Per la mia ignoranza e per la mia stupidità, grazie! Grazie, grazie, perché se ci fosse stata sulla terra una bambina più stupida di me, avreste scelto quella!
(Santa Bernadette Soubirous)
«Troverai sul cammino fango e corruzione e la voglia tu avrai di sdraiarti al suolo per guardare come in un film i colombi in volo» (Lucio Battisti, “Gli uomini celesti”). Camminare nel fango: l’idea ci inquieta, ci disgusta. Non è solo l’immagine di qualcosa di sudicio che viene immediatamente comunicata ai nostri sensi, ma il rimando più inconscio e subdolo ad uno stile di vita che spesso ci fa sentire intrappolati e impantanati e che ci rende il cuore torchiato come gli incavi delle suole di certe scarpe: più profondi essi sono, più il fango vi rimane, incastrato e indurito. La materia fango, in effetti, a partire dalla sua composizione chimica, sembra non promettere nulla di buono, tant’è che dare a qualcuno “del fango” significa fornirgli un elegante, seppur sprezzante, insulto. Eppure all’inizio della Creazione, il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente (cfr. Gen 2, 7). Anche Gesù usò il fango per guarire un uomo cieco dalla nascita: «Sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco» (cfr. Gv 9, 6) e quell’uomo, lavatosi il fango nella piscina, tornò che ci vedeva…
Da qualche tempo questa materia informe -terra di campo pregna d’acqua- mi attrae in modo misterioso. C’è poi una storia che m’affascina e che fa fango da tutte le parti ed è la storia di Bernadette. La storia di una bambina ignorante che viveva di pastorizia, il cui unico interesse era raccogliere legna e prepararsi degnamente alla Comunione. Non sapeva leggere, non sapeva scrivere, e in una normalissima mattina di un lontano 11 febbraio, là dove il canale dei mulini raggiunge il Gave, era andata con le amiche Toinette e Jeanne, a raccogliere legna di sottobosco. Accadde che mentre cercava di scoprire dove l’acqua del mulino diventava fiume, si imbattè in una grotta. Le sue compagne riuscirono a passare quel fiume dall’acqua gelata e poco accogliente; lei, piccola com’era, rimase indietro. E mentre cercava di togliersi le scarpe per la traversata, ebbe la visione dei piedi nudi di una Signora. Bernadette come Mosè: togliti i calzari perchè il luogo sul quale tu stai è una terra santa! (cfr. Es 3, 5). Correva l’anno 1858, e la vita di Bernadette fu completamente stravolta. Sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi che annunzia la pace (cfr. Is 52,7): sono piedi nudi, sinceri, puri, abbelliti solo da rose gialle tra le dita. Bernadette fa esperienza di un vento inaspettato, improvviso, fa esperienza di Colei che chiamerà «Aquero», “Quella là”. E’ così che hanno inizio le nuove alleanze, quelle che riportano incisioni dorate nei faldoni dell’eternità. Inaspettate, sono un colpo di vento in una calda giornata di sole. A volte fanno paura, paura che nutre dubbi e incredulità. Le alleanze vere, soprattutto all’inizio, non ti chiedono mai di prendere ma sempre di dare, di spogliarsi… anche di affetti cari. Bernadette, classe 1844 -un padre arrestato e una madre apprensiva, un dramma familiare che coincide con la carestia dei raccolti in tutto il paese- non era diversa dai ragazzi e ragazze di oggi che sentono il peso del fango attaccato alle suole, un peso inutile che fa fatica a staccarsi, che rallenta la camminata e a volte fa accasciare. Solo che lei, Bernadette, invece di staccarselo di dosso il fango, ci si è immersa dentro. Lo ha attraversato, avendo compreso che «Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole, è ignobile e disprezzato» (cfr. 1 Cor 1, 27-28), e confermando ciò che Filippo scrive nel suo Vangelo apocrifo: «La perla, se è gettata nel fango, non diventa di minor pregio». Ha imparato, davanti alla bellezza indescrivibile di quella Donna dai piedi nudi, che Dio innalza gli umili e rovescia i potenti dai troni. Vicino alla strada, sotto una roccia, al di là dei detriti e delle spine, ci fu «la buona terra, dove il seme nato, fruttò il cento per uno». Tant’è che ancora oggi, migliaia di pellegrini, in ogni tempo e da ogni dove si radunano ai piedi dell’antica grotta di Massabielle. Anche l’ultima manata di seme dell’operaio dell’ultima ora, basta per tutte le nostre speranze. E’ bene che una piccola bambina, e pure ignorante, ci ricordi che il grande Mistero può operare tutte le salvezze, forse per sollevarci dalla pessima occupazione di scrutarlo con la malcelata intenzione di comprenderlo. Anche nella Sua ironia, infatti, Dio è un Mistero insondabile: per renderti umile t’invia la Donna umile per antonomasia, avendo guardato all’umiltà più che a tutto il resto. Poi ti mostra, attraverso una folata di vento leggero, ciò che ha sognato per te, la tua vera vocazione. Il sogno di Dio per l’uomo è un soffio di vento. Di generazione in generazione, continua ad esalare sulla storia dell’uomo sospiri di salvezza, scegliendo nel mondo chi confonde i sapienti e i forti. Lui è Dio: parte dal fango e sa che al fango deve tornare; fantasioso matematico, a Lui i conti tornano sempre! La macchina del fango che Egli ha deciso di manovrare per ciascuno di noi non ha certo obiettivi comuni a quelli di chi la usa per disonorare o delegittimare la dignità dell’uomo. Al contrario, essa ci invita a verificare se le nostre azioni sono limpide anche alla sorgente, e soprattutto se convengono alla nostra vera vocazione. Poiché, a mio avviso, la grandezza di un uomo, il suo vero valore umano non consiste nella quantità e nella magnificenza delle sue opere, ma nella fedeltà al suo vero essere, alla sua vera vocazione. La nostra società favorisce questo clima di esteriore grandezza con riflessi quasi demoniaci che ci tentano continuamente nell’inclinazione ad apparire più grandi e migliori di ciò che siamo e nell’infedeltà alla nostra vocazione. Dunque, solo chi resiste alla tentazione di essere “qualcuno” e prende il suo vero posto nella vita, da’ la migliore testimonianza del suo valore e della sua grandezza. Una vita rimane veramente utile e grande quando rimane umile e fedele. E la fedeltà è possibile se uno rimane nel limite delle proprie forze personali e dell’impegno della grazia, poiché la stessa grazia non sconfina dalla chiamata di ciascuno. Non sta scritto forse che la grazia resiste ai superbi e si inchina agli umili?
Non c’è esplosivo paragonabile alla forza misteriosa che Dio ha chiuso in pochi granelli di polvere impastati di saliva. L’uomo è questo esplosivo, l’uomo è questo mistero: un perfetto dosaggio di polvere terrestre e DNA celeste. Il Mistero è grande, ma ciascuno può adorarLo nel proprio cuore: è la saliva del Messia, unita alla terra polverosa, che ci guarisce; è quell’humus –campo di Dio– che, frantumato ogni istinto di autosufficienza, inizia a desiderare di essere concimato da un agricoltore esperto. Infine, è il desiderio di essere fango che attira e stabilisce il Cielo dentro di noi. Il punto in cui si può sentire respirare Dio in noi è proprio il punto di fusione tra Cielo e fango.
Sii fango, dunque, e sarai materia di una nuova Creazione.
Buona settimana!
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