«Tu es Sacerdos in aeternum secundum ordinem Melchisedech» è il ritornello che risuona, in tante chiese, in questi giorni di ordinazioni sacerdotale.
Sconcerta, stupisce, disorienta ed emoziona pensare che, tra i candidati, quattordici anni fa, nel Duomo di Padova, c’eri anche tu.
Difficile immaginare quanti sentimenti potessero turbinare nell’animo, in un giorno tanto importante, capace di essere, letteralmente, giro di boa nella tua vita. Facile intuire che dovessero essere molti, alla vigilia di un giorno che avrebbe cambiato la storia della tua persona e della tua famiglia, domandandoti non l’entusiasmo di quel giorno di festa, bensì quella fedeltà che può rinnovarsi solo giorno dopo giorno, tra mille fatiche, esaltazioni, tentazioni, solitudini, egoismi, gioie, dolori, frustrazioni, soddisfazioni. Perché la vita, compresa quella di un prete, è un mosaico dalle mille sfaccettature, che non può essere racchiusa in una definizione preconfezionata!
Partito bambino, con un sogno gigante in quello zainetto, con il quale sei partito dal tuo Altopiano, ti sei ritrovato, ragazzo, prostrato ai piedi di quell’altare, che sarebbe presto diventato il tuo piano di lavoro, per la costruzione del Regno dei Cieli. Nelle tue mani non saldatori, pinze e motori come il tuo papà, ma pisside, calice, stola e patena. Questi gli attrezzi del mestiere, solo apparente meno impegnativo di tanti lavori manuali e sfiancanti.
Sacerdote, chiamato ad essere ponte tra cielo e terra, portatore del profumo di Cristo nel mondo, dispensatore di misericordia, attraverso i sacramenti (mitigatori della nostalgia della Patria Celeste), per condurre nuovamente ogni uomo al cospetto di quel Padre, che è sempre nostro.
Come sono belli sui monti
i piedi del messaggero di lieti annunzi
che annunzia la pace,
messaggero di bene che annunzia la salvezza,
che dice a Sion: «Regna il tuo Dio» (Is 52,7)
Devi essertene ricordato, da subito, di quanto fosse necessario il cammino. Da sempre, le scarpe ai tuoi piedi sono state da ginnastica e il primo momento in cui poterti incontrare è stato la corsa mattutina.
Là, sulle montagne che ami, le aquile osano volare più in alto di tutti gli altri, riuscendo a scorgere inquadrature mozzafiato, inaccessibili a tutti gli altri animali. Tale è lo sguardo dei profeti, capaci di raggiungere prospettive ulteriori e audaci, rispetto agli altri. Difficile stare al loro passo, ma affascinante seguirne la scia.
Che sia questo il mio augurio per te in questo giorno: la profezia di uno sguardo che sappia andare oltre le apparenze, contagiato dalla purezza dello sguardo di Dio, capace di posarsi su ciascuna creatura come se fosse, in assoluto, l’unica esistente su tutto il pianeta.
Auguri di cuore, don Marco: buon 14° anniversario d’ordinazione sacerdotale!