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“Da grandi poteri derivano grandi responsabilità.”
Per chi, come me, è appassionato di fumetti e di cinema, questa è una delle frasi più iconiche della storia dei supereroi. Una piccola perla di saggezza che non è riducibile ad una semplice massima da citare, per darsi un tono, ma è un vero e proprio modo di affrontare la realtà che ci circonda.
Più hai possibilità di “fare”, più è tua responsabilità agire di conseguenza per rendere migliore il mondo in cui vivi. L’inerzia e la pigrizia non sono ammesse. Invece la paura, i dubbi e le indecisioni sono parte del viaggio, parte del bagaglio di umanità che ti contraddistingue e scopo del cammino è anche imparare ad accettare e districare questa ingarbugliata parte di te stesso, perché tu possa diventare una persona migliore.
Sono giorni, questi, in cui un gruppo di supereroi sta spopolando nei cinema di mezzo mondo, Italia ben compresa nella lista. Se ne interessano adulti e bambini e mentre i primi, il più delle volte, sono in possesso di determinate chiavi di lettura per interpretare i loro comportamenti, i secondi spesso manifestano lo stupore tipico di chi ancora divide il mondo in soli buoni o cattivi, tralasciando le innumerevoli sfumature nel mezzo. E fu così che qualche giorno fa venni chiamata a far da giudice ad una diatriba sui personaggi in questione: discussione seria, mica bruscolini, c’era in palio la carica di “segretario di classe”, una delle più alte onorificenze giornaliere. Emesso il verdetto, ecco arrivare la domanda fatale, posta con genuino interesse, che mi ottenne il miracolo di generare immediato silenzio e subitanea attenzione da parte di tutta la classe.
“Maestra, ma si può credere sia in Gesù che nei supereroi?”
Tralasciamo per ora la doverosa differenza tra la realtà storica dell’annuncio cristiano e il mondo immaginario di cinema e fumetti. Alzi la mano, poi, chi da bambino non ha mai avuto nemmeno un personaggio di fantasia come modello da ammirare o cui ispirarsi.
Quanti si scandalizzeranno, ora che dico che la risposta alla domanda è un “sì” netto?
Prima di stracciarvi le vesti e additarmi per blasfemia, aspettate: fermiamoci qualche attimo a riflettere.
Chi è, innanzitutto, il supereroe?
Secondo il dizionario Treccani è un “personaggio immaginario […] dotato di forza muscolare, di capacità sensoriali e talvolta di capacità intellettuali straordinarie e sovrannaturali, che si assume il compito di proteggere l’umanità […]”
E’ insomma qualcuno che può fare ciò che altri non sono in grado di compiere e che mette a disposizione la propria persona e le proprie capacità per aiutare l’umanità intera e mai per proprio tornaconto personale, mettendo a repentaglio la propria vita se necessario. Se mentre state leggendo questa frase qualcosa vi suona familiare, siete sulla strada giusta. Secondo questa accezione Gesù rientra in pieno nella categoria. I doverosi distinguo, per non rischiare di appiattire la sia figura ed il suo messaggio, sono solo momentaneamente posti da parte ma mai dimenticati (meglio precisare, non si sa mai!)
Gesù è allora il supereroe dell’Amore.
Quello con la A maiuscola, che racchiude in sé un’eternità fatta Misericordia. Che sa spogliarsi della propria divinità per farsi mani che sanano, consolano, abbracciano; per farsi sorriso che ama, voce che chiama, sguardo che assolve; per farsi carne che si lascia trafiggere su una croce e mettere in un sepolcro. Per farsi Amore che non si lascia vincere dalla morte, ma risorge promettendo lo stesso destino a tutti coloro che egli ama, a tutti i suoi fratelli.
Il bello non finisce qui, perché nella carne di Cristo ci siamo anche noi, come più volte esplicitato da Gesù stesso e da san Paolo. Il destino da supereroi, allora, non solo può essere anche il nostro, ma è ciò per cui siamo stati creati sin dal principio: nella cura verso gli altri e verso il mondo, nell’amore gratuito che ha a cuore il fratello, chiunque esso sia.

 

Fonte Immagine: Velasco Fano.

Vicentina, classe 1979, piedi ben piantati per terra e testa sempre tra le nuvole. È una razionale sognatrice, una inguaribile ottimista ed una spietata realista. Filosofa per passione, biblista per spirito d’avventura, insegnante per vocazione e professione. Giunta alla fine del liceo classico gli studi universitari le si pongono davanti con un bel dilemma: scegliere filosofia o teologia? La valutazione è ardua, s’incammina lungo la via degli studi filosofici ma la passione per la teologia e la Sacra Scrittura continua ad ardere nel petto e non vuole sopirsi per niente al mondo. Così, fatto trenta, facciamo trentuno! e per il Magistero in Scienze Religiose sfida le nebbie padane delle lezioni serali: nulla pesa, quel sentiero le sembra il paese dei balocchi e la realizzazione di un sogno nel cassetto. Il traguardo, tuttavia, è ancora ben lontano dall’essere raggiunto, perché nel frattempo la città eterna ha levato il suo richiamo, simile a quello delle sirene di omerica memoria. Che fare, seguire l’esempio di Ulisse e navigare in sicurezza o mollare gli ormeggi e veleggiare verso un futuro incerto? L’invito del Maestro a prendere il largo è troppo forte e troppo bello per essere inascoltato, così fa fagotto e parte allo sbaraglio, una scommessa che poteva sembrare già persa in partenza. Nei primi mesi di permanenza nella capitale il Pontificio Istituto Biblico sembra occhieggiarla burbero, severo nei suoi ritmi di studio pazzo e disperatissimo. Ci sono stati scogli improvvisi, tempeste ciclopiche, tentazioni di cambiare rotta per ritornare alla sicurezza del suolo natio. Ma la bilancia della vita le ha riservato sull’altro piatto, quello più pesante, una strada costruita passo dopo passo ed un lavoro come insegnante di religione nella diocesi di Roma. L’approdo, più che un porto sicuro, le piace interpretarlo come un nuovo trampolino di lancio, perché ama pensare che è sempre tempo per imparare cose nuove.

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