carcere
Fu uomo dalle parole scarne, nude: il contrario sono le parole banali, sono gli uomini banali. Per le sue parole – per aver detto che il Regno era vicino, che l’amico era in procinto d’arrivare – il Battista l’hanno recluso in gattabuia. Ai suoi seguaci aveva sempre raccomandato di volare a bassa quota, piedi a terra: di non essere lui il Messia, di essere solamente la voce e non presenza, d’essere il seminatore e non il mietitore. Quando, un giorno, l’Amico sopraggiunse, il Battista si mise in disparte: doveva diminuire, l’Altro doveva accrescere. L’aveva sempre detto, vi rimase fedele nell’attimo che fa di un uomo qualsiasi un testimone credibile: alla prova dei fatti. “Parlaci ancora di Lui!” lo imploravano i suoi seguaci. Il Battista rimase muto, non proferì parola. Li mandò direttamente da Lui, stavolta: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?» (Mt 11,2-11). La voce, al cospetto della presenza, non sta in piedi: il Battista, al cospetto di Cristo, è solo precursore. Arrivato il Cristo, a lui non resta che vivere nel ricordo degli amici. Poichè è loro maestro, accetta che la sua profezia vada sottoposta al vaglio della realtà. Nessuna poesia, a scuola, andrebbe spiegata: fosse stato quello lo scopo per la quale è stata scritta, il poeta l’avrebbe fatto lui, di persona. All’insegnante spetta di apparecchiare all’incontro con la poesia: dilatando il desiderio, usando come torcia lo stupore, come traccia e misuratore della bellezza la narrazione del proprio incontro con quei versi. Nessun incontro andrebbe mai spiegato: agli incontri ci si predispone, l’avventura sarà quella di esporsi, di rimanere esposti, allo sbaraglio di quella presenza ch’è giunta.
Dio si realizza solo nella semplicità: era questo il Regno che a Giovanni interessava, al quale cercò di interessare. La medesima semplicità alla quale Cristo stesso, interpellato dagli amici del Battista, rimanda: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete». Nemmeno Cristo offre la risposta, anche Lui rimanda all’incontro: quello con la realtà che era sotto gli occhi. Quegli avanzi d’uomo nei quali pochi immaginavano potesse soggiornare la vera libertà: «I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo». E’ l’incontro con la vera presenza del Regno, una sorta di rotazione dello sguardo: il mondo, per chi lo vorrà decifrare, dopo Cristo andrà guardato dal basso verso l’alto, che è la prospettiva più universale. Il potere di Erode, invece, spingerà verso l’alto: diventare come-dio è la trappola segreta di Lucifero. Quella del Battista, invece, era di prospettive opposte, il vero motivo per cui Erode gli tagliò la testa: Dio lo troverete guardando giù, verso il basso, dalla parte dei conquistati invece che dei conquistatori. Il rischio di non accorgersi del Regno che sta sbocciando è alto, entrambi lo sanno bene. E lo corrono: «Non esiste miglior stratega di Dio: non gli importa di perdere mille battaglie, perchè sa che la vittoria decisiva sarà sua» (P. D’Ors). Sanno anche che la verità, senza l’occasione d’essere messa-alla-prova, rischia di diventare un idolo. E’ perchè, maestro, li ama intimamente che Giovanni non vuol precludere loro l’occasione d’incontrarlo: «Ecco l’Agnello di Dio!» (Gv 1,29). Cioè: “Seguite lui, basta me. Chiedete a Lui: io non sono più nessuno. Tutto è Lui, in Lui”. L’alba va contemplata, spiegarla è bestemmia.
A Natale, poi, non serviranno più risposte: basterà addentrarsi, curvando la schiena, dentro la grotta. Poi, là dentro, sarà tutto e solamente un trambusto di sguardi: occhiate di simpatia, adocchiamenti di sbieco, occhiate di sospetto. Chiusi tutti i canali dell’udito, aperti tutti i rubinetti della vista: «Riferite ciò che vedete». Sguardi che, perforando la crosta, tentano l’aggancio con quell’eterna bellezza che, nel miscuglio quotidiano, ancora scolpisce il miracolo della grazia.
Nascondendolo dentro gli stracci di storie-fantasma. Le più impensabili.

(da Il Sussidiario, 10 dicembre 2016)



Il Vangelo al femminile 

di Elettra Ferrigno

«La risposta è dentro di te, ed è giusta»

la domanda

Vivi le domande ora. Forse poi, in qualche giorno lontano nel futuro, inizierai gradualmente, senza neppure accorgertene, a vivere a tuo modo nella risposta.

