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Erano i primi giorni di ottobre. L’aria ancora tiepida invitava ad uscire di casa e farsi una passeggiata. La stagione calda sembrava riluttante a cedere il testimone, lo si capiva dagli umani tranquillamente in maniche corte. Nel frattempo il vento d’autunno era in forte ritardo, gli alberi sfoggiavano ancora le loro folte chiome, ma non più verde brillante, bensì tinte di sfumature arancio, rosso e marrone e non vedevano l’ora che quel buontempone arrivasse per aprire la danza multicolore che li avrebbe spogliati in vista dell’inverno. Vabbè, in parole povere: ad inizio ottobre qui nella capitale sembrava ancora estate e a me non dispiaceva più di tanto.
Immaginate quindi il mio stupore quando, varcata la soglia del supermercato, mi sono trovata immersa in un’atmosfera che più natalizia di così non si poteva. Pupazzi di neve in cartoncino ammiccavano festanti intorno a torroni e pandori farciti. Poco più in là, un paio di renne scalpitavano mentre dei folletti impellicciati riempivano la slitta di panettoni di svariati tipi e dimensioni.
Magie del marketing, mi sono detta, una stagione non fa in tempo ad iniziare che già bussa al portafogli quella successiva.
Le zucche di Halloween, intanto, la ricorrenza temporalmente più vicina, erano state sfrattate dall’entrata e facevano mostra di sé alle pareti, lontane dal farsi notare a prima vista. Avete presente quando siete ad una festa e al centro della sala vedete ballare i vostri amici più spigliati, mentre voi, colti da timidezza, cercate di mimetizzarvi con il muro? O forse capitava solo a me, non so, fatto sta che mi è stato facile solidarizzare con quegli ortaggi relegati ormai a comparse.
Circa duemila e cinquecento anni fa un famoso filosofo greco, Zenone, elaborava uno dei paradossi più celebri della storia del pensiero, chiamato “Achille e la tartaruga”. Con parole semplici e molto terra-terra, possiamo riassumerlo più o meno così: si faccia una gara di corsa tra il famoso Achille – detto anche Piè veloce – noto a tutti per la sua rapidità nella corsa, ed un’anonima tartaruga; viste le prestazioni impari dei due contendenti, si diano alcuni metri di vantaggio all’animale e, solo ad un certo punto, si faccia partire Achille. Ecco, per quanto questi potrà essere veloce, non raggiungerà mai la tartaruga, perché ad ogni spazio percorso dall’eroe lei ne percorrerà sempre un altro, seppur piccolo.
È un paradosso, appunto, ma trovo che ben si adatti a questi tempi odierni in cui il consumismo scandisce il ritmo di molte delle nostre scelte. Halloween ha iniziato a fare capolino nei supermercati e nei vari negozi giusto ad inizio autunno, ben in anticipo sulla sua data cronologica. Il Natale nel frattempo s’è già insinuato nei primi spiragli di ottobre e, stiamo pur certi, non sarà ancora finito che già vedremo far capolino dolci e travestimenti di Carnevale. Quest’ultimo sarà in pieno svolgimento quando verrà travolto da una montagna di uova di Pasqua. E non finisce qui. Quante volte avete occhieggiato in vetrina quell’ultimissimo modello strabiliante di smartphone, capace di fare tutto – ci manca giusto il caffè – e, quando avete sudato sette camicie per acquistarlo vi è passata sotto gli occhi la pubblicità del modello successivo, ancora più accessoriato?
È come se ci trovassimo ad una maratona, tutti insieme appassionatamente, ma, quando finalmente vediamo il nastro del traguardo, dei commissari beffardi ce lo spostassero in continuazione parecchi metri più avanti, senza darci alcuna possibilità di raggiungerlo. Frustrante, vero?
Tutta colpa del marketing e del consumismo, ecco!
No.
Il tempo che ci scorre tra le pieghe agli angoli degli occhi, che trasforma la miriade di sorrisi in rughe d’espressione, dovrebbe essere visto come un nostro compagno di viaggio, non un nemico contro cui gareggiare per giungere ad una fantomatica linea di arrivo. Sta a noi decidere se essere come Achille, in perenne affanno da rincorsa, o come la tartaruga, che cammina placida senza nessun intento di competizione. Marketing e consumismo possono benissimo procedere con il turbo, non è obbligatorio star loro dietro con perenne fiato corto, ma è possibile fare propria l’andatura da passeggiata, trovando anche il modo di gustarci il paesaggio che ci circonda.
Lungi da me, tuttavia, il motto “fermate il mondo, voglio scendere”. Oltre che qualcosa di impossibile da realizzare, rischia di tramutarsi in un immobilismo pericoloso che sa solo volgersi al passato rifiutando ogni sguardo verso il futuro. Essere “al passo coi tempi” è invece una necessità da cogliere al volo in svariate occasioni, si pensi ai continui progressi della medicina.
Come nella stragrande maggioranza delle cose, anche qui in medio stat virtus. Certo, rimarrò sempre un po’ spiazzata dai dolci di Natale ad ottobre e dalle uova di Pasqua a Carnevale, vedrò ancora spuntarmi sotto il naso l’ultimissimo ritrovato tecnologico mentre credevo di aver comprato l’ultimo una manciata di settimane prima, ma la decisione se partecipare all’affannosa corsa rimarrà alla fine sempre e solo mia.
PS: nella scelta se essere Achille o tartaruga io ho optato per una soluzione più efficace, ovvero la Tartaruga Achille. Correre quando serve, rallentare quando è necessario.

Fonte immagine: Pixabay.

Vicentina, classe 1979, piedi ben piantati per terra e testa sempre tra le nuvole. È una razionale sognatrice, una inguaribile ottimista ed una spietata realista. Filosofa per passione, biblista per spirito d’avventura, insegnante per vocazione e professione. Giunta alla fine del liceo classico gli studi universitari le si pongono davanti con un bel dilemma: scegliere filosofia o teologia? La valutazione è ardua, s’incammina lungo la via degli studi filosofici ma la passione per la teologia e la Sacra Scrittura continua ad ardere nel petto e non vuole sopirsi per niente al mondo. Così, fatto trenta, facciamo trentuno! e per il Magistero in Scienze Religiose sfida le nebbie padane delle lezioni serali: nulla pesa, quel sentiero le sembra il paese dei balocchi e la realizzazione di un sogno nel cassetto. Il traguardo, tuttavia, è ancora ben lontano dall’essere raggiunto, perché nel frattempo la città eterna ha levato il suo richiamo, simile a quello delle sirene di omerica memoria. Che fare, seguire l’esempio di Ulisse e navigare in sicurezza o mollare gli ormeggi e veleggiare verso un futuro incerto? L’invito del Maestro a prendere il largo è troppo forte e troppo bello per essere inascoltato, così fa fagotto e parte allo sbaraglio, una scommessa che poteva sembrare già persa in partenza. Nei primi mesi di permanenza nella capitale il Pontificio Istituto Biblico sembra occhieggiarla burbero, severo nei suoi ritmi di studio pazzo e disperatissimo. Ci sono stati scogli improvvisi, tempeste ciclopiche, tentazioni di cambiare rotta per ritornare alla sicurezza del suolo natio. Ma la bilancia della vita le ha riservato sull’altro piatto, quello più pesante, una strada costruita passo dopo passo ed un lavoro come insegnante di religione nella diocesi di Roma. L’approdo, più che un porto sicuro, le piace interpretarlo come un nuovo trampolino di lancio, perché ama pensare che è sempre tempo per imparare cose nuove.

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