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Una freccia di sole attraversa l’immondizia di un’intera esistenza. Fino allora la vita fu tutta un farfugliare di lenzuola, un ammasso di carni eccitatesi a vicenda, una faccenda amorosa comune: avevano avuto, chi più chi meno, tutti fame del corpo di lei. Ne aveva saziati cinque, s’era saziata di cinque: eppure quel saziarsi, pur non dicendolo, non le bastava. Nemmeno il sesto, quello che la stringeva forte al petto in quelle notti, sembrava gustarle il cuore. Sopraggiunse Lui, l’amore-foresto. Sazia di carni umane, mica poteva immaginare che ci fossero uomini ai quali del suo corpo non importasse granché. Quando capitò proprio a lei – piove sempre sul bagnato – parve un beffardo scherzo del destino. Più che affamato di lei, il Foresto era assetato di lei. Una sete strana: aveva sete della sete di lei. Assetato dell’anima: «Egli vuole l’anima di quella donna. La vuole con quell’avidità che non tollera né attesa né dilatazione, immediatamente, nel medesimo istante e nel medesimo luogo» (F. Mauriac). Ora: «Dammi da bere». È l’ora sesta, l’ora più calda. L’uomo è giudeo, frutto-proibito: “Figo quest’uomo. Non me lo faccio scappare: sto al gioco”. Nel fare-la-corte, Dio è divampante.
Raccatta tutto ciò che trova per accendere il Regno: quando la fissa, il Cristo ha già ha deciso che sarà tutta-sua, Lui tutto-suo. Quando lei s’accorgerà, sarà tardi: Lui ha già penetrato il buio di quell’anima. Ha rovesciato le carte in tavola, è lei ad aver sete di Lui: «Dammi di quest’acqua, perché non abbia più sete». Civettuola e beffarda, ormai è accerchiata da quello sguardo, da quell’amore così foresto d’apparirle perfino d’intrigo, di quelli impossibili, da far-male. L’ha spintonata, ne ha mutato l’arsura, l’ha denudata senza spogliarla del vestito: “Smettila di berti tutti questi uomini. Morirai di sete. Non t’accorgi che la carne fa le rughe?” Spavaldo, accelera, affonda, le sprofonda dentro: il saccheggio è totale. Perché lasciare appeso il frutto quand’è maturo? L’accelerazione è un affronto decisivo, letale, definitivo. Colpita-e-affondata: «Vai a chiamare tuo marito e ritorna qui». E’ incontenibile Iddio quand’è seduttore. Ha studiato l’avversaria, sa tutto di lei: stava ancora sotto il fico a trastullarsi, quando Lui già l’aveva scompigliata col suo sguardo. Perché, dunque, mentirGli? Meglio il rischio di lasciarlo fare: con uno così, il curriculum acquista spessore. «Io non ho marito», la più splendida dichiarazione-di-nullità del suo amare: “Sto uscendo con uno, ma non ho ancora trovato l’uomo della mia vita. Se vuoi provarci, mica mi dispiacerebbe!” Strana faccenda: mentre Lui la guarda, non è il corpo ad arderle. Quell’Uomo è bizzarro, sente di non riuscire a gestirlo. Meglio portarlo a spasso, distraendolo col catechismo: «Vedo che sei un profeta», dimmi dove pregare Dio: sul monte, in città? Quell’anima, Iddio lo sente, è già cotta: sta tentando una scappatoia per sfiatare l’eccitazione. Il tranello non regge: le risponde di sfuggita, per non mancarle d’educazione. Poi gioca a carte scoperte. Cerchi l’Uomo-della-vita? «Sono io, che parlo con te». La classe di un uomo si misura dalla donna che corteggia.
La vita è stata tutta una miseria? “Provaci anche tu, ci han provato in tanti oramai”: questo dicevano di lei, col sogno di voltarsela sotto le lenzuola. S’era quasi convinta che il suo destino fosse d’accendere brividi sul corpo altrui. Nulla di più: misera, menzognera, assai bugiarda in amore. Fino al giorno-del-pozzo, quando un Uomo, accaldato, le dimostrò ch’era capace anche di verità: «Hai detto bene», «In questo hai detto il vero». Laddove tutti scorgevano menzogna, accese i fari su ciò che menzogna-non-era. Le fece due complimenti-di-onestà. Fu il poco che bastò per capire che c’era differenza, in amore, tra il farsi-compagnia e l’amarsi davvero. Rimase di pietra: lei, così capace di voltolarsi tra le lenzuola, non aveva calcolato l’incognita di un Uomo – foresto, ebreo, sudaticcio – disposto a mettersi in fila tra gli amori come un amore qualunque, sgomitare con essi per farsi spazio, e poi spartirsi il cuore di quell’incanto di Samaria. Non lo disse Lui: sarebbe parso di parte. Fu lei a gridarlo, tutta festante: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?» Si scordò la brocca al pozzo: «Lasciò la sua anfora, andò in città»: quando si dice “quando uno è innamorato non capisce più nulla”. Si dimentica tutto. Ricorda solo d’essersi innamorato come mai prima d’allora. Sono giorni in cui si sta-da-Dio, perché si sta con-Dio.

In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. 
Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». 
Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». 
Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».
In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui.
Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».
Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo» (Gv 4,5-42).

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