Maria entra al tempio: c’è da presentare l’ultimo arrivato. Giunta dalla cugina mentre era al sesto mese, dopo tre mesi assiste alla nascita di Giovanni: nove mesi per Giovanni, nove mesi per l’Emmanuele, nove mesi per ogni bambino. E con lei nel tempio entra il muto Zaccaria scortato dalla “detta” sterile Elisabetta. Lungo la via il confabulare confuso della gente pettegola confonde e si confonde: “sarà forse il Messia?”
I conti non tornano: siamo in terra di Giudea, non a Betlemme. Quella sposa non è vergine: di chi sarà dunque? A Zaccaria gli si scioglie la lingua: l’incredulità di fronte alla potenza dell’Altissimo ha un prezzo altissimo da pagare. Oggi invece parla, racconta, esulta. Celebra le mirabilia Dei. La gente non capisce e s’indispettisce: la curiosità rimane tale, la risposta appartiene a Dio.
Due parenti e un unico destino: essere voce di chi non ha voce, voce che nessuno vorrebbe udire, voce di chi non teme il peso possente di quell’altra Voce. Come profeta Giovanni nasce tardi: l’ultima profezia è già stata presentata. Come discepolo nasce presto: sulle barche di Genezareth i padri stanno ancora tenendo delle lezioni di pesca ai futuri discepoli. Troppo tardi, troppo presto: il tempo giusto per lanciare ciò che non è profezia ma imminente e pressante urgenza: “Voce di uno che grida nel deserto: preparate la strade del Signore, raddrizzate i suoi sentieri” (Mc 1,3).
La parentela col Messia non gli è valsa sconto alcuno: nel deserto dovrà affinare voce, cuore e pensiero. E’ dai tempi d’Israele che il Cielo convoca nel deserto per parlare al cuore: senza distrazioni, senza vesti, senza sconti. Nudi sotto il cielo: faccia a faccia con la Luce. Israele ci entrerà come un’orda di straccioni sfuggiti alle grinfie di un faraone paranoico: dopo quarant’anni ne uscirà con i vestiti a festa di un’alleanza memorabile. Israele: e dopo di lui Elia e la ciurma di profeti. Il Battista. L’Inaspettato: anche Lui. Per quaranta giorni a tu per tu con Satana.
Lo confondono alla nascita, lo confonderanno per tutti i giorni a venire. E lui sempre a dire: “non sono io. Sono voce, sono anticipo, non sono degno”. Mica semplice rifuggire dalla tentazione d’essere Dio, sopratutto quando i presupposti ci sono tutti: basterebbe un cenno, un assenso, un niente e la gente impazzirebbe. La sua voce conquista, la sua persona ammalia e addita, quella predicazione è una come una boccata d’ossigeno.
Invece nulla: umile, deciso, con quel pizzico d’irruenza della profezia. E’ feroce negli appellativi: “Razza di vipere!” (Mt 3,7) E’ imbarazzato di fronte a Lui: “Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?” (Mt 3,14) E’ confuso nella cella della prigione: “Sei tu colui che deve venire,o dobbiamo attenderne un altro?” (Mt 11,3) E’ un uomo strattonato, è una cerniera per il Cielo: tra il prima e il dopo, tra la promessa e la presenza, tra il Vecchio Patto e il Nuovo Patto. Tra il Cielo e la Terra. E’ fedele: “Ecco l’Agnello di Dio!” (Gv 1,36). Lo dice a chi lo acclamava Re, a chi lo additava Messia, a chi ne confondeva i lineamenti: “Non io, Lui dovete seguire”. Come Maria: “Non io, Elisabetta. Ma Dio ha fatto questo”.
La sua testa finì in un bacile, quel dito puntato verso Cristo entrò nella storia: gesto supremo di chi, in disparte, riconosce di non essere Dio. Con l’accredito di un complimento mai duplicato nei secoli a seguire: “Tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista” (Mt 11,11). Parola di Gesù.
Nella casa di Ain-Karim nessuno seppe mai quali confabulazioni si tennero: di certe confidenze il Cielo mostra serbare una femminile gelosia. Ne videro due, ma loro sapevano d’essere in quattro. Senza contare Zaccaria e la servitù. Non due, ma quattro: l’inspiegabile del quale le donne sono capaci. Gli uomini dividono: i confini, i guadagni, le terre. Le donne, invece, moltiplicano: gli affetti, l’amore, la vita.
Il farfuglio della gente appiccicata al muretto della casa ne intravede a malapena due: invece sono quattro, due per due. Lei entra con Lui, Elisabetta l’abbraccia con l’altro. Nessuno seppe mai che in quell’abbraccio femminile s’era nascosto l’abbraccio maschile più ardito e atteso: il mondo della promessa stringeva il mondo della presenza. Uno ci rimise la testa, che finì nel catino, l’Altro il corpo, che pensarono d’arrestare inchiodandolo al patibolo dei malfattori: rimasero fedeli fino alla morte.
In paese, si narra che quando due donne stanno chiacchierando tra di loro è per distruggere una terza: nella casa di Zaccaria due donne confabulano tra di loro per benedirsi a vicenda. Con un sussulto imbarazzante nel grembo: la benedizione diventa promessa, «Non ha un accenno, un guardo, un riso, un atto / che non mi tocchi dolcemente il core; / ah, se fossi pittore, farei tutta la vita il suo ritratto» (E. De Amicis, A mia madre). Le madri e il Cielo: l’imbarazzo di un intrigo secolare.
Quando il Cielo decide di viaggiare in borghese, a poco valgono le investigazioni degli uomini: sopratutto se di mezzo ci sono donne gravide di nascite. Scusate: era un avviso per Erode. Il Tetrarca buffone. E per tutti i suoi seguaci, di generazione in generazione.
(da M. Pozza, L’imbarazzo di Dio, San Paolo 2016)
Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei.
Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome».
Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante si aprirono la sua bocca e la sua lingua, e parlava benedicendo Dio.
Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui.
Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele (Luca 1,57-66.80)