Un tatuaggio sulla spalla abbronzata ad arte e addosso i sundek come eco di spiagge lontane. Li ho incrociati al Terminal 1 di Fiumicino, ormai prossimi a quell’interminabile fila di auto blu che tanto fastidio arrecano all’italica gente. Madre, padre, due ragazzi e una ragazza. Legati dal loro splendido accento toscano. La prima, che con la massaia le unghie colorate non potea condividere, imprecava veemente contro la navetta che tardava. Il secondo improvvisava un sonnellino fugace. I due figli si coccolavano tristi i bicipiti lavorati e la figlia messaggiava. O massaggiava col pensiero vecchi bagnini ormai lontani e accasati ad altre carezze. Quant’è triste settembre e le sue ripartenze. Anche se il Pavese scrittore scorgeva nella ri-partenza la bellezza della vita e al D’Annunzio poeta la malinconia settembrina suggeriva ispirati versi in rima. Anche se il mese che prepara alle foglie morte ci fa ritrovare volti messi in "cassa integrazione" nell’epoca degli Europei.
Loro cinque sono note stonate nella casa-famiglia del Mulino Bianco. Eppure serbano l’eco di tantissime altre famiglie che, illudendosi di rabberciare la malinconia con un viaggio last minute, tornate si scoprono al punto zero. Con la sensazione d’aver smarrito per strada tante sfumature che fanno della vita un’opera bella, buona e felice. A scapito di un mutuo da iniziare a scontare.
Più puntuale, c’è da giurarci, di quella navetta che tanta serenità ha tolto a quella cinquantenne toscana coi pantaloni a vita bassa.