Tutte le favole sono ambientate nei boschi. Quelle che non nascono lì, nei boschi andranno a cercare approdo, affittarsi uno spazio. «Al sindaco di Rocca Pietore» è l’indirizzo di una lettera autografa scritta e imbucata a Mira. Mira (VE) è terra veneta che si allunga verso l’Adriatico; Rocca Pietore (BL) è terra veneta che s’aggrappa alla maestà delle Dolomiti. Dalle acque dell’Adriatico alle rocce dolomie della Marmolada. E’ una terra strana il Veneto: è un nome, ma è anche un profumo, un’emozione. Non è il nome di un pianeta, di un continente, manco di una federazione. Chi nasce da queste parti, è contento d’essere nato veneto, perchè a guardare il tempo, quello passato, gira la testa: la storia va a ritroso di millenni. E nel corso dei millenni battaglie, carestie, pestilenze. Sangue, lacrime e ferite. Guerra, morte, resistenza. Il sangue e la follia. Redipuglia, Bassano del Grappa, Asiago: ponti, sacrari e cimeli. Qualche giorno fa la natura – per chissà quale rivendicazione – ha fatto i capricci: ha sganciato la tempesta, reso furiosi i venti, spaccato la schiena agli alberi. Un elefante in un negozio di gioielli: qui, in questo lembo di terra italica, i gioielli sono gli alberi. Tanti alberi fanno un bosco, e i boschi sono nuvole che fanno da tappeto. Da tetto, sono il nostro ombrello.
Hanno pianto gli alberi, piangiamo con loro: in fatto di cuore, nessuno mai riuscirà a farci sentire foresti a casa nostra. Siamo la nostra terra: «Sono Achille Marigo, ho nove anni e abito a Mira (VE)». Al sindaco di Rocca Pietore, boschi-piangenti, scrive un bambino. Cresciuto con l’odore dell’acqua di mare, sogna i boschi di lassù: «Mi piace molto andare in montagna». La montagna, però, facendo la burbera ha rattristato anche i bambini di mare. Che, sangue-veneto, non conoscono la resa: «Mi dispiace per quello che è accaduto, vorrei rivedere le montagne con i boschi perchè da grande mi piacerebbe entrare nel Corpo Forestale». Pensando ai boschi, quel bambino si sta organizzando il suo futuro. Il futuro, però, non calerà improvviso. Lui lo sa: è il frutto di ciò che oggi, anche solo desiderandolo, siamo capaci di tracciare. Di dargli forma, seppur bambina, apparentemente ingenua. Siccome gli dispiace – e gli dispiace tanto perchè è in gioco il suo futuro – allora decide che il suo futuro è oggi. Mette le sue mani in pasta, ch’è metterle in tasca: «Vi dono un aiuto con i miei risparmi». E vi allega una banconota da cinque euro. Chissà se domenica scorsa Achille avrà varcato la soglia di qualche chiesa. Lì dentro, ad uomini e donne devotissimi, l’Uomo di Nazareth spiegò che le due monetine della vedova battevano mille-a-zero le banconote dei farisei: «Tutti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei, invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva per vivere» (cfr Mc 12,38-44). La politica ha promesso di stanziare milioni di euro: per lei, però, son soldi-foresti, dunque superflui. Achille non ha fatto promesse, ha dato tutto quello che i suoi risparmi gli concedevano: cinque euro. Il tutto che aveva in quell’attimo.
Poi ha messo, in calce, la sua firma. Corredata di nobiltà: «Cordiali saluti, Achille Marigo». Cordiale è aggettivo cardiaco: deriva da cor/cuore, è avvisaglia che dentro quel gesto c’è il cuore, non solo ragionamenti, fondi da stanziare. Un giorno, magari, Achille leggerà qualcosa di Esiodo. E scoprirà che solo un poeta può capire il suo cuore di bambino: «Se aggiungi poco al poco – scrive Esiodo -, ma lo farai di frequente, il poco diventerà molto». Nei bar di città a qualcuno verrà da dire: “Pensa di cambiare il mondo con cinque euro?” Certo che non cambierà il mondo (che ne sappiamo noi, comunque!). Però, anche solo per un istante, ha tramutato in allegrezza l’amarezza di un sindaco, la solitudine di una comunità abbandonata dalle pagine della stampa. Mario Rigoni Stern, se fosse vivo, l’avrebbe chiamato. Per dedicargli, forse, dolcissime parole, come a Tonle Bintarn, protagonista di un suo romanzo fatto di boschi, abeti, ritorni.
In Veneto i minuti sono contati. Anche la rassegnazione ha i minuti contati: sono già scaduti dall’inizio.
(da Il Sussidiario, 15 novembre 2018)