Per prima cosa, in vita sua, ha fatto l’unica cosa che si sentiva in dovere di fare, che è quella di costruire tutte le vie di fuga. Un giorno chiese, senza mezzi termini, se avessero voluto andarsene anche gli amici: in un altro, era venerdì, piantò croce e petto sulla cima della montagna perchè capissero quanto costa la felicità. Più e più volte non fece nulla, di tutto ciò che fanno invece gli uomini, per tenerli legati a Sè: contrattare il prezzo, abbassare la pretesa, svilire il Cielo. Lui, a conti fatti, quando morì potè dire davvero: “Per prima cosa vi ho costruito tutte le vie di fuga. Non potevo accettare il pensiero che voi foste rimasti perchè non potevate andarvene”. Per questo, Risorto, si sentì libero nel continuare da dove la morte l’aveva (momentaneamente) interrotto. Dal verbo rimanere, la vera magia, visto che a scomparire son capaci tutti. Perchè conta chi rimane, il resto non conta sembra sostenere Cristo: «Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perchè senza di me non potete far nulla». La morte in croce, a conti fatti, fu la più grande potatura della storia: una cosa impossibile da immaginare, una di quelle cose che, proprio perchè impossibili, fan vedere in diretta chi scappa, chi resta e chi ci prova. «Volete andarvene anche voi?» (Gv 6,67) Nessuno fu, sarà, mai obbligato a seguire Cristo: una via d’uscita l’ha costruita Lui stesso. Dio-onesto.
Con chi resta, però, nessuna compiacenza per il fatto di essere rimasti: “A noi che non t’abbiamo mollato, mica ci massacrerai di fatica, vero Cristoddio?” Il cristianesimo dei baratti non ha mai chiuso bottega. Lui, da parte sua, mantiene altissima l’andatura: «Ogni tralcio che in me non porta frutto – dice di sé vestito da contadino – (il Padre) lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perchè porti più frutto». Potare non è tagliare, come correggere non è uccidere: “Tolti i rami secchi si vede di nuovo il cielo” diceva il nonno nella stagione in cui usciva nella vigna per potare le viti. Mi impartiva, a modo suo, una bella catechesi sulla vita cristiana. L’ammiravo – come anche papà quando decide d’aggiustare una cosa rotta – perchè a me pareva più facile sradicare quella vite piuttosto che liberarla dai rami secchi: non son mai stato un abile contadino. Lì, nella vigna, a posteriori capii cosa significa il verbo decidere: “Ti sei deciso? Quando ti decidi poi dimmelo. Cosa aspetti a deciderti? Hai deciso cosa fare della tua vita?” Per la sua provenienza latina, significa “tagliare-via”. Perchè decidere, anche di dar retta a Cristoddio, significa fare pulizia dei rami secchi: è decidendo che si trova la forza di rinforzarsi. Di progettare, oggi, il futuro da costruire domani: «I futuri non realizzati sono solo rami del passato: rami secchi» scrisse Italo Calvino.
E’ una questione di onestà, prima ancora che Vangelo: “Che non pensiate di vivere a rimorchio venendo dietro di me, mangiando a sbaffo senza far nulla” disse, più o meno, Cristo. Parole sue: «Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano». Il dramma dell’Inferno è tutto qui: tralci secchi, nessun innesto nelle vite, materia da ingrasso per il fuoco. Il cristiano, insomma, non sia un parassita, altrimenti è meglio che non si dica cristiano: il ramo secco (e marcio) non ha diritto di stare dove sta perchè ruba la luce, toglie l’aria a chi ha voglia di crescere, ostacola la maturazione della vite. Zac, sforbiciata: affastellato, ammucchiato, fatto ardere. Mica è terrorismo questo, è soltanto la chiarezza degli inizi: che nessuno s’illuda o illuda che la vita cristiana sia facile, una sorta di mercanzia da supermercato, di bigiotteria da mettere sulla credenza. E’ una faccenda seria: potare, decidere, tagliare via, guarire, cicatrizzarsi. “Quando cominci a vendemmiare – dicono al mio paese – tutti vengono a salutare”. A potare, invece, scorgevo solo il nonno e qualche raro amico. Comunque sia, non si è mai in ritardo per decidersi: penso alla pianta dei cachi che se ne sta, spavalda, coi suoi frutti quando tutto attorno è secco. E’ la conferma che il Cristo, in materia agricola, non si arrende proprio.
