Non c’è nulla da fare: “Non c’è più cieco di chi non vuol vedere” era il solito finale della nonna-teologa di casa nostra. Il nonno, l’altro cinquanta per cento di saggezza, la irrobustiva, facendosi forza dell’udito: “Non c’è più sordo di chi non vuol ascoltare”. Ricordo d’averli sentiti quando, di fronte all’evidenza, qualcuno ancora dubitava, volendo negare quello che era sotto gli occhi di tutti. Potrebbe aver reagito più o meno così il cieco-nato con gli esperti in autopsia, ch’erano lì a chiedergli: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?» Nessuna gioia di fronte alla sua gioia di vederci, ma solo la voluttà bavosa di saper com’è andata. E lui, rinato a vi(s)ta nuova, pronto a rinfrescare la teologia della nonna: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me l’ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!” Io sono andato, mi sono lavato, ho acquistato la vista». È dire: “Io ci vedo, finalmente: a che serve chiedersi com’è andata? Fate festa con me”. M’intenerisce l’ingenuità di quest’uomo, novello-vedente: davvero pensava che, nel mondo attorno a Cristo, ci fosse qualcuno capace di gioire della felicità dell’altro? Sono troppo impegnati, amico-vedente, a ragionare delle connessioni invece che stupirsi dell’inatteso: «Rabbì – chiedono – chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perchè sia nato cieco?» Sono tutta-testa e poco-cuore, pazzi scatenati.
La Lombardia arde infettata, il Veneto insegue impaurito, l’Italia è sull’orlo: “Chi ha peccato, Rabbì? I lombardo-veneti, i loro antenati?” Nel frattempo della prostituzione-teologica, Dio infrange le regole (i decreti governativi del sabato) e s’inginocchia. Contaminandosi di saliva: «Sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò sugli occhi del cieco». Mentre il mondo, attorno a Cristo, guarda il male e s’interroga sulle sue connessioni, Cristo s’inginocchia e frantuma il Male. «Siamo polvere, terra, argilla – è di Papa Francesco nel Mercoledì delle Ceneri – ma se ci lasciamo plasmare dalle mani di Dio diventiamo una meraviglia». Dio, nel Vangelo, ha immesso un principio di realtà nella storia: a volte bisogna dare un giusto peso all’evidenza. E arrendersi non è una debolezza, è una scelta. È inutile anche arrendersi, a dire il vero: “Tanto l’evidenza continuerà ad infierire”, potrebbe rispondere il cieco nato. Dunque, che fare? «Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Il fatto è che «Dio è l’invisibile vivente» scrisse il gran genio di Victor Hugo. È l’invisibile: per questo tanti arrancano nel credere alla sua evidenza. È il vivente, però, l’invisibile-vivente: è all’opera, sta in mezzo alla contaminazione, è tutto infettato di umanità. Mentre il mondo è infettato dai decreti, appelli e cavilli: “È sabato! Chiamate subito a rapporto i suoi genitori! È un eretico!” Fatto sta che il pregiudizio vede soltanto ciò che gli pare, non vede ciò che è evidente: non s’accorge dell’uomo guarito, si scervella a chiedersi chi sia stato a guarirlo. Perché quell’eretico l’ha guarito senza chiedere permesso a loro, i tutori dell’ortodossia? La gelosia è la forma più evoluta di cecità: acceca.
Il cieco, da parte sua, non sa fare altro che gioire. Continua a ripetere loro ciò che è evidente a tutti, sotto gli occhi-ciechi di tutti: “Prima ero cieco, adesso ci vedo: cosa volete che vi dica più di così?” Con l’aggiunta, ch’è tipica di chi era peccatore e, una volta perdonato, accetta d’andargli appresso: «Volete anche voi, forse, diventare suoi discepoli?» Detto dal cuore, tanto che «l’insultarono e lo cacciarono fuori». Un modo, tipicamente ecclesiale, di dire: “Hai ragione, noi lo vediamo che hai ragione. Ma non possiamo dirti che hai ragione, siamo stati chiari? Vattene, prima che ti accechiamo un’altra volta!” Minacciano, gli untori di occhi. Peccato che, appena fuori città, ad attenderlo ci sia il Dio-oculista: «E tu credi nel Figlio dell’Uomo? È Colui che ti parla». Eccolo, l’apprendista-vedente: «Credo, Signore!» Non tutte le galere hanno sbarre e cancelli. Le più disumane sono le più difficili da evadere: non sappiamo manco d’esserci dentro. I farisei, tutto orecchi: «Siamo ciechi anche noi?» (cfr Gv 9,1-41) È annunciazione di prossime guarigioni?
(da Il Sussidiario, 21 marzo 2020)
Passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio. Dobbiamo compiere le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può più operare. Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo». Detto questo sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe (che significa Inviato)». Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, poiché era un mendicante, dicevano: «Non è egli quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli chiesero: «Come dunque ti furono aperti gli occhi?». Egli rispose: «Quell’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: Va’ a Sìloe e lavati! Io sono andato e, dopo essermi lavato, ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov’è questo tale?». Rispose: «Non lo so».
Intanto condussero dai farisei quello che era stato cieco: era infatti sabato il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come avesse acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha posto del fango sopra gli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri dicevano: «Come può un peccatore compiere tali prodigi?». E c’era dissenso tra di loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu che dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non vollero credere di lui che era stato cieco e aveva acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite esser nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori risposero: «Sappiamo che questo è il nostro figlio e che è nato cieco; come poi ora ci veda, non lo sappiamo, né sappiamo chi gli ha aperto gli occhi; chiedetelo a lui, ha l’età, parlerà lui di se stesso». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età, chiedetelo a lui!».
Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quegli rispose: «Se sia un peccatore, non lo so; una cosa so: prima ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero di nuovo: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non mi avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Allora lo insultarono e gli dissero: «Tu sei suo discepolo, noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo infatti che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo è strano, che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Ora, noi sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma se uno è timorato di Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non s’è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non fosse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e vuoi insegnare a noi?». E lo cacciarono fuori.
Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori, e incontratolo gli disse: «Tu credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Tu l’hai visto: colui che parla con te è proprio lui». Ed egli disse: «Io credo, Signore!». E gli si prostrò innanzi. Gesù allora disse: «Io sono venuto in questo mondo per giudicare, perché coloro che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo forse ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane» (Gv 9,1-41).