Rughe
Scese dal Calvario con la memoria di ciò che le era accaduto cucita come fosse il suo vestito del giorno di vigilia. La sua memoria pareva pesasse quanto un treno merci, trascinato, portato sui binari come un cingolato. Di sabato, dal pomeriggio del venerdì, la delusione aveva anestetizzato il mondo intero di chi Gli fu amico. L’oscurità, un’oscurità immane, si avvicinava dall’esterno: «Si fece buio su tutta la terra da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio». Non furono in tanti a resisterle: occorreva una luce abbastanza forte per farlo. Nella salita, più la salita si avvicinava alla cima del Calvario, molti battevano lo sguardo a mò di metronomo: un colpo al Figlio a centro della strada, un colpo alla Madre a bordo strada. Lui sanguinava, fiatava spaventato, arrancava: Lei invecchiava, urlava dentro, s’agitava nel suo dolore. “Fate attenzione – avrebbe voluto dir loro – che dopo la cima, sarà un attimo finire in uno strapiombo”. La difficoltà sarà ritornare giù dal monte. Scendere senza più Lui appresso, addosso, nell’occhio.
Erano tre giorni che Maria invecchiava a dismisura: che il mondo stesse lì ad ammazzarle il Figlio sotto lo sguardo era una mattanza alla quale volentieri avrebbe declinato l’invito a partecipare. Non poter poi intervenire lungo la salita, Lei ch’era madre e poteva fare molto sul Figlio, fu il dolore che più le procurò le rughe sul volto. Si accorgeva da quel leggerissimo mal di schiena che, ormai da giorni, le causava il fare cose che aveva sempre fatto: “Sto invecchiando” disse il giorno in cui, specchiandosi negli occhi del Figlio, decise di accettare il dolore. D’accettare pure le rughe: accettandole non furon mai rughe di vecchiaia le sue, ma divennero rughe d’espressione. Procurar le rughe alla Madre, fu la manovra che fece capire al mondo quant’era difficile essere la Madre di Uno così: «Non si può impedire di invecchiare, ma si può impedire di diventare vecchi» scrisse Henri Matisse. Gli altri, tutti gli amici – furon il pensiero della Madonna -, vissero quei giorni alternando delle salite impervie a discese infernali: furono le giornate più decisive, quelle che fecero franare i sogni più belli. Giorni di grandi funerali.
Il sabato, poi, le case divennero in un battibaleno caverne: tutti-dentro, tutti a casa, tutti impauriti. Chi non era nè dentro nè impaurito, era deluso: cos’è una delusione se non vivere impauriti nel proprio nascondimento? La Madre, invece, si differenziò anche stavolta: «Anche se il timore avrà sempre più argomenti, la speranza può renderti libero» (L. Seneca). Pensò che, sotto-sotto, ne aveva già viste tante in vita sua. Ripensò a quando, qualche anno prima, in occasione del suo trentesimo compleanno, s’accorse del primo capello bianco: il giorno avanti, il Figlio le aveva detto pensieri inconfidabili. S’imbiancò appena il Figlio smise di parlare: fu il primo invecchiamento della sua bellezza. E, ripensandoci, scelse di dargli fiducia fino in fondo: “Abbiamo fatto novanta, facciamo cento ormai” disse a Salòme dopo aver posto nella tomba il suo Cristo. Era bellissimo come nella notte di Betlemme: allora, ripensandoci adesso, il suo pianto aveva il timbro dei chiodi. Ansimava come su-su per la salita. “Fate pure – disse a chi le chiedeva un consulto al volo -. Io provo a resistere fino a domenica: anche nel sepolcro è mio figlio. Gesummio ha bisogno d’essere coccolato proprio adesso: lo sento”.
All’imbrunire del Venerdì, la Madonna si sentiva strana. Come se il mondo le chiedesse fino a che punto resistere ancora: “E’ che ognuno ha la sua soglia, donne – disse – io sento d’avere ancora un filo di resistenza”. Poi, però, quando era sola si chiedeva dove trovasse la forza di alzarsi il Sabato Santo. Mentre lo pensava, stava già camminando: era l’ultimo regalo del Figlio-morto, un surplus di forza per tenere in vita il Cristo ucciso. Non resistette tanto per resistere: lo fece perchè avvertiva un qualcosa in cuore che ancora le procurava batticuore. “Resisti mamma, se molli anche tu è finita davvero” le disse, in qualche modo, il Figlio. Quando ci si stanca di resistere, si avverte un gran rumore d’ossa rotte.

(da Il Sussidiario, 11 aprile 2020)

Dopo il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l’altra Maria andarono a visitare la tomba.
Ed ecco, vi fu un gran terremoto. Un angelo del Signore, infatti, sceso dal cielo, si avvicinò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come folgore e il suo vestito bianco come neve. Per lo spavento che ebbero di lui, le guardie furono scosse e rimasero come morte.
L’angelo disse alle donne: «Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: “È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete”. Ecco, io ve l’ho detto».
Abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli.
Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!». Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno» (Matteo 28,1-10).


(foto tratta da www.repubblica.it)

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