Cristo l’ha acciuffato al volo il problema: prima viene lo stomaco, poi viene la morale. D’altronde non si possono nutrire gli affamati con delle statistiche: un bellissimo discorso non è mai servito a rendere quieti degli stomachi vuoti! Così si nasce: affamati. “Ho un vuoto nello stomaco che nemmeno immagini. Quanto manca per mangiare?” chiede chi ha fame. Nasciamo tutti con un vuoto dentro: “Non mangiare stuzzichini, altrimenti ti rovini l’appetito” ci viene detto da chi, con estrema premura, ha a cuore il nostro appetito. Perché di stuzzichini, aperitivi e patatine non ci si sazia, tutt’al più ci si riempie, fino a sentire l’intestino che si gonfia, la cintura che minaccia: “Ormai non ho più fame, mi sono riempito finché aspettavo”. Quel vuoto-di-fame si riempirà soltanto con una cena ben fatta. Non è vana l’attesa, però: se tu non hai mai avuto l’occasione di vedere una persona quando ha fame, quando litiga, quando ha paura o quando sta male, è difficile che tu possa dire di averla vista, conosciuta, davvero. Com’è vero il suo esatto contrario: quando uno ti sazia, difficilmente lo dimentichi: «Voi mi cercate (…) perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati» replica Gesù all’attesa di chi gli fa ressa attorno, al di là del mare, dopo l’abbuffata dei pani e dei pesci.
Fa niente: “C’è sempre un punto zero dal quale partire – riflette Cristo – Mi infilo nei loro bisogni e poi, dentro quella fessura, cerco d’allargare loro il cuore”. È un genietto d’imprenditoria il figlio del carpentiere di Nazareth: prima crea nel cuore dell’uomo l’appetito, poi gli porge il cibo-esatto per saziarlo: «Quale opera tu fai perché vediamo e crediamo?» gli chiede la gente ancora incredula che nel mondo esista qualcuno in grado di saziare definitivamente il cuore. Han appena ricevuto pane a sazietà, eppure non basta: Cristo, comunque, l’aveva messo in conto. Prima dà il pane, poi appena dato il pane dà Se Medesimo: «Io sono il pane della vita. Chi viene a me non varà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!”». Mi piace assai pensare che, almeno una volta nella vita, l’amore possa essere un atto di generosità, non la soddisfazione d’un bisogno. Di più: mi piace scoprire che Chi dà il pane, facendosi Lui stesso pane, abbia fame della fame di chi gli chiede pane. Solo l’affamato, o chi sperimenta d’esserlo perpetuamente, saprà accorgersi di chi ha fame, perchè «l’uomo sazio si imbatte senza alcuna emozione negli affamati» (E. Canetti). La (sua) missione, dunque, è decisa: ha scoperchiato in loro la fame che li attanagliava, s’è infilato dentro quella fame e poi, una volta dentro, si è fatto Lui stesso la risposta più convincente di quella fame. Nessun vuoto si riempie con qualsiasi cosa: tutt’al più lo si tampona alla bell’è meglio. Per riempirsi, un vuoto ha bisogno d’incontrare quella parte che è nata apposta per chiudere quello spazio vuoto. La si cerca disperatamente.
L’appetito vien guardandoti, dunque. Il cristianesimo del Cristo è tutto qui. Per tutti quelli che credono che l’amore sia la forma più eccelsa della sazietà, la tecnica del Cristo sbaraglia il cuore: l’amore è fame, tanta fame, fame assurda d’essere saziati fino ad essere appagati: «Tu apri la tua mano e sazi la fame di ogni vivente (Il Signore) appaga il desiderio di coloro che lo temono, ascolta il loro grido e li salva» (Sal 145, 16.19). È d’allora che l’uomo tenta d’accaparrarsi il pane a sbafo, anche per domani, anche dopodomani: «Signore, dacci sempre questo pane!» (cfr Gv 6,24-35). La risposta, però, non è un divano-letto – “Sì, eccolo qui!” – ma la cartina di un viaggio da percorrere assieme: «Son io il pane della vita». D’allora credere è mangiare-Pane a più non posso, tutte le volte che posso, finché potrò e non imparare delle dottrine a memoria. È accettare di farsi una trasfusione in piena regola: il pane al posto del sangue. Più quel Pane entra dentro di me, più rinvigorisce il mio vigore. A piccole dosi: vietato ingozzarsi. Giorno dopo giorno, un pane al giorno. Per questo qualcuno, nel corso della storia, è vissuto solo cibandosi dell’Eucaristia: mica è metafora, è che l’appetito viene mangiando.
(da Il Sussidiario, 31 luglio 2021)
In quel tempo, quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».
Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo».
Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».
Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».
Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!» (Giovanni 6,24-35).