In cammino, tra luce e tenebre. Tutti quanti sappiamo quale sia la differenza. È un’esperienza molto comune.
Quando c’è luce, possiamo vedere e quindi i nostri passi possono avanzare spediti e, se non ci sono altri problemi, legati alla nostra abilità motoria, gli ostacoli che potremo incontrare sul nostro cammino, non ci inducono timore, perché confidiamo che, alzando un po’ di più il ginocchio o effettuando altri movimenti, potremo facilmente scansare qualunque cosa (o quasi) rallenti il nostro incedere.Ben diverso è il discorso per il buio. Quando la luminosità si fa scarsa, fino al buio più totale, la nostra capacità di vedere diminuisce ed anche il più piccolo ostacolo sul nostro percorso potrebbe rallentarci, farci cadere, fino alla condizione estrema (rara, ma non impossibile) di diventare letale.
È per questo che la paura del buio, pur essendo un’esagerazione rispetto all’effettiva problematica, ha una genesi ragionevole, dovuta alla consapevolezza dell’aumento di rischio nel momento in cui la luce e, in modo direttamente conseguente, la nostra possibilità di visione diminuiscono.
Sembra persino ovvio e banale, quindi, sentir fare la raccomandazione «camminate mentre avete la luce» a persone adulte, che – si spera – dovrebbero essere dotate di buon senso e raziocinio e, conseguentemente, scegliere l’opzione più logica per il proprio cammino.
Ebbene, dopo aver detto queste cose, se ne andò e si nascose loro.
Sì, pare incredibile: forse non ci abbiamo mai fatto caso. Probabilmente, perché siamo condizionati dall’idea di Dio che abita il nostro cuore e, alla luce di quello, leggiamo tutto, compreso il Vangelo, passando sotto silenzio tutto quello che, al contrario, mette in discussione la nostra idea.
Gesù gioca a nascondino. Butta lì una raccomandazione sibillina, invitando a completare i puntini di sospensione.
L’invito lanciato dall’insolita raccomandazione è andare oltre le parole, per capire cosa egli intenda con luce, o, meglio, Chi sia la luce. E che almeno qualcuno abbia poi prestato attenzione alla Sua spiegazione è evidente dal prologo dello stesso evangelista che ci racconta questo episodio in cui vediamo un Cristo introdurre una strategia ludicamente pedagogica. «Veniva nel mondo la Luce vera, quella che illumina ogni uomo» (Gv 1,9),sintetizza, infatti, il giovane discepolo, facendo eco al versetto 46 del capitolo 12 («Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre »). Gesù, dicendosi luce per i nostri passi, si descrive coma la condizione imprescindibile per il cammino. Ci può essere una luce più o meno forte, ma senza luce sufficiente a vedere quanto meno la distanza di un passo, nessun viandante avveduto si metterebbe in cammino.
Alloggerebbe in una locanda, in attesa che le condizioni atmosferiche rendano saggio il mettersi in cammino e non si arrischierebbe in un’impresa che, anche qualora non significhi la morte, sicuramente, però comporterebbe una situazione di rischio superiore a quanto è ragionevole accettare.
Proseguendo, il significato di questa luce si fa più chiaro: luce, per rischiare. Luce, per portare salvezza, nella libertà di poter rimanere nel buio delle tenebre. Perché c’è sempre la possibilità di ricevere luce sufficiente, senza però l’obbligo di usufruirne. Quel «volete andarvene anche voi?» (Gv 6, 67) che il Maestro indirizza ai discepoli, dopo i commenti indignati, in seguito al suo discorso eucaristico, non è – come potrebbe sembra a prima vista – un tentativo di avvalorare le critiche, ma, piuttosto, indice cristallino della suprema libertà che Cristo accorda ai propri discepoli, di ogni tempo e di ogni luogo.
Se Gesù gioca a nascondino, forse, è perché anche lui vuole stare a vedere se siamo disposti ad andare a cercarLo, “anche solo per vederLo e parlare”, come dice Battiato nella sua celebre canzone.
Credo sia una domanda che è bene ci poniamo. Non solo se siamo disposti a cercarlo. Ma perché.
Essere disposti a cercarLo significa renderci disponibile a una qualche fatica, a uscire da noi stessi e dal cammino, fino a quel momento intrapreso, accettare di poter aver sbagliato e che ci siano bisogno di correzioni nella rotta. Domandarci per quale motivo è invece un passo ulteriore: significa ricercare una relazione che profumi davvero di gratuità e che, per questo, si avvicini a quella che Dio stesso fa scendere in campo, quando si tratta di noi.
«In quel tempo. Il Signore Gesù disse alla folla: «Ancora per poco tempo la luce è tra voi. Camminate mentre avete la luce, perché le tenebre non vi sorprendano; chi cammina nelle tenebre non sa dove va. Mentre avete la luce, credete nella luce, per diventare figli della luce». Gesù disse queste cose, poi se ne andò e si nascose loro. Sebbene avesse compiuto segni così grandi davanti a loro, non credevano in lui, perché si compisse la parola detta dal profeta Isaia: «Signore, chi ha creduto alla nostra parola? E la forza del Signore, a chi è stata rivelata?». Per questo non potevano credere, poiché ancora Isaia disse: «Ha reso ciechi i loro occhi e duro il loro cuore, perché non vedano con gli occhi e non comprendano con il cuore e non si convertano, e io li guarisca!». Questo disse Isaia perché vide la sua gloria e parlò di lui. Tuttavia, anche tra i capi, molti credettero in lui, ma, a causa dei farisei, non lo dichiaravano, per non essere espulsi dalla sinagoga. Amavano infatti la gloria degli uomini più che la gloria di Dio. Gesù allora esclamò: «Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre. Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me».
(Gv 12, 35 – 50)
Rif. Vangelo ambrosiano, nella V domenica dopo Pentecoste, anno B
Fonte immagine: Avvenire