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Stanotte, Papa(‘) Francesco ti ho sognato: eri di un’evidenza manifesta. E, vicino a te, splendeva la lampada di Maria. Ti ho visto uscire, a passi felpati, da Casa Santa Marta. «Ave Maria, gratia plena, Dominus tecum» ripetevi con il tuo inimitabile accento argentino. Lei, appena davanti, ti spalancava le porte: erano tutte blindate. Siete usciti nella Piazza San Pietro, fin sotto quell’obelisco che, a me, è sempre parso un indice puntato verso l’Alto. La piazza era vuota, deserta, insolitamente in stato d’assedio. E lì, nel mezzo, ti sei inginocchiato a terra. Sei stato lì a lungo, in silenzio, a mani giunte, con quel tratto mistico che ritrovo in te quando preghi. Sei stato lì, mentre tutto il mondo – dentro casa – ti seguiva. Sul tuo volto, il volto di Pietro, stavano puntate milioni di telecamere, i giornalisti tutti in silenzio, attoniti e muti. Il mondo, saputo che eri in Piazza, si è fermato tutto a guardarti. E, guardandoti, a guardare Lui. Tu, lì in ginocchio, facevi da ponte: ti chiamano Pontefice, non è per caso. Pontefice-massimo: molto più, dunque, del ponte di Brooklyn o di quello che sorgerà a Genova. Sei Ponte-di-Dio. E da lì, mentre pregavi, vedevo Maria tenerti la mano sulla testa. E’ il gesto che tante nonne, al Nord-Italia, fanno sui loro nipoti prima che escano di casa: “Che la Madonna ti tenga una mano sulla testa” dicono. Come dire: Và e torna, t’aspetto! Dio, lassù, non è mi è mai parso così vicino a te. Ricordi quando, in un momento buio, mi raccontasti di quella pagina del Deuteronomio che a te tanto piace: «Infatti, qual grande nazione ha la divinità così vicina a sé, come il Signore nostro Dio è vicino ogni volta che lo invochiamo?» (Dt 4,7) Mosè, nella lettura prima di oggi, ha battuto sulla roccia ed è sgorgata l’acqua che ha fugato ogni dubbio.
Oggi, all’Angelus, hai ringraziato sacerdoti e vescovi per la creatività che, in questi giorni a-rischio-naufragio, il buon Dio ci ispira, per non abbandonare il popolo a noi affidato. Però, credimi, non basta: andava bene come misura emergenziale, ma qui siamo in guerra. Ci salverà il contatto diretto con Dio, non più lo streaming. Non basta più: ci servi Tu, con la tua attrezzatura di Pontefice e Pompiere. “Diavolo d’un pretaccio – immagino mi dica com’è tuo solito – cosa dovrei fare io: sono un peccatore-perdonato, come te!” Tu, Papa(‘), hai un supplemento di Grazia rispetto a me. Non sono certo io a doverti suggerire cosa fare: l’ispirazione ti è garantita da Dio. Un Dio che, più di una volta, affida all’esile voce dei sogni le sue lettere. Vedessi che un prete-peccatore può essere suo postino, fai così: scegli un giorno, una data simbolica, significativa, a un’ora stabilita per tutta la Chiesa, perché il mondo si fermi – come una Statio Orbis – e tutte le televisioni, gli obbiettivi, le sale stampa, le comunicazioni del pianeta puntino la telecamera sul Papa, sul Vicario di Cristo che implora Dio perché liberi il mondo da questo male contagioso e da tutti i mali. E il Papa entrerà in ogni casa del mondo, come in quell’indimenticabile 13 marzo 2013! A chi dice: «Dov’è il Papa?»! rispondi con la Tua presenza: sei il “ponte” tra cielo e terra, una terra che languisce – è il mondo evoluto a languire – mentre Tu, venuto dal Sud del Mondo, ci mostri che questa prova sta segnando sulla nostra carne cosa significhi il dolore di popoli che soffrono da secoli. Questa terra malata deve alzare gli occhi al Cielo e credere di avere bisogno solo di Dio, e convertirsi a Dio! Una Statio Orbis, Papa Francesco, nulla di meno.
Una Statio Orbis planetaria. Tu, da solo, in Piazza San Pietro, mentre tutte il mondo è deserto e gli uomini stanno tutti chiusi nelle loro case, spaventati dal contagio. D’essere loro stessi causa di contagio: untori e vittime nel medesimo tempo. Alza la tua voce, la tua preghiera, la tua intercessione: implora a Dio di venirci in soccorso! La prova di questo contagio sta aprendo i cuori, le menti di tanti verso Dio. Tu sei l’uomo “più grande” della Terra: il Vicario di Cristo. Ferma il mondo, la Chiesa intera, perché il mondo innalzi mente e cuore verso Dio! Ti supplico, Papa(‘).
Fai presto! Hai l’attrezzatura migliore per spegnere questo incendio!

Se tutto questo, ai tuoi occhi, apparisse una semplice allucinazione di un prete-da-galera, lascia pure perdere: ancora una volta avrai visto giusto tu. Però ci tenevo, dopo aver pregato queste parole nell’eucarista che ho celebrato in carcere all’alba, a condividerle con te. Spartendole con chi, assieme a me, guarda a te come a guida sicura.

don Marco Pozza
parroco della Casa di Reclusione “Due Palazzi”  di Padova

PapaViaDelCorso

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