Non solo killer e narcisisti. Non solo questo sono i giovani di quest’epoca, che, avendo tante cose, non hanno, in realtà meno problemi dei giovani di una volta. Perché siccome l’uomo è un’unità inscindibile (se non nel momento della morte) di anima e corpo, entrambe reclamano attenzione e cura. quindi, se da una parte ci scandalizziamo che giovani che hanno tutto possano diventare assassini o essere incapaci di accettare di vivere con qualche soldo in meno, è evidente che la colpa non possa essere solo loro. Le loro mancanza non se le sono cercate: anzi, spesso cercano nei modi più disparati e disperati di farle notare. Spesso, mancano gesti coraggiosi, no decisi, quell’autorità familiare che, stretti da dibattiti sociologici e psicologici, i genitori non sanno più nemmeno se sia necessario avere e, nel caso, in che modo esercitarla. La confusione, prima che essere dei ragazzi, sembra infatti essere quella degli educatori. Perché hai ragione quando dici che, nonostante sia più difficile, oggi, fare i genitori, «i principi sono gli stessi e se un genitore è capace di farli vedere e di trasmetterli, non importa del linguaggio, della tecnologia e di tutto il resto».
Dell’articolo di Antonio Polito, dici che non ti è piaciuto perché vi hai letto «troppo negativismo e nessuna propensione verso una soluzione o un riferimento da seguire». In parte, debbo riconoscere che il tuo appunto è ragionevole. Non si può riconoscere e fare “promozione” solo al male, ai fatti di cronaca nera, cioè al lato negativo della giovinezza. Tuttavia, è anche vero che su queste storie è necessario soffermarsi e riflettere, per interrogarsi, per lasciare che scuotano le nostre coscienze. Perché sarebbe troppo facile accontentarci di pensare che, siccome oggi non è capitato a noi, non potrebbe capitare mai. Non si tratta di predestinazione: non ci sono i salvati e i dannati, decisi dall’eternità. C’è la vita, ci sono le situazioni e ci sono le scelte, giuste o sbagliate che siano, che compiamo. Perché la nostra vita si gioca nella libertà, nonostante tutti i condizionamenti cui possiamo essere soggetti, dovuti alla situazione contingente (famiglia in cui nasciamo, denaro che possediamo, talenti che possiamo far fruttare o meno, carattere, predisposizione); siamo però tutti esposti al contagio del male e non esiste un vero e proprio “vaccino”. Come agisca, come si propaghi e come effettivamente prenda possesso di noi non è mai stato del tutto chiarito da nessuna delle scienze, resta quindi, comunque, almeno in parte, un mistero (mysterium iniquitatis), cioè non pienamente comprensibile dalla mente. Facendone però esperienza quotidiana, l’uomo non può accontentarsi di questo dato di fatto, ma esige capire, perché è la sua natura stessa ad imporglielo.
Non ci sono solo killer e narcisisti, tra gli adolescenti. C’è tanto altro, molto di più, in questa giovinezza che si affaccia sulla finestra della vita, povera di anni e ricca di speranze e aspettative per il futuro (talvolta eccessive e fuori luogo rispetto alla situazione contingente). Ci sono ragazzi disposti a sacrificare le proprie vacanze per un’esperienza di missione o volontariato nei paesi in via di sviluppo; ci sono giovani medici che rinunciano a stipendi astronomici e scelgono di fare formazione in Africa, ci sono tanti adolescenti che, nel loro piccolo, si impegnano ogni giorno a scuola e nel lavoro; ci sono giovani che si impegnano il doppio perché seguono allenamenti impegnativi per poter eccellere in uno sport, senza rinunciare allo studio. Non è vero che i ragazzi non conoscano il sacrificio, ci sarebbero tante piccole – grandi storie da raccontare che dimostrano il contrario. Ma, in quest’aspetto come in tanti altri, tutto ciò rischia di passare sotto silenzio. Perché il Bene fatica ad emergere. Ci sono storie che hanno combattuto per anni prima di ripristinare una verità di Bene, sommersa da quintali di fango, a volte profondamente ingiustificato, ma così ben congegnato da non lasciare spazio a dubbi sulla veridicità delle accuse. Dignità, nome e vita in rovina per un errore. Non commesso. C’è da arrabbiarsi e rabbrividire.
È l’ennesima riprova che, purtroppo, il Bene fatica a trovare spazio, perché siamo accecati dallo scintillio del Male, che – magari – ci repelle, ma al contempo esercita un fascino. Il fascino dell’oscuro, dell’insondabile, del misterioso, di quella sorta di sfida contro l’ordinarietà: meglio i brividi dell’adrenalina, piuttosto che la noia del quotidiano. Che poi si traduce con un: è più comodo cercare il brivido dell’adrenalina, eventualmente in una direzione sbagliata, piuttosto che rendere straordinario l’ordinario che vivo ogni giorno.
Ma ha ragione Andrea, quando chiede maggiore assertività: il nostro sforzo quotidiano, dei singoli e del mondo dell’informazione in primis, dovrebbe essere proprio quello di cercare – ostinatamente – ogni briciola di Bene disseminata per il mondo ed amplificarla, così che chiunque possa accorgersi delle piccole gocce che formano oceani d’amore che crescono rigogliosi, nonostante l’impegno incessante per metterli sotto silenzio.
Per leggere integralmente la lettera di Andrea, clicca qui