lebbroso
Probabilmente erano stati visti da tante persone. Persone che, vedendoli, avranno fatto finta di non vederli: “Non c’è più cieco di chi non vuol vedere” dice la gente del mio paese. Quando passa Lui, il Camminatore di Galilea, quei dieci lebbrosi-maledetti si mettono a gridare, pur restando a debita distanza da Lui: «Gesù, Maestro, abbi pietà di noi». E Lui più che vederli, li guarda: vedere è sapere quanti sono i colori, guardare è improvvisarsi pittore. Con l’arnese dello sguardo, poi, li guarisce tutti e dieci in un colpo solo, senza toccarli. Potenza del santo, mestiere di Dio: «Non importa tanto quello che vediamo – scrive Seneca -, importa piuttosto il modo con cui vediamo». La carne è stata sanata, la lebbra è scomparsa, i corpi putrefatti son tornati ad essere fusti d’appetito per l’occhio.
Tutti a guardarsi le ferite sanate: “Che colpo di fortuna che proprio oggi Lui passasse di qua (mima il gesto della fortuna). Almeno un po’ di buona-sorte anche per noi dopo tutta questa sfiga. Senti che pelle, pare persino sia finta (si leviga l’avambraccio): prima parevo una carogna viaggiante!” Tutti, meno uno: è lì a cercare il guaritore, già non gl’importa più della guarigione. E adocchiatolo gli va incontro: «Tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo». Ironia della sorte: «Era un samaritano», lo sfigato, il reietto, il foresto. Gli altri nove laggiù in fondo, a spartirsi la gioia per la malattia scomparsa: “Finalmente anche noi possiamo dire: prima-noi”. Il foresto – “non è dei nostri, non partecipa alle adunanze, non è tesserato” – torna da Lui, alla sorgente, per dire grazie. Li conosce bene gli uomini il Cristo-guaritore: che li conoscesse da tutta l’eternità è un fatto che sconcerta per troppa gioia, dopo il parto di Betlemme li conosce più carnalmente, essendosi fatto uomo pure Lui. Il che, badate bene, non toglie al Cristo la capacità di stupirsi dei dettagli: «Non ne sono stati purificato dieci? E gli altri nove dove sono?». Li aspettava, chiaro. Non per sentirsi dire: “Grazie, senza di te saremmo stati dei falliti. Meno male ci hai pensato tu: eravamo carogne ambulanti. Sei grandissimo, Gesù!”. No, non li aspettava per raccogliere elogi: li aspettava perchè c’era dell’altro per loro. Che la guarigione fosse già stata tanta-roba pare chiaro, ma c’era un di più per loro. Cristo, guarendoli, aveva aperto la strada: l’avessero percorsa tutta, avrebbero guadagnato il doppio di quello che già riempiva il loro cuore. Guarire è tanto, ma essere salvi è tutto: «Alzati e và; la tua fede ti ha salvato». L’ammalato è in piedi accanto al Guaritore: «In piedi e vicini si sta meglio – scriveva don Mazzolari ne Il compagno Cristo -. Sta meglio anche il più forte, perchè lo star sopra ad un altro, per tenerlo a terra non è una positura comoda e ci stanca, ci si sfibra e si vive male». La vita non è una partita di pugilato.
Nessuna ripicca da parte di Cristo. Lui ha sempre ribadito di guadagnarci assai tutte le volte che non ci guadagna assolutamente nulla: è il guadagno dell’essere stato un servo inutile, tutt’altro che fannullone. Il rimpianto è per i nove: si sono accontentati d’essere guariti, potevano diventare salvati in un colpo solo. “Finalmente potrò tornare ad indossare le vesti corte: la pelle non fa più schifo. Senti che goduria: adesso voglio vedere cosa diranno quando mi vedranno nuovo-di-stecca, sembro uscito da un chirurgo plastico. T’immagini con quella che ieri manco mi guardava?” Sono discorsi di gente con gli occhi in giù, a guardare il dito scordandosi la luna. Solo un samaritano ci vede bene, segue il dito e arriva alla luna: «Tornò indietro lodando Dio a gran voce». Ritornò per il suo grazie: «una sola parola, logora, ma che brilla come una vecchia moneta: “Grazie!”» (P. Neruda). Cristo ha bisogno di pensieri semplici: “Ti voglio bene. Grazie. Ho sbagliato. Scusa. Mi manchi”. Una persona grata è grata in ogni circostanza. Un’anima che si lamenta, si lamenta anche se vive in paradiso.

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!» (Luca 17,11-19).

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