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Guardare dal buco della serratura é guardare sottecchi le azioni e i segreti altrui, é azione cauta e clandestina che implica un’osservazione vigile ed attenta. Cristo fu maestro degli appostamenti dietro l’angolo, degli sguardi furtivi lanciati da dietro l’occhiello di una porta che, nella storia e della storia, hanno fatto dello spiare un e-spiare. Sin dal principio del suo consapevole viandare in direzione ostinata e contraria, alzati gli occhi verso i discepoli – spiati prima e arruolati poi -, reputò opportuno portarli in cima ad un monte per mostrar loro dove si nascondesse la chiave della beatitudine, l’unica in grado di togliere il chiavistello ai cuori duri e alla porta del Regno: Beati voi poveri perché vostro é il regno di Dio (cfr. Lc 6, 20).
Ogni porta é un confine sottile che divide il ricco dal povero, il vestito di lino dal vestito di piaghe, il banchettare lautamente dal bramare le briciole, il Cielo dall’abisso. Ogni porta é uno strumento, oppure un ostacolo: può aiutare o impedire al povero di essere soccorso (cfr. Lc 16, 20), può aiutare o impedire al ricco di essere salvato. Il nome impresso sulla porta indica una vocazione – porpora e bisso é il nome del ricco, Lazzaro (Dio mi aiuta) quello del povero – e ne decreta la piena realizzazione o il radicale fallimento. L’eleganza dell’abito, però, non supplisce a quella del cuore: «Ricchi si diventa, eleganti si nasce» (Honoré de Balzac). Il vedere, e non l’avere, è l’abito più raffinato che, appeso alla nostra porta, rivela il mondo alla nostra coscienza. Il buco della serratura altro non é che la feritoia nella porta del cuore, ciò che permette di riconoscere nel povero, che fa ribrezzo a vedersi, che non ha apparenza né bellezza e del quale non riusciamo a sostenere lo sguardo, il volto di Cristo, dentro le cui piaghe é possibile rintracciare l’ingiustizia e insieme la salvezza dell’umanità: per le sue piaghe noi siamo stati guariti – Dio mi aiuta – (cfr. Is 53, 2-5). Per ogni porta c’è più di un un povero – i poveri li avete sempre con voi (cfr. Mc 14, 7)-, il buco della serratura permette di isolarne i contorni per mettere a fuoco di lui i dettagli, intuirne i bisogni ed esaudirne i desideri. Esso diventa la contiguità del dentro col fuori, l’unico punto di fuga possibile in cui convergono le diverse prospettive che fissano il grembo della vita oppure il grande abisso infernale: il vedo/non vedo. Il presagio di ciò che appartiene al futuro è coniugato al tempo presente e al modo infinito: intra-vedere, guardare dentro, attraverso. Riconoscere Cristo nel povero è ri-velazione propria di un vedere senza visione. Continuare a vederlo implica il rimanere sulla soglia del suo mistero. «Non ho mai guardato attraverso un buco della serratura senza trovare qualcuno dall’altra parte che sta guardando» (Judy Garland): l’intravedere che diventa intravedersi sottindende un principio di reciprocità che permette di scardinare la porta a Chi mai si stanca di stare dietro e di bussare anelando di entrare (cfr. Ap 3, 20), per insegnarci ad amare ogni povero che diventa ricco col nostro sguardo.
L’inferno non è che vita vissuta a porte chiuse, tenendo lontani gli occhi da quel buco della serratura che ci assicura anzitempo brividi di beatitudine e preludi di paradiso. 

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