(da Il Sussidiario, 1 maggio 2021)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli» (Giovanni 15,1-8).
Editoriali della Quaresima e del Tempo di Pasqua
Mercoledì delle Ceneri, Ricordati che sei polvere (di stelle), 17 febbraio 2021
I^ Domenica di Quaresima, Cristo in controvento, 20 febbraio 2021
II^ Domenica di Quaresima, Il divino Lavandaio, 27 febbraio 2021
III^ Domenica di Quaresima, Vendono il sole per comprare una candela, 6 marzo 2021
IV^ Domenica di Quaresima, Chiaroscuri sui pipistrelli, 13 marzo 2021
V^ Domenica di Quaresima, La voglia di Te è più forte della voglia di me, 20 marzo 2021
Domenica delle Palme, Il Diomendicante e il frutto della Passione, 27 marzo 2021
Giovedì Santo, Masticami, Giuda. Ovverosia del Giovedì Santo, 1 aprile 2021
Venerdì Santo, Pilato e Veronica. Ovverosia, del Venerdì Santo, 2 aprile 2021
Sabato Santo, Silenzio per cena. Ovverosia, del Sabato Santo, 3 aprile 2023
Domenica di Pasqua, Tana libera tutti. Ovverosia, del mattino di Pasqua, 4 aprile 2021
Domenica in Albis, Ferite da leccare o da lucidare, 11 aprile 2021
III^ Domenica di Pasqua, L’intoccabile chiede d’essere toccato, 18 aprile 2021
IV^ Domenica di Pasqua, Non al lupo, attenti al (falso) pastore, 25 aprile 2021
Da lunedì 19 aprile 2021, in tutte le librerie, L’invidia di Satàn (San Paolo, 2021), il nuovo libro di Marco Pozza su Maria di Nazareth.
(dalla quarta di copertina) – Adesso è facile, «basta il suo nome, Maria, perchè gli uomini esagerino, non capiscano più nulla. La chiamano povera donna, Madonna, bella donna. L’Immacolata, l’Avvocata, la Regina. I poeti hanno grattato il fondo del barile per escogitare le parole più giuste, le meno slabbrate, le più ardite». Lei, però, ama presentarsi con passi felpati, raccontata dalle nonne ai bambini, pregata dai bambini per i nonni. Invocata da santi, delinquenti e criminali.
Marco Pozza, “alla prova di Maria”, ne celebra l’unicità tessendo in armonia la devozione popolare, la teologia cattolica, i racconti paesani. Rievoca la storia di Gesuina, una vecchia amica della nonna che, solo nel nome, teneva nascosto l’agguato di Maria. Del suo Figliolo: «Perchè Gesuina è la versione femminile del maschile Gesù». Maria è il Gesù in miniatura, «la versione umana più vicina al Dio (dis)umano». Dalla nonna, mentre cucinava i broccoli impastava i dolci, faceva la pasta a mano: l’ha conosciuta lì, l’autore, la Vergine di Nazareth.
L’invidia di Satàn, l’imbecille fatto carne.
Il libro è un viaggio dissacrante e profondo attraverso le quattro stagioni della Vergine, con sullo sfondo i venti misteri del santo Rosario, «la corda di impiccagione di Satàn». Una storia ch’è tutt’ora muro di cinta tra il tempo e il non-tempo. Tra l’uomo mortale e il suo Dio.
Storia di una Madre, affidata alle labbra: «Dovevate sentire nonna recitare il rosario!»
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