Abolita la bocciatura alle elementari, dall’anno prossimo si vocifera ciò accadrà anche alle medie. Dopo aver già abolito gli esami di quinta elementare, si continua a discutere sulla possibilità di facilitare l’accesso all’esame di stato di fine ciclo alle scuole medie superiori.
Sono di questi giorni, poi, gli scandali sulle raccomandazioni universitarie, che si accompagnano alla scoperta che laureati non padroneggiano regole grammaticali di base, come l’utilizzo delle doppie.
Sembrano solo parole, ma quello che è preoccupante è la filosofia che soggiace il dilagare di regolamentazioni sempre più lassiste ed approssimative.
Porto un esempio personale: avendo frequentato una scuola non ancora parificata alle elementari, ad ogni fine dell’anno, corrispondeva una verifica delle competenze di noi alunni (inizialmente un dettato in italiano ed un problema di matematica, successivamente, un tema di italiano e problemi via via più complessi di matematica). Quando arrivai in quinta, mi stupii di tanto interesse degli adulti per l’esame di quinta elementare, perché, ai miei occhi era solo “l’ennesimo esame di fine anno”, che, per altro, aveva press’a poco la struttura di quello di quarta elementare: dunque non vedevo il motivo di dovermi preoccupare!
È chiaro che, invece, per chi avrà come primo scoglio l’esame di maturità, questo sembrerà insormontabile, per il semplice motivo di non aver avuto alcuna esperienza simile, prima di essa. Più un adolescente ha sperimentato ostacoli, magari inizialmente banali, poi più complessi, sulla propria strada, più ha rinforzato la propria autostima e la propria determinazione nel lottare per raggiungere i propri obiettivi, con pazienza e perseveranza.
Prima sarà vero per la scuola, poi, a poco a poco, per ottenere un lavoro onesto e gratificante, in seguito per avere una casa e uno stipendio confacenti a mantenere la propria famiglia.
Gira una storia che riguarda una farfalla, ancora avvolta nel proprio bozzolo, ed un uomo. Il bozzolo aveva una piccola fessura e l’uomo iniziò a guardare la farfalla che, con grande sforzo, si provava ad uscire da quel piccolo buco. Ad un certo tempo, sembrando all’uomo che essa si fosse arresa e che il buco fosse rimasto della stessa dimensione, egli, deciso ad aiutarla, prese un coltellino ed ampliò il foro, affinché essa potesse uscire. Il suo corpo era però troppo rattrappito e le sue ali, non sufficientemente sviluppate, si muovevano a stento. L’uomo continuò a guardare, speranzoso che, prima o poi, la farfalla spiccasse il volto. Ma ciò non accadde: la farfalla passò il resto della propria vita, trascinandosi per terra, con le ali rattrappite.
Quest’immagine credo sia significativa per illustrare come spianare la strada ai più giovani non rappresenti affatto ciò che realmente serve loro. Ci illudiamo di aiutarli, ma spesso, al contrario, offriamo nuova linfa alle loro insicurezze e fragilità. Si diffondono sempre più i “genitori-spazzaneve”, che, gradualmente, eliminano le difficoltà al figlio. Se questo fa fatica in una materia, si va a giustificarlo con l’insegnante o lo si cambia di scuola; se litiga con un amico, ci si mette in mezzo; se non trova lavoro, lo si inserisce nell’azienda di un amico. Prima ancora che il figlio stesso provi, in prima persona, a darsi da fare, coi mezzi che ha.
Se, a ciò, si aggiungono le leggi che favoriscono questo “accomodamento”, i risultati possono, con l’andare del tempo, essere sempre più devastanti.
Abituati a ricevere tutto e subito, quasi fosse loro dovuto, ogni insuccesso rischia di essere vissuto, da loro, come un ostacolo insormontabile e, persino, come un giudizio negativo di rifiuto della propria persona. Ecco spiegato, quindi, in quest’ottica, l’aumento dei suicidi. Situazione che, precedentemente, erano un semplice disguidi, sono vissute, invece, come uno stress insopportabile, che porta alla scelta di autoeliminarsi, come rifiuto di dolore, delusione, sentimento di non essere amati ed apprezzati.
Siamo passati da una sorta di “adulazione” del dolore (ancora purtroppo diffuso in un certo ambiente cattolico) quale fosse il fine del vivere, per approdare però, nei tempi attuali, al tentativo (decisamente malriuscito) di eliminare il fallimento dalla vita dei nostri ragazzi. Dimenticando, forse, che il vero problema non è affrontare un fallimento (come possono essere un diniego, un rifiuto, una bocciatura scolastica o la difficoltà di trovare lavoro), bensì riuscire a dimostrare loro che i problemi ci saranno sempre, ma, se affrontati assieme, si potranno superare.
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