Via latteaQuestione di stelle da liberare nel loro luccichio. Il poeta Mario Luzi si sbizzarrì parlando di lui: «Paolo è un’enorme figura che emerge dal caos dell’errore e dell’inquieta aspettativa degli uomini per dare un senso alla speranza». Ammaestramento emesso dal Ratzinger Pontefice: un anno intero a battere traccia ed afferrare addestramento alla cattedra del Paolo apostolo. Per assaggiare quel cristianesimo che parla di fatica e sudore, ricerca e caduta, tentennamento e trasformazione. Brivido, emozione e ribellione. Un cristianesimo che non sia sempre e solo un dirottato invito alla moderazione.
Dei sentimenti, prima di tutto.
L’apostolo – ex taglia-teste nella sperduta capitale della provincia romana della Cilicia Pedia – s’accampa esigente come pietra seccante per un certo cristianesimo dell’accomodamento. Del tacito consenso. Dell’approvazione silenziosa. Non solo in Piazza San Pietro. Ma nell’immaginazione della gente di chiesa dove essere cristiano troppe volte equivale a detenere il riserbo, lo status quo, la voglia incomprensibilmente mai sedata di salvare capra e cavoli. Senz’accorgerci che non di solo pane vive l’uomo. E’ monito calato deciso dal cielo. A Tarso quella volta, successe l’imprevedibile: nell’animo di un persecutore s’è risvegliata una stella. Che abitava da sempre. Ma che l’indifferenza impediva lei di splendere. Perché, in fondo, ancor oggi il vero ateismo è l’indifferenza.
Che impedisce alle stelle di gareggiare nel loro luccichio.

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