Tarchiatello, basso di statura, un po’ cafone come chi detiene una fetta di comando da esercitare: a fidarsi delle pennellate evangeliche, Zaccheo non era certo la celebrazione della bellezza. Figurarsi della nobiltà: si era fatto ricco a spese degli altri, frodando più o meno legalmente: «Un uomo al quale il potere dà alla testa – scrive Henry de Montherlant – è sempre ridicolo». Ancora di più se, per vedere passare l’Uomo ch’è sulla bocca di tutti, si arrampica su un sicomoro: è alla mercè degli sguardi di tutti. La sua biografia, qualora volessimo scriverla, ha già il titolo di copertina: “La dis(avventura) di uno sguardo”. Tutto parte dal sentirsi uno sguardo addosso, più sguardi addosso. Se non c’è quello non c’è niente, noi torniamo ad essere delle particelle inutili. Gli sguardi della gente: “Guarda chi è quello sull’albero! Vedrai che prima o poi la pagherà. Maledetto strozzino, cane ramengo!”. Il suo passato è nella memoria di tutti, sotto gli occhi di tutti: il suo presente, però, è solo suo. Anche il futuro, che lui vorrebbe diverso dal passato.
Quando Cristo passa, Zaccheo lo sta fissando da tempo: pur strozzino, gli va dato merito d’avere acceso in lui il desiderio della vista. E’ il Cristo-viaggiatore, però, a fare la grande differenza. Poteva proseguire a testa-bassa, con il paraocchi tra la folla, tutto affaccendato nei suoi pensieri. Invece si arresta e trova il tempo di uno sguardo all’insù, giusto là: «Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo». A volte ci sono parole che non dicono niente, sguardi che dicono tutto: «Zaccheo, scendi subito, perchè oggi devo fermarmi a casa tua». Sul sicomoro la salvezza è uno specchio: Zaccheo guarda Cristo, Cristo Zaccheo, i due si squadrano con gli sguardi. Avesse proseguito diritto, Zaccheo avrebbe visto Cristo: e basta. La magia di quell’attimo abita nel fatto che Cristo guarda Zaccheo: e, guardandolo, gli fa la grazia di vederci meglio. Possiamo avere tutti i mezzi di comunicazione del mondo, ma niente, assolutamente niente, sostituisce lo sguardo dell’uomo. Zaccheo, lassù, è un morto-che-cammina: «Scendi subito». Cristo ha fretta: chi sta male non può attendere. Zaccheo «scese in fretta»: qualora manchi la gioia, come credere al ravvedimento? Quello sguardo l’ha risuscitato: «Lei mi guardava sempre in quel modo, con quello sguardo, sapevo di esistere. Mi sentivo vivo» (dal film Super 8).
L’amore non nega la realtà, la trasfigura: «Scese in fretta, lo accolse pieno di gioia». Dentro-casa, non fuori, in mezzo alla gente chiacchierona: ci sono cose che non si possono discutere in pubblico. Sono cose che necessitano della giusta confidenza, della massima segretezza. E’ in casa che Zaccheo si confessa, è dentro casa che Cristo gli dà appuntamento: fuori c’è troppa voglia di gogna, dentro si respira aria di vergogna. Così la casa del farabutto diventa il confessionale della grazia: «Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri (…) restituisco quattro volte tanto». Si alza in piedi l’uomo-risorto, il suo passato non lo soffoca più: «Zaccheo si alza e confessa al Signore, alla presenza delle turbe, che è un ladro – scrive don Primo Mazzolari -. lo sapeva anche prima, ma ora lo sa in maniera che non può continuare nel mestiere, mentre in passato riusciva anche a vantarsene». E’ un uomo nuovo, Zaccheo. E mette la firma al suo testamento, mentre è ancora nel pieno delle forze: farlo in punto di morte è facile, la morte lo fa sembrare una sorta di riparazione. Farlo da vivi è salvarsi.
A guardalo dal basso verso l’alto, lassù sul sicomoro Zaccheo pareva una cornacchia: “Chissenefrega – avrà pensato – Riuscire a vedere quell’Uomo vale il rischio d’apparire ridicolo!” Sempre così: chi si sente peccatore ha la salvezza sulla punta del naso. «Oggi per questa casa è venuta la salvezza». Il mafioso di Gerico è stato beatificato. Dopo questa storia non temo più che Cristo non passi per la mia strada: temo che passi senza che io lo veda. Senza che me ne accorga.
In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto» (Luca 19,1-10).