Nella nostra vita quotidiana, sono tante le cose che diamo per assodate, senza renderci conto di quale dono sia il poter contare su di esse.
Se facciamo un viaggio, diamo per scontato di muoverci liberamente, nei luoghi che più ci attraggono e, quando ne siamo stanchi, facciamo ritorno alla nostra routine abituale.
Se siamo studenti, abituati ad alzarci ogni giorno per andare a scuola, pensiamo che l’unico evento che possa turbare la nostra routine scolastica sia l’influenza: ci è difficile pensare ad altre eventualità. Quando viaggiamo per andare a trovare i parenti, il nostro maggiore terrore è la noia, che iniziamo a subodorare, già al solo annunziare tale viaggio.
Menoona ha vissuto un’avventura un po’ diversa. È una ragazza di 23 anni, che frequentava la quarta superiore nel 2015. Convinta a seguire la famiglia in Pakistan, nel 2017, per far visita ai parenti, le hanno sequestrato i documenti, così da renderle impossibile il ritorno in Italia (dove avrebbero potuto far ritorno autonomamente, avendo essendo maggiorenne e non avendo, quindi, necessità del consenso dei genitori per muoversi liberamente o prendere un aereo), per costringerla a sposare un uomo scelto dai genitori. Di recente, grazie ai tentativi riusciti della ragazza nel contattare i suoi amici in Italia, la Farnesina si è interessata al suo caso e, in collaborazione con l’ambasciata italiana ad islamabad, ora la ragazza sta tornando in Italia.
Quando ci sposiamo, poi, tutti speriamo sia per sempre, anche se non per tutti ciò avviene. Quando diciamo “finché morte non ci separi”, non pensiamo che essa possa arrivare in breve tempo. Quando ci nascono dei figli, diamo per scontato che saranno sani, che cresceranno e che ci daranno gioie e dolori, ma che, comunque, li vedremo crescere.
Il processo di canonizzazione di Chiara Corbella Petrillo è iniziato venerdì scorso, in San Giovanni in Laterano (RM). Conoscere la storia di Chiara mette i brividi addosso. Il pensiero più superficiale è sempre che sfiga. Eppure, a ben vedere, è proprio una prospettiva sbagliata. Chiara conosce il (futuro) marito Enrico a Međugorje e, dopo sei anni di fidanzamento, si sposano. Sono una coppia come tante, che affrontano l’amore con la forza della giovinezza, tra qualche bisticcio ed incomprensione e l’intuizione di seguire il progetto di Dio sulla loro unione. Nel 2008 e nel 2009 due gravidanze dall’esito tragico: Maria Grazia Letizia e Davide Giovanni muoiono entrambi poco tempo dopo il parto. Le patologie dei due figli non hanno alcun legame tra di loro, come escluso dai successivi test genetici. Il terzo figlio della coppia, Francesco, nasce invece assolutamente sano, nel 2011. Nel frattempo, però, a Chiara è diagnosticato un tumore, che, dalla lingua, si diffonde poi in tutto il corpo. Chiara attende a sottoporsi alle terapie, affinché queste non compromettano la salute del nascituro. È molto probabile che, con materna generosità, questa scelta abbia giocato negativamente sulla possibilità di sconfiggere il tumore (che si diffonde ai linfonodi, ad un occhio, ai polmoni, al fegato): Chiara torna alla casa del Padre il 13 giugno del 2012.
La storia di Menoona ci aiuta a riflettere su tutto ciò che diamo per scontato, ogni giorno. Un tetto sopra la testa, opportunità scolastiche e lavorative. Ma, soprattutto, una parola svaluta ed irrisa, perché – spesso – fraintesa.
Libertà. Libertà di parola, libertà di spostamento, libertà di scelta. Libertà di decidere della propria vita, una volta maggiorenni, nel rispetto delle leggi.
Tutto sommato, siamo fortunati. Perché di italiane portate al paese d’origine per costingerle a sposarsi secondo i desideri familiari non se ne leggono, ormai, da parecchio tempo. Perché di ragazze che studiano sono piene scuole superiori ed università e – per altro – molte volte con risultati scolastici ed accademici anche migliori dei colleghi uomini.
La storia di Chiara, però, ci fa fare un passo ulteriore, nella radicalità della richiesta evangelica, che si dipana nella libertà di una scelta che si fa concreta solo se è vissuta nel nostro quotidiano.
Ciò che commuove tutta Roma, durante le sue esequie, nel 2012, è la soprannaturale serenità che Chiara emana e riesce a coinvolgere persino il marito che, nonostante la commozione, canta e suona la chitarra, come aveva sempre fatto, mentre il loro bimbo assiste, a pochi passi dal papà (anche quest’ultima scelta, del resto, è in forte controtendenza con una certa mentalità che vuole nascondere ai bambini la realtà della morte, come se non fosse – anch’essa – parte dell’esistenza).
Ecco perché è sbagliato etichettare la sua vicenda, anche solo umanamente come sfiga. Al contrario, se c’è una caratteristica che permea la vita di Chiara è la pienezza.
Sembra quasi di sentire risuonare, nelle sue parole e nei suoi gesti, le stesse parole dell’omelia di inizio del ministero petrino di Benedetto XVI:
«Chi fa entrare Cristo, non perde nulla, nulla – assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande. No! Solo in quest’amicizia, si spalancano le porte della vita. Solo in quest’amicizia, si dischiudono realmente le grandi potenzialità della condizione umana. Solo in quest’amicizia noi sperimentiamo ciò che è bello e ciò che libera. Così, oggi, io vorrei, con grande forza e grande convinzione, a partire dall’esperienza di una lunga vita personale, dire a voi, cari giovani: non abbiate paura di Cristo! Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si dona a lui, riceve il centuplo. Sì, aprite, spalancate le porte a Cristo, e troverete la vera vita».
Ecco, questa è la chiave di volta dell’intensa vita matrimoniale, materna ed umana di Chiara Corbella Petrillo. Solo dimenticando questo, si può svalutare l’esperienza forte e significativa di Chiara: alla perpetua ricerca di un senso della propria vita, trovatolo in Cristo, ha avuto il coraggio di dar luogo anche a scelte radicali ed impopolari, perché la vera libertà è quella di seguire la Verità, anche quando richiede adesioni impegnative e controcorrente. Ma tutto ciò non le ha fatto perdere nulla, anzi! Le ha fatto guadagnare una maggiore consapevolezza di una vita intrisa d’amore e vissuta con generosità, fino all’ultima goccia di sangue e sudore. Come Cristo in Croce. Ma, come Lui, anche con una feritoia spalancata sull’Eterno a dare senso anche a quel dolore che rimane pressoché impossibile da comprendere, ma non per questo incomprensibile (in senso assoluto).
Due donne, per essere più donne. In cammino verso la santità. Impossibile da raggiungere solo con le proprie forze. Possibile, perché a Dio nulla è impossibile.
Fonte immagine: Tv2000
Per approfondire la storia di Menoona:
Per saperne di più su Chiara:
Chiara Corbella Petrillo
Tempi.it