1pUa9vCPhy0jpWAgUi1dTcw

Non è stato un anno semplice, probabilmente per nessuno. Se il tempo d’ogni uomo, per definizione, è caratterizzato dall’incertezza di non sapere il proprio domani, potremmo dire che, quest’anno, l’incertezza è stata una cifra stilistica significativa e navigare a vista una necessità diventata concretissima.
Ciò che sembrava mera teoria, improvvisamente ha preso concretezza. La consapevolezza di non poter programmare tutto si è tramutata nell’impossibilità di programmare alcunché, nell’indisponibilità di qualunque tipo di pianificazione (anche quella più basilare): ci siamo ritrovati a fare buon viso a cattivo gioco, a organizzarci, per poi riorganizzarci in modo completamente differente. Anche questa consapevolezza, insomma, come il Figlio di Dio, ha preso carne, si è fatta tangibile, percepibile, nel nostro quotidiano. A volte, diventando motivo di rinnovo della nostra fede in un Padre che provvede a noi oltre ogni nostra comprensione, talvolta diventando, invece, motivo di una sensazione agrodolce, difficile da interpretare a parole.

«Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù» (Fil 4, 4 – 7).

Queste parole dell’Apostolo sembrano essere particolarmente opportune, quasi un antidoto all’eventualità che, presi dallo sconforto, per tutte le differenze con i Natali passati, possiamo essere vinti – e avvinti – dalla tentazione della tristezza: quel mostro informe che, prendendo possesso di noi, deforma la realtà e, illuminando con un faro da 1000 watt alla massima potenza solo alcuni aspetti, lascia il resto nel buio più totale. Ecco, quindi, nascere, nel nostro cuore, la sensazione che la realtà ci sovrasti e che noi possiamo solo soccombere.

Eppure, è proprio quando Dio è più nascosto, che è più vicino. Basti pensare alla notte di Natale: un bambino è nato, nel cuore della notte. L’Eterno che sfama i viventi si nutre da un seno di donna (Inno delle lodi del tempo di Natale): nel fieno di una stalla, dove non ce lo saremmo mai aspettati, da chi non avremmo mai immaginato, abbiamo visto il Figlio dell’uomo farsi vicino ad ogni uomo, che ha fame, freddo, paura, che non cerca altro se non l’abbraccio della Madre per potersi sentire sicuro e protetto e, finalmente, placare il pianto in un sonno tranquillo e sereno.
Ma perché un bimbo, in braccio a sua madre, si sente tranquillo?

«Dite alla figlia di Sion: “Ecco, arriva il tuo salvatore; ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede”. Li chiameranno “Popolo santo”, “Redenti del Signore”. E tu sarai chiamata Ricercata, “Città non abbandonata”» (Is 62, 11-12)

Nella Bibbia, il nome ha sempre un’enorme importanza. E ancora di più ne assume il cambiarlo. La Prima lettura celebra la liberazione del popolo d’Israele dalla schiavitù e – quindi – il passaggio dalla schiavitù alla libertà. Sancito, quindi, da una diversa definizione che il popolo dà di se stesso.  
Ciò che cerchiamo, ogni giorno della nostra vita, è ritrovare quello sguardo, che ci fa sentire amati a prescindere da qualunque nostra scelta, decisione, fallimento, successo. Quello sguardo che possa garantire la nostra persona da ogni mutamento, che possa attribuirci – in un certo senso – solidità. La certezza che noi non siamo il nostro peccato (perché sappiamo che ci accompagna come un’ombra), né il nostro successo (perché siamo consapevoli che è – immancabilmente – effimero e passeggero). Quello che resta di noi, tolti gli altri accidenti, tutti quegli orpelli che si aggiungono, ma non ci definiscono. Passiamo la vita a cercare un nome che ci rispecchi.

Eppure, Dio lo ha per noi dall’eternità. Ricercati. Voluti. Amati. Desiderati.

Quanti eventi, nella nostra vita, possono farcene dubitare! Un divorzio, scelto o subito, tanti piccoli o grandi fallimenti (quelli che ciascuno incontra nella propria vita), il rifiuto di un progetto, di un lavoro, di un desiderio che sentiamo come parte di noi o motivo della nostra realizzazione.

Possa questo Natale essere occasione per sentirci sussurrare all’orecchio: «Sì, io creo tutto per amore, con libertà. Ti ho scelto così. Desiderato dall’eternità. E non mi sono pentito!».

«Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te» (Lc 1, 28)

Anche il Vangelo invita alla gioia. Gioia che scaturisce dalla pienezza: una pienezza, traboccante, che, però non proviene dall’uomo. È Dio che completa per noi l’opera che è Sua (Sal 137). È in Dio che è possibile non avere paura di un futuro incerto. Basti pensare a Maria, che dice di sì, prima di sapere se Giuseppe starà con lei, prima di sapere che non sarà ripudiata o lapidata (il finale più probabile, se ci pensiamo, secondo la moralità ebraica, di fronte a quella che noi definiremmo “gravidanza non pianificata”). Il suo sì è possibile solo perché realizzato all’interno della promessa di un Dio che dice «non temere», perché «Io sarò con te».
Il Signore, che è Signore del Tempo e dello Spazio, insensibile ad ogni mutamento, sa perfettamente quando sia il momento giusto in cui farsi presente al cuore dell’uomo che lo cerca affannosamente, spesso, perché, gonfio d’orgoglio, s’illude che possano bastare le proprie forze per poter riuscire vittorioso nella ricerca.

A volte, però (è il paradosso di Dio!), le vittorie più importanti passano per una resa. Ce lo insegna la docilità di Maria, che rinunciando alla pretesa di poter comprendere tutto del Mistero di Dio che l’ha – letteralmente! – inabitata, ha deciso di consegnare la propria libertà nelle Sue mani, accogliendo il disegno che la riguardava (a nostro vantaggio), ma avendo di cura di custodire queste cose, lasciando che sia il silenzio ad avvolgerle.
Quasi un suggerimento a lasciare che sia proprio il silenzio a guidarci verso la grotta di Betlemme, in silente adorazione di quel Dio fatto uomo, presente nel Mistero, ancora oggi, in mezzo a noi.

 

Rif. letture festive ambrosiane, nella VI Domenica di Avvento, Anno B (Is 62, 10 – 63,3; Fil 4, 4- 9 ; Lc 1, 26-38a)


Fonte immagine: Miro.medium.com

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy: