E’ follia per un agnello parlare di pace ad un lupo: “Mostrati un po’ debole: ti faranno a pezzi, puoi starne certo” mi ha detto un giorno uno dei miei ragazzi in galera. Uno di quelli che per la società è un lupo cattivo: «Se si vive in mezzo ai lupi – era convinta Nikita Kruscev – si deve agire come un lupo». A me lo disse, che detesto il lato debole del mio carattere, quella parte di me che ha sempre bisogno dell’altro. Capita, un giorno, che la storia si capovolga: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo». E il Verbo di Dio si fece agnello e venne a piantare la sua tenda in mezzo ai lupi. A Betlemme, la terra dei lupi cattivi e degli agnellini appena nati, nacque l’Agnello di Dio: ancora oggi, ad oltre duemila anni di distanza, quel belato è cagione d’irrequietezza, di misteriosa fascinazione. Si abbassò, proprio Lui che stava in alto, giù in basso: così in basso che l’uomo, vedutolo, non lo riconobbe. I potenti lo canzonarono: “Nell’impero di Roma, ecco l’agnello ingenuo che vuole togliere il potere ai lupi”, dissero tra sé. Che volesse togliere qualcosa fu subito chiaro a tutti: a non tutti fu chiaro, però, che cosa Lui volesse togliere dal mondo: gli òneri o gli onòri?
Non sono i nostri nemici a spaventarci, ma i nostri punti più deboli. Fu così che venne al mondo Dio: bambino, agnello, in panne. “Non è buona educazione presentarsi a casa di qualcuno con le mani in mano” insegnano i vecchi quassù in montagna. Lui, invece, si presentò a mani vuote, con la bocca chiusa, quasi sottovoce, in punta di piedi. Non portò nulla, aveva in cuore di portare Se stesso e dunque portò tutto: il Tutto di cui necessitava il mondo in-panne. Invece che le parole, portò la sua presenza: la fece nascere, crescere, maturare. Poi, nell’ora esatta, si incamminò verso la sua mèta. Chi, vedendolo passare, lo riconobbe, gridò al mondo non tanto il nome (lo potevano sapere tutti), quanto il motivo per il quale era venuto al mondo: «Ecco colui che toglie il peccato del mondo». Son due i giorni da memorizzare negli archivi del cuore, un doppio compleanno: che si ricordi pure il giorno in cui si è venuti al mondo. Ci si augura di ricordare anche il giorno in cui si scopre perchè siamo venuti al mondo. Mica è la stessa cosa vivere da dannati o da amati, da abitanti o da campeggiatori. Costui, che tutti già sapevano si chiamasse Gesù, il motivo per il quale era venuto quaggiù lo svelò il cugino: per togliere il peccato del mondo. Venne, dunque, per togliere e non per aggiungere: fu un Dio-di-sottrazione, agnello guerrafondaio, la rovina di Satana ch’è il vero peccato del mondo. La più grande rovina in circolazione.
Aggiungere son capaci tutti: “Aggiungi un posto a tavola, che c’è un amico in più”. La cosa difficile è togliere, sottrarre il superfluo per liberare il necessario: sottrarre, estirpare, sradicare, levare son tutti verbi di estrazione, azione, fatica, di scavo e profondità. Ci vogliono anni per imparare a scrivere, ma non basta la vita intera per imparare a cancellare. Figurarsi a togliere, magari strappando: “Il fatto è questo: vorrei cancellare alcuni errori come fa una gomma con le parole, ma la vita non è mai scritta a matita” ha scritto una ragazza sul profilo di twitter. Anche se si potesse cancellare quello che abbiamo scritto, rimarrebbe fissa la pena patita: «La gomma da cancellare in cima alla matita riflette l’esitazione e l’imperfezione di tutte le cose» (M. Weidhorn). Venne dunque Lui, per compiere giusto quello che per noi pare impossibile: per fare le cose impossibili. Il mondo era stato avvisato prima del tempo, nella notte dei tempi: “Mondo avvisato mezzo salvato”. Chi Lo riconobbe, non ebbe dubbio alcuno in merito: «Io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio» (cfr Gv 1,29-34). Che questi è l’Agnello di Dio, colui che asporta il peccato dei lupi dal cuore degli agnelli. L’età ci insegna a riconoscere i lupi cattivi, non ad evitarne il fascino: per togliere quel fascino-bastardo venne al mondo Dio. “Eccolo là!” Ascoltate me, seguite Lui.
(da Il Sussidiario, 18 gennaio 2020)
In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».
Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio» (Giovanni 1,29-34).
Dal 17 gennaio 2020, in tutte le librerie, il nuovo libro di Marco Pozza dal titolo “Il balzo maldestro” (San Paolo)
«Quella cristiana è la storia del riscatto da un sequestro: Satana sequestra l’uomo, Dio paga di persona per liberarlo. È una storia che si intreccia con l’autobiografia dell’autore, scandita da un’originale rilettura dei complementi di luogo imparati alla scuola elementare. Dal giardino dell’Eden alla gattabuia del Demonio, andata e ritorno, è l’indicazione dell’eterno viaggio della speranza. Poiché tutto può il demonio, ma non cancellare dal cuore la nostalgia di Dio. Nulla hanno ancora potuto stragi, graticole, ripicche: la sua memoria è dappertutto. Basterà poco, il bisbiglìo di un Mistero, per risvegliare nell’uomo il sapore del Cielo. Accadrà come per le anatre domestiche, al tempo delle migrazioni: attratte dal grande volo triangolare delle anatre selvatiche di passaggio, esse «abbozzano un balzo maldestro», disprezzando per un istante il pollaio. Seguendo questa intuizione, suggerita da quello straordinario maestro della narrazione che è Antoine de Saint-Exupéry, Marco Pozza, in questo suo nuovo libro ricchissimo di suggestioni, ci racconta una storia che parla di anatre, di gazzelle e di deserti. Di un sequestro e del suo riscatto. Di una Cittadella da (ri)costruire, oggi più che mai, nel cuore dell’uomo» (dalla quarta di copertina).
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