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Un’altra occhiata allo specchio, l’ennesima, per controllare come mi stava quel capo di vestiario appena scelto. Profilo destro, profilo sinistro, in quel minuscolo camerino il mio riflesso si era mostrato impietoso nel mostrarmi tutti quei punti critici che da sempre desideravo spedire lontano, per un viaggio di sola andata. Il risultato tuttavia mi sembrava comunque accettabile, così mentalmente diedi il benvenuto a quello che sarebbe diventato di lì a poco il mio nuovo acquisto. Fu in quel momento che la vidi. Comparve a tradimento, senza nemmeno darmi il tempo di rendermene conto. Ebbi subito la brillante idea di voler osservare più da vicino e ci misi sicuramente troppa foga: il mio naso non fu affatto felice di spiaccicarsi contro il proprio riflesso. Uscii dal negozio con una nuvoletta di pensieri che si aggrovigliavano peggio d’un filo alla mercè di un gatto e lungo il tragitto fino a casa approfittai di qualsiasi superficie riflettente, ma lei era sempre lì e mi restituiva uno sguardo incredulo.
Per anni, tanti, sono sempre andata orgogliosa della mia poca somiglianza con mamma, sotto quasi tutti gli aspetti. Lei, energica quanto una pila Duracell alla massima carica ed io, calma quanto un bradipo assonnato, non avremmo potuto avere per esempio due caratteri più contrapposti. Eppure eccola là, fare capolino all’improvviso da uno specchio: la forma della bocca, il sorriso e le sue due rughette ai lati… ma perché non l’avevo mai notata fino ad un attimo prima?
A mandarmi in tilt, tuttavia, non fu la scoperta in sé, quanto piuttosto una nuova consapevolezza: quella di non essere affatto dispiaciuta, anzi.
Ogni volta che ci mettiamo di fronte ad uno specchio stiamo guardando qualcuno di unico nel suo genere. Unico per forme, occhi, voce, unico per emozioni, sogni e capacità… Unico e irripetibile e per questo prezioso, checché ne dica la nostra autostima. Eppure questa singolarità è frutto di tante altre che l’hanno preceduta: come un dipinto, composto da innumerevoli pennellate diverse l’una dall’altra e che solo insieme danno forma ad un capolavoro.
Quel che siamo, quel che saremo, non è un “io” isolato come uno scoglio in mare aperto, spuntato dal nulla.
Portiamo con noi il risultato d’innumerevoli somme tra un “io” ed un “tu”, ma abbiamo su di noi anche le cicatrici dolorose di una sottrazione improvvisa o di una divisione mai voluta. E cos’è la moltiplicazione, se non altri percorsi che s’incrociano al nostro, regalandoci momenti di crescita, attimi di introspezione e autocritica, risate e lacrime?
Ecco chi sono i Santi, che ricordiamo ogni 1 Novembre.
Non sono “gli altri”. Quelli che “ce l’hanno fatta” mentre noi, sull’altra riva, guardiamo con stupore al loro percorso che quasi quasi ci fa sembrare più facile un viaggio intergalattico. Sono invece le pennellate che formano quel capolavoro che sei tu che leggi. Sono tutti quelli che hanno contribuito a plasmare il mondo in cui ora vivi, respiri e ti muovi. Sono tutti coloro che nei secoli trascorsi hanno incrociato gli uni i passi degli altri, come ramificazioni di un albero di cui anche tu fai parte.

Vicentina, classe 1979, piedi ben piantati per terra e testa sempre tra le nuvole. È una razionale sognatrice, una inguaribile ottimista ed una spietata realista. Filosofa per passione, biblista per spirito d’avventura, insegnante per vocazione e professione. Giunta alla fine del liceo classico gli studi universitari le si pongono davanti con un bel dilemma: scegliere filosofia o teologia? La valutazione è ardua, s’incammina lungo la via degli studi filosofici ma la passione per la teologia e la Sacra Scrittura continua ad ardere nel petto e non vuole sopirsi per niente al mondo. Così, fatto trenta, facciamo trentuno! e per il Magistero in Scienze Religiose sfida le nebbie padane delle lezioni serali: nulla pesa, quel sentiero le sembra il paese dei balocchi e la realizzazione di un sogno nel cassetto. Il traguardo, tuttavia, è ancora ben lontano dall’essere raggiunto, perché nel frattempo la città eterna ha levato il suo richiamo, simile a quello delle sirene di omerica memoria. Che fare, seguire l’esempio di Ulisse e navigare in sicurezza o mollare gli ormeggi e veleggiare verso un futuro incerto? L’invito del Maestro a prendere il largo è troppo forte e troppo bello per essere inascoltato, così fa fagotto e parte allo sbaraglio, una scommessa che poteva sembrare già persa in partenza. Nei primi mesi di permanenza nella capitale il Pontificio Istituto Biblico sembra occhieggiarla burbero, severo nei suoi ritmi di studio pazzo e disperatissimo. Ci sono stati scogli improvvisi, tempeste ciclopiche, tentazioni di cambiare rotta per ritornare alla sicurezza del suolo natio. Ma la bilancia della vita le ha riservato sull’altro piatto, quello più pesante, una strada costruita passo dopo passo ed un lavoro come insegnante di religione nella diocesi di Roma. L’approdo, più che un porto sicuro, le piace interpretarlo come un nuovo trampolino di lancio, perché ama pensare che è sempre tempo per imparare cose nuove.

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