pescatore

Da distante, parevano insoddisfatti: “Non son mai contenti, con tutto quello che hanno” diceva la gente. Nel porticciolo di Cafarnao le reti erano piene, gli affari gongolavano, la loro cooperativa andava a gonfie vele. Fondata dal padre Zebedeo, erano già nella seconda generazione: pescare era il loro trabattare di tutti i giorni. Ieri, avantieri, domani, dopodomani: «Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, mentre gettavano le reti in mare». La sera, però, dentro casa, qualcosa sembrava non tornare più dopo anni di pesca più, meno fruttuosa: “Sarà tutta così la nostra vita, Simone, secondo te? – si chiedevano tra fratelli – Resteremo condannati a portare avanti l’azienda di famiglia solo per non dare dispiacere a nostro padre?”. Discorsi all’avanguardia, contemporanei ad ogni stagione: “Cosa vuoi, Andrea? Non lo so nemmeno io: è che finché non troviamo di meglio, teniamoci stretto questo lavoro” rispondeva il fratello. Glielo si leggeva negli occhi da mille miglia, però, che qualcosa non era proprio come avrebbero sognato fosse. C’era un filo d’insoddisfazione negli occhi, in cuore la pesca era ormai più mestiere che batticuore, gli scricchiolii all’ordine del giorno: “Alzatevi sempre con determinazione, andate a letto con soddisfazione” era il mantra di Zebedeo, una vita passata con le reti in mano. “Il fatto è tutto qui – si rilanciavano tra fratelli, rassettando le reti pur zeppe di pescato – Io quando mi guardo dentro non sono per nulla soddisfatto di questa vita mia”. Parole oneste.
Non essere mai soddisfatti del presente: l’arte del Vangelo è tutta qui. Non è mai soddisfazione il confonderla con l’insoddisfazione. I due fratelli, di sangue e di pesca, non sono facili da circumnavigare per i fondelli: “Sai bene come son fatti i pescatori, Andrea: dicono che han sempre le reti piene anche quando non pescano un fico-secco!” Che, a pensarci solo un attimo, è il peggiore inganno: più che la clientela si truffa sé medesimi. “Com’è che diceva nostro nonno? Che quando sbatti la porta…” ha un vuoto di memoria, Simone. L’aiuta Andrea: “Che quando sbatti la porta il rumore ti dà soddisfazione, ma poi cala il silenzio”. Non eravamo distanti dal Vangelo, ancor prima che arrivasse in quel porticciolo della Galilea: il problema non è soddisfare o meno i desideri, il problema è riuscire a sapere cosa desideriamo. “C’è gente che ci invidia, Simone: c’è gente alla quale basterebbe un decimo del nostro conto in banca per essere felice”. Già, la vita certe volte è una banconota stampata. Altre no, non basta più: “Hai ragione, ma se a me non basta più, che ci devo fare, fratello? T’avviso: se trovo di meglio, io non ci penso due volte. Mi dispiace per nostro padre, ma la vita è la mia: io non mi accontento di pescare. Non mi basta più, voglio il meglio per me!” (Amen).
Capitò: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini» (cfr Mc 1,14-20). Quando l’udirono, quella voce sembrava su-misura per i loro discorsi: “Ehi, ragazzi: tutta la vita a pescare volete passare? Sarete anche ricchi-sfondati, ma non vedete che non siete felici? Io, se vi va, oggi assumo: non prometto nulla, ma prometto che non mi accontenterò mai di promettere. Prometto, mantengo. Che ne dite?” Pesci, barche, reti. I contratti già depositati, i branzini già pagati da consegnare, i clienti da avvisare? Ci penseranno altri, non c’è tempo: «Essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni». Ciao, a tutti: il postino, stavolta, non suonerà due volte. “Dispiace, papà: ma noi due non siamo mai stati gente che s’accontenta. Lo sapevi che, se avessimo trovato di meglio, saremmo partiti”. L’offerta era impossibile da rifiutarsi: serviva solo coraggio nel dirlo a casa. “Alla fine, Andrea, sento di non tradire nessuno: rimarremo pescatori. Cambieremo prodotto, ma l’arte di papà no”. Lo guardano, lo squadrano, non capiscono tutto. Eppure gli vanno dietro: “Chissà se questo sa chi siamo. Manco il colloquio di lavoro ci ha fatto”. Li aveva visti all’opera, però, in mare aperto: sapevano stare in piedi sulle onde. Per la Chiesa che Gesù aveva in mente, erano il top.

(da Il Sussidiario23 gennaio 2021)

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui (Marco 1,14-20).

copertina

In tutte le librerie, Ciò che vuoto non è (San Paolo, 2020), il nuovo libro di Marco Pozza
Il vuoto: «Mesi di vuoto dappertutto: dentro, fuori, in basso, qualcuno temeva pure lassù. Non è stato così: eppure “benvenuti alla resa finale!” hanno pensato in tanti». E se quel vuoto fosse stata una misura: “Quanto ti manco?” In una casa, l’unica stanza piena è quella vuota: è tutta colma del suo vuoto, di se stessa. E’ davvero necessario riempire ogni vuoto a tutti i costi?
In Ciò che vuoto non è l’autore ripercorre gli articoli del Credo cristiano alla luce del vuoto dei mesi di pandemia: «L’uomo ha diritto di voto, la bellezza ha diritto di vuoto per brillare» scrive. Che nome dare a quel vuoto? Per chi crede il vuoto è una mancanza piena di nostalgia, per chi non crede è pur sempre un’esperienza mistica: certe domande, comunque, hanno bisogno di vuoto attorno per respirare. Ripartiamo, dunque! Da quel sepolcro che le donne, a Gerusalemme, hanno trovato vuoto il mattino di Pasqua. E’ d’allora che quella cristiana è fede fondata sul vuoto, fede che ha diritto di vuoto.
Tra memorie paesane e sprazzi di attualità, l’autore si concede delle lezioni di lentezza per cercare una risposta alla domanda che ci interpella ovunque, soprattutto sul ciglio dell’afflizione: “Perchè credere quando attorno è buio”? Nell’emergenza il Vangelo resta uno spicchio di luna a forma di falce: la parte fulgente illumina quella oscura. Che vuota non è (dall’aletta di copertina).
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