dei vivi, non dei morti: Dio è l’Eterno Presente, di fronte al quale la morte perde, progressivamente, il proprio significato. Rimane ineluttabile, continua ad intimorirci e spaventarci, richiede di essere oggetto della nostra riflessione, affinché diventi monito a vivere appieno il dono del tempo che ci è donato di vivere.
Festeggiarsi, nelle ricorrenze che caratterizzano la nostra persona, è festeggiare la creazione e Dio Creatore. Spesso, infatti, partiamo da un fraintendimento di fondo. Se pensiamo a Dio come creatore, l’immagine che ne viene è una sorta di grande architetto con una sfumatura più teista che cristiana, una sorta di intelligenza motrice, il cui compito fu, all’origine, dare l’avvio al mondo, per poi starlo a guardare. Non è così, però. Se Dio è Padre Provvidente e Creatore “di ogni cosa visibile e invisibile” non si accontenta di far partire il progetto, per poi starlo a guardare, come un bambino dopo aver montato la pista del trenino elettrico. No! Si rende attivamente presente in ogni istante, per le proprie creature, perché è a Lui che va ascritto tutto ciò che è Vita per loro. Non solo crea, ma ri-crea in continuazione, prendendo parte alla continua generazione del mondo, in ogni epoca ed in ogni luogo. È questo, in fondo, il mistero della Vita che, pur adombrato, per un momento, dalla morte, si rinnova in continuazione nella rigenerazione della natura in noi ad ogni primavera, aprendoci al mistero di quella vita eterna, promessa da Cristo e appena intuibile durante la nostra permanenza terrena.
Forse, è tutta questione di prospettiva, di scegliere se guardare il mondo – e noi stessi – coi nostri occhi. Oppure, con quelli di Dio.
Niente da festeggiare, dunque. Oppure… tutto da festeggiare?
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