costanzoUn potere d’intercessione più sublime di quello della Madonna di Fatima. E adesso, logica vorrebbe, che si ideasse un processo di beatificazione “per direttissima” a vantaggio di Maurizio Costanzo: magari capeggiato da quel Piero Chiambretti che durante una delle ultime puntate di Chiambretti Night ha tributato fasti, onori e leccornie al conduttore televisivo sopracitato, magari per ricambiare qualche favore. Forse gli è scappata un po’ la mano al Piero comico, colto probabilmente da un raptus di nostalgia, se è arrivato a dare del “Santità” al Costanzo nazionale fino a definirlo “la televisione coi baffi, la memoria storica degli italiani, la scatola nera del bel paese”. Siamo ai limiti di un processo di canonizzazione e di banalizzazione nel medesimo istante. Eppure il suo doveva essere un programma per i giovani, in seconda serata: e forse proprio per questo gli è sfuggita la bella immagine della scatola nera. Perchè, ad osservare con occhio critico e appassionato, i decenni passati sul sedile del Maurizio Costanzo Show, si potrebbe benissimo leggere – come si legge una scatola nera dopo un incidente aereo – il perchè di giovinezze così infiacchite dal punto di vista mentale, sociale e culturale. Non tutte le nefandezze sono da attribuirsi a lui, ma la spettacolarizzazione delle quisquiglie ha contribuito a costruire gran parte del suo share televisivo. Fossi stato Chiambretti avrei continuato la già lunga litania, aggiungendo magari: “padre dei reality, protettore dei tronisti e delle veline, appassionato ricercatore della superficie, costruttore di carriere, marito della De Filippi”. Perchè, giunti in calce ad un tentativo di metterlo sull’altare, onori e oneri vanno sistemati nelle giuste posizioni.
“Scatola nera” è un’immagine ferrata per mostrare il dramma – il più delle volte impercettibile (e qui ha mostrato la sua intelligenza mediatica) – pubblicizzato nei suoi spazi televisivi: che l’esistenza è uno show. Condotto da Maurizio Costanzo. Nei suoi salotti ha portato bellimbusti e fattucchiere, maghi, indovini e cartomanti, sportivi, gieffini e preti. Ha cercato le lacrime delle vedove dei poliziotti uccisi, le rabbie di vescovi scomunicati e i lineamenti di persone rifatte. Ha messo in piedi un’agenzia di potere alla quale attingere ispirazione e protezione per diventare qualcuno. E tanti giovani che non tengono mezzi, potere e spirito critico per vagliare dove stia il meglio per il loro futuro, son caduti nella sua trappola: quella del “video ergo sum” (“appaio, quindi sono”). Non per nulla uno dei programmi dell’altro volto della medaglia, quello della moglie, s’intitolava “Generazione di fenomeni”: una generazione intera, per l’appunto, di fenomeni da loro creati a loro uso e consumo. In questo senso, aprendo la scatola nera, potremmo trovare un aiuto per dare ragione della povertà immaginativa che i giovani tengono circa il loro futuro: perchè lentamente nella loro immaginazione si è realizzato il tentativo di far rientrare le loro giovinezze in piccole scatole già preconfezionate. In modo da poter controllare meglio i loro desideri, pilotare le loro emozioni e fare in modo che chiedano quello che solo noi possiamo dare. Il sogno infante d’essere modelli, modelle, attori e attrici, di dimagrire-ritoccarsi-proteggersi, d’apparire per essere qualcuno e valere è un indice credibile della terapia mediatica di questi signori.
Ma se l’uomo non fosse solo bocca e stomaco – cioè un essere che divora e consuma – allora coltiverebbe nel cuore una domanda: che cosa sarebbe la vita se ci avessero lasciato fare? Senza rinchiuderci come pulci in scatole già preconfezionate? Ma questo Chiambretti non poteva chiederlo a Costanzo: perchè lo spettacolo doveva andare avanti. Ovviamente.

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