La frase è stata incisa in trenta lingue diverse a Dachau, nome-memoria di un bestiale campus dove l’uomo non valeva più nulla: «Quelli che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo». Un’espressione che mai più scorderò: il suo fendente mi colpì quando mi recai pellegrino in quella terra dove – questa è ancora una questione per me insoluta – non ho mai capito appieno se a farmi paura furono più le azioni bestiali firmate dall’uomo, oppure quel folle desiderio di raccontare al mondo che tutto questo non-è-stato. Il cruccio, forse, è proprio nelle parole di Hannah Arendt, scrittrice di origini ebree che quella bestialità l’ha vista da molto vicino: «Le azioni erano mostruose, ma chi le fece era pressoché normale, né demoniaco né mostruoso». La banalità del male, appunto.
Laurent Louis, di professione avvocato e uomo politico del Belgio, è uno di quelli che la Shoah l’ha voluta negare a tutti i costi. Il reato di cui si è macchiato è il negazionismo e l’antisemitismo. Col primo, facendosi beffe delle tante prove che attestano questa maledetta barbarie, non riconosce lo sterminio perpetrato dai tedeschi a scapito di milioni di ebrei. Col secondo s’intende l’avversione nei confronti del popolo ebreo, fatta di pregiudizi e persecuzioni. Il filosofo Adorno scriveva che dopo Auschwitz scrivere una poesia sarà un atto di barbarie: se la poesia non può più essere scritta da mani d’uomo, che almeno il dramma che è stato non venga negato. Il signor Louis era finito al centro della scena per aver condiviso, sulla sua pagina Facebook, il sospetto che le famigerate camere a gas siano veramente esistite. Che la Shoah sia una pagina di storia che è stata realmente scritta. In Italia il negazionismo è reato dal 2016, punibile con 6 anni di reclusione; la fomentazione dell’odio razziale con 4 anni di galera. Come dire che la memoria-negata diventerà a tutti gli effetti una condanna. Perché l’uomo abbia tempo, anche modo, di rispondere ad una domanda: perché la memoria del male non riesce a cambiare l’umanità? Ci sono nomi che, oggi, si vorrebbe non fossero mai divenuti celebri, almeno per i motivi che li hanno portati sotto le luci della mala-fama: Dachau, Auschwitz, Treblinka, Majdanek, Westerbock, Birkenau. Cattedrali nelle cui navate di fuliggine si udì intonare l’annunciazione di Satana all’uomo: “Diventerai come Dio”. L’uomo gli dette credito, s’imbruttì, abbruttendo l’umano. Scordò – l’uomo, talvolta, è assai ingenuo – che Satana, in caso di incidente, è il più grande latitante di responsabilità mai apparso sulla faccia della terra. Continua a gettar dubbi addosso a Dio, la presenza che più l’ossessiona: «L’affermazione più profonda che sia mai stata pronunciata a proposito di Auschwitz non fu affatto un’affermazione, bensì una risposta. La domanda: “Ditemi, dov’era Dio ad Auschwitz?” La risposta: “E l’uomo, dov’era?» (W. Syron). L’uomo, ad Auschwitz, l’han visto vicino a Dio: per rubargli il posto.
In Belgio il verdetto nei confronti del signor Louis ha fatto notizia. Nessuna forma di reclusione per il reato di memoria-negata. Invece di stare chiuso in carcere, per cinque anni dovrà far visita ai campi di concentramento e, per ogni suo viaggio, sarà costretto redarre un testo che descriva le emozioni, gli stati d’animo, i moti del cuore che quella forzata-visione gli procurerà: le docce chimiche, le sale-tortura, i muri di fucilazione, l’acredine dell’aria. Pubblicandoli sulla medesima pagina dalla quale amava proclamare con fallacia l’inesistenza di quei monumenti-del-male. Una forma-inedita per fare espiare un reato ad una persona che si è macchiata di un crimine: invece della sosta-obbligatoria nei parcheggi-statali delle galere, convincersi che non c’è prigionia più fastidiosa dello stare faccia-a-faccia con i postumi del male. Siccome la storia-scritta non si cambia, che almeno ciò che è stato scritto si ripeta meno volte possibile.
(da Il Mattino di Padova, 1 ottobre 2017)