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La prima lettura, tratta dal profeta Isaia, è contenuta nella terza parte di quel testo: al contrario delle prime due, non si rivolge più agli esiliati, bensì ai giudei ritornati in Gerusalemme, dopo la “cattività babilonese”. I temi principali sono l’universalismo (possibilità di salvezza anche per i non giudei), la fedeltà a Jahvè, la rinascita di Gerusalemme e riflessioni sul destino ultimo dell’essere umano.
«Passate, passate per le porte, sgombrate la via al popolo, spianate, spianate la strada, liberatela dalle pietre, innalzate un vessillo per i popoli» (Is 62,10): sono queste le parole che il Precursore utilizzerà, per invitare gli israeliti a prepararsi alla venuta del Messia tanto atteso. Lavori in corso, verrebbe da dire, a proposito di queste incitazioni, alquanto pragmatiche, a mettersi all’opera, affinché nulla possa intralciare l’incedere del Suo Regno, in mezzo a noi.

«E tu sarai chiamata Ricercata,“Città non abbandonata”» (Is 62, 12): sono le parole che ciascuno di noi vorrebbe rivolte a sé. Sapersi voluto, desiderato, ricercato. Sapere che la propria persona “valga la pena”, almeno agli occhi di qualcuno. A maggior ragione, se questo qualcuno è Dio stesso. Nonostante sembrino lontane, fanno da specchio le parole del Vangelo rivolte alla Madonna: «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te!» (Lc 1, 28). L’annuncio dell’angelo è – innanzitutto – un annuncio di bene-volenza: “sta’ tranquilla, Maria, al cospetto di Dio, godi di ottima stima. Dio ti vede ed è contento di te, ti è accanto!”. La Vergine, con intuito femminile, pare comprendere subito che, difficilmente, una simile rivelazione, possa avvenire a buon prezzo, infatti fu molto turbata. Quasi a domandarsi, d’impeto, cos’abbia portato il Signore dei Cieli a far scomodare un angelo apposta per l’occasione, per arrivare fino a lei, in una casa di una borgata della Galilea, come ce n’erano a migliaia, nella regione.  
«Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio» (Lc 1,30) è la rassicurazione che le porta l’angelo. Ma si tratta di un incoraggiamento che apre a scenari nuovi ed inattesi: Maria lo percepisce e domanda chiarimenti, a fronte di quanto le si prospetta innanzi. Com’è possibile che io attenda un figlio, che mi dici essere figlio di Dio? È contrario ad ogni legge della natura, che abbiamo imparato a leggere nella ciclicità delle stagioni, e della fertilità della donna che, come campo, diventa terra feconda e fa germogliare il seme di una nuova vita. C’è dell’altro, un segno che le mostra che, davvero, «nulla è impossibile a Dio» (Lc 1,37): persino Elisabetta, sua cugina, che aveva ormai oltrepassato l’età per diventare madre, attendeva invece un figlio.
Non può passare inosservato un secondo rinvio ad Isaia: «nessuno era con me» (Is 63, 13). È richiamo all’unicità di Dio, tanto spesso invocata dai Profeti, perché tanto spesso messa a repentaglio dagli incontri culturali coi popoli vicino e dalle continue infedeltà del Popolo Eletto. Se letto affiancato alla Vangelo dell’Annunciazione, richiama inoltre al prodigio che dà il via alla storia della Redenzione, l’Incarnazione, che, però, ancora una volta, ha voluto attendere il «sì» dell’umanità, che si è fatto largo tramite le labbra di una fanciulla – una ragazzina, diremmo oggi, in quanto Maria si stima fosse un’adolescente, quando ricevette l’annuncio dell’Angelo -. Di più, è certificazione che quanto si compie non è opera d’uomo, né sotterfugio di donna, bensì dai disegni imperscrutabili di un Dio che, per farci diventare come Lui, è diventato un bambino, come ognuno di noi lo è stato. Forse, anche per farci riscoprire la ricchezza e le potenzialità che trattiene in sé l’infanzia e che, molto spesso, sottovalutiamo, valutandola unicamente come fase di passaggio, in vista dell’età adulta.
«Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù» ci esorta l’Apostolo Paolo (Fil 4, 6-7). Se Dio ha benignamente fatto dono alla Vergine della Sua Grazia, “coprendola” di Spirito Santo come di un manto, siamo portati a pensare che, da Padre buono qual è, non possa fare a meno di notare come, tra mille buoni propositi, anche noi abbiamo bisogno di sentire la Sua vicinanza, per farci forza nella vita, quando – inevitabilmente – ci dimostriamo incapaci di tenere testa a tutti i buoni proposito che, pur con tanta buona volontà, avevamo fatto!

 

(Rif: Letture festive VI Domenica di Avvento – Divina Maternità della B.V. Maria, anno B)

[Presente anche su Solidando.net]


Fonti:
Nicodemo.net
Qumran2.net – don Raffaello Ciccone

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