(Rainer Maria Rilke)

Un predatore di verità era il Battista, un resto di parole da dire nello spazio strettissimo e oscillante tra il “non più” e il “non ancora”. Una vita la sua, intenta -come il cursore di una cerniera- a chiudere e saldare in un unico lembo l’antico e l’eterno di una Promessa. Non fu solo l’ineludibile trasporto della parentela a fomentare in lui l’entusiasmo e l’urgenza dell’annuncio, quanto piuttosto la consapevolezza di aver intra-visto ciò che da secoli esisteva nell’occhio di Dio, per questo aveva organizzato al mondo un appuntamento non più rimandabile. La ferocia imbarazzante della sua predicazione, il suo parlare vorticoso e rude lontano da luci e palcoscenici, dalle emozioni solenni del tempio, il disgusto per la vita e gli abiti di corte, e la sua insaziabile fame di giustizia gli avevano procurato, come lauta ricompensa, il carcere. Da dietro le sbarre, con l’ultimo fil di voce rimasto in gola spiazzò tutti rivolgendo al Cristo, mandando avanti i suoi discepoli, una domanda intrisa di dubbio: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?» (liturgia della III^ domenica di Avvento). Dai profeti ci si aspetta la risposta. Lui -l’ultimo, il più grande tra i profeti- (si) fece una domanda. Il suo periodo non terminò con la perentorietà di un punto a fine paragrafo, bensì con lo spiraglio e lo sbaraglio di risposte che ogni punto interrogativo lascia dietro di se. La punteggiatura che adottò fu decisiva: spalancò universalmente le porte all’Atteso. L’umiltà di sapersi confuso fece di lui non un maestro del dubbio ma il pioniere della domanda vera, le cui uniche certezze son quelle di ascoltare la risposta con molta attenzione: «La domanda è già un inizio di preghiera quando è disposta a far propria la risposta di Dio» (Adrienne von Speyr). Nel capitolo della salvezza, la storia dell’attesa contiene un paragrafo scritto a quattro mani: il Battista, assieme a Cristo, ne è degno autore. Già dall’incipit si intuisce che uno è la voce, l’altro la Parola. Uno l’attesa, l’altro il compimento. Uno l’acqua, l’altro il Fuoco. Uno il mistero, l’altro la Rivelazione. Uno la domanda, l’altro la Risposta. La domanda del Battista fu più esplosiva di mille risposte: deflagrante profezia nel cuore di quelli che han sete di infinito, disposti a mettere in gioco tutte le loro certezze per l’Unica certezza che trascende ogni attesa, e detonatore per far saltare in aria i venditori di risposte prefabbricate che sostituiscono la loro idea di Dio a Dio, i fabbricanti di idoli -quelli che tagliando la testa alla Parola, pensano di poter tenere tutto sotto controllo, anche Dio- i benpensanti, per nulla pronti ad accettare la carne fragile della Salvezza e a sostituire i parametri della Misericordia divina con quelli della giustizia umana. In fondo, da come -annunciandolo- se l’era immaginato, anche Giovanni s’aspettava un altro.

«Beato chi non si scandalizza di me», fu la risposta austera di Gesù. “Attacca al tuo cuore una sola certezza: io vengo sempre diversamente da come tu mi attendi. Tu m’immagini punitivo, e io vengo in un abbraccio. Tu mi provochi, e io faccio silenzio. Tu mi pensi ricco e io scelgo di nascere nell’assoluta povertà. Tu mi uccidi, io ti lascio fare per dimostrarti fino a che punto ti amo. Se non ti scandalizzi di ciò e lo accetti, sarai beato”. Il mistero di un Dio povero, afflitto, mite, puro di cuore, umile, misericordioso, operatore di pace, Figlio di Dio, piena realizzazione del Regno, stravolge e disarma la storia ma nasconde il segreto della più totale tra le beatitudini. 

“Sei tu?” Meglio farla la domanda, accettando il rischio di apparire sciocchi, piuttosto che essere canne sbattute dal vento, o rimanere col dubbio per una vita intera. Precursore di Cristo e di tutti gli interrogativi dell’uomo, Giovanni Battista è uscito dai bastioni delle proprie sicurezze, s’è messo sulle strade dell’esodo, ha sposato le logiche della nudità del deserto vivendone le incognite, s’è lasciato scavare dalla paura dell’ignoto. E’ entrato con una domanda nel cuore dell’unica risposta che cercava -che cerchiamo!- con ardore. Questo, non altro, gli valse l’elogio che non ebbe altri raddoppi sulla bocca di Cristo: «Tra i nati da donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista» Eppure il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. Tutto sta nel domandare –Sei tu?. Tutto sta nell’accogliere la Risposta. La risposta dentro di te, non è sbagliata, è quella giusta! «Capisco la vostra diffidenza: però Lui non l’avete mai personalmente interrogato, a tu per tu non Gli avete mai discorso. Una sola cosa vi chiedo: lasciatelo parlare. Dopo, farete come vorrete» (don Primo MazzolariIl compagno Cristo).